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Délicieux - L'amore è servito (2021)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 12 ago 2022
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 29 lug 2024

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Délicieux - L'amore è servito

(Délicieux) Francia/Belgio 2021 commedia 1h52’


Regia: Éric Besnard

Sceneggiatura: Éric Besnard, Nicolas Boukhrief

Fotografia: Jean-Marie Dreujou

Montaggio: Lydia Decobert

Musiche: Christophe Julien

Scenografia: Bertrand Seitz

Costumi: Madeline Fontaine


Grégory Gadebois: Pierre Manceron

Isabelle Carré: Louise / Marchesa di Varennes

Benjamin Lavernhe: Duca di Chamfort

Guillaume de Tonquédec: Hyacinthe, assistente del Duca

Lorenzo Lefèbvre: Benjamin Manceron

Christian Bouillette: Jacob

Marie-Julie Baup: Marchesa di Saint-Genet

Jérémy Lopez: Marchese di Fourvière

Antoine Gouy: Marchese di Croisic

Manon Combes: Francine

Laurent Bateau: Dumortier

Gilles Privat: vescovo


TRAMA: Nel XVIII secolo, alla vigilia della Rivoluzione Francese, un cuoco viene licenziato dal suo padrone. Con l'aiuto di una donna, Louise, troverà il coraggio di liberarsi dalla sua vita di servitore e di mettere direttamente al servizio del pubblico le sue capacità culinarie aprendo il primo ristorante.


Voto 7


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“Nel Diciottesimo secolo, la cucina è, per la nobiltà, un mezzo per combattere la noia e per attestare la propria grandezza. Per il popolo, mangiare significa soprattutto nutrirsi. Anche se locande e stazioni di posta servono piatti semplici ai viaggiatori, è cosa rara mangiare fuori casa.

Il ristorante, questo luogo di creazione, piacere e convivialità non è ancora stato inventato.”


Nel 1789, appena prima della Rivoluzione Francese, Pierre Manceron (un eccellente Grégory Gadebois) era il cuoco del Duca di Chamfort, appassionato gourmet, un aristocratico prepotente che passava più tempo a tavola che in altre attività, molto esigente nel campo culinario, che teneva molto ad offrire ai suoi ospiti il meglio della cucina dei tempi. Lo chef, licenziato per aver rivendicato una parte di libertà creativa nei suoi piatti e per aver rifiutato di scusarsi pubblicamente per questa sua indipendenza lontana dagli schemi prefissati, si ritrova costretto a stabilirsi nella casa abbandonata di suo padre nei boschi circostanti con Jacob (Christian Bouillette), un amico di famiglia, e con suo figlio, Benjamin (Lorenzo Lefèbvre). Il tempo passa e rimuginando sull’occasione perduta smarrisce la motivazione culinaria, preso da una piccola forma di malinconia, consapevole delle sue geniali possibilità di cuoco. La situazione cambia con l’arrivo inaspettato di una donna (Isabelle Carré), che si presenta come Louise e che insiste per farsi assumere come apprendista. Sicuramente nasconde la sua vera personalità e gli intenti con cui si è proposta a Manceron.


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È proprio questa donna che dà una svolta inattesa alla vita monotona di quella taverna in cui Manceron continua a cucinare anche se non ispirato come una volta, perché ella lo spinge a far diventare quella trattoria un vero ristorante in cui egli può dare sfogo alla sua eccezionale dote: facendosi conoscere nei dintorni potrebbero fare una sosta anche le carrozze dei tanti nobili affamati che passano da quelle parti. L’importante è farsi conoscere e la clientela prima o poi arriverà. Louise non sa cucinare affatto e ciò fa innervosire il cuoco, che già la mal sopporta, ma l’insistenza della donna è tenace e i continui battibecchi tra i due da un lato danno verve alla giornata e dall’altro lato fortifica il rapporto che sta nascendo. Finché un giorno, dopo avvenimenti che avvicinano parecchio i due protagonisti, entrambi intuiscono che possono realizzare la loro vendetta. Lui potrà prendersi la rivincita con l’insopportabile Duca, lei svelerà chi è veramente e perché è arrivata in quel posto. E non solo.


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È un film piacevolissimo che soddisfa non solo lo sguardo culinario per le splendide presentazioni delle ricette ricercate del cuoco, ma anche per la buonissima scrittura dallo stesso regista Éric Besnard (che ha già un buon curriculum come sceneggiatore) con Nicolas Boukhrief, ma soprattutto per la fotografia di Jean-Marie Dreujou che abbaglia gli occhi fino a far distrarre lo spettatore. I colori vivi e rosseggianti della campagna e specialmente dei boschi autunnali in cui è immersa la taverna - che sta prendendo la forma di un moderno ristorante, anticipando i tempi per un’attività forse precoce per quel periodo storico - sono un vero paradiso visivo, un capolavoro di tavole che sembrano quadri dell’epoca ricavati da una tavolozza ricca di cromatismi abbaglianti. Inquadrature che paiono la materializzazione del primo Realismo Neoclassico francese. Allora era impensabile trovare una locanda con tavoli separati, fiori di accoglienza, menu à la carte, clienti di differente estrazione sociale seduti nello stesso locale. Spaventa gli oziosi nobili ma fa sorridere il popolo.



Sono la beatitudine degli occhi e la bellezza della natura che conquistano lo sguardo di chi guarda il film. Contraltare a questa magnificenza ci sono la prepotenza degli aristocratici (che hanno i giorni contati), l’oppressione fiscale che grava sulla povera gente sottomessa, la tassa sul pane, il maschilismo imperante (le cameriere sono oggetti di trastullo in mano ai nobili), il conservatorismo sociale e gustativo, che – quest’ultimo – frena la creatività del nostro Manceron, il quale è stato costretto a subire le critiche per aver coniugato con mano felice le patate al tartufo. Robe che oggi ci si leccherebbe le dita.


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L’altro lato positivo del film è la bravura degli attori, in maniera principale quella del protagonista Grégory Gadebois (che abbiamo conosciuto per esempio in Police, L'ufficiale e la spia e nel delicato Angèle et Tony), dotato di una presenza corpulenta e dagli occhi buoni sempre poco spalancati, che lo hanno sempre contraddistinto nei personaggi che gli hanno affidato nella ventennale carriera. Ha proprio il physique du rôle per essere un cuoco e un appassionato del buon cibo. Accanto a lui una nota attrice affidabile che sa infondere tenerezza e sicurezza, Isabelle Carré, che con il suo personaggio di carattere saprà conquistare il burbero ma tenerissimo chef. Cast molto buono che si completa con Guillaume de Tonquédec (ricordate Cena tra amici?), Benjamin Lavernhe e Lorenzo Lefèbvre, nel ruolo di Benjamin, assiduo lettore dei libri sull’Illuminismo, giovane che preannuncia con i suoi convinti discorsi l’imminente Rivoluzione. La piccola ribellione di Manceron e di Louise è solo l’antipasto (per restare in argomento) della grande rivolta che porterà alla Presa della Bastiglia nell’incombente 14 luglio 1789.


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Non è un capolavoro, per capirsi meglio, ma è un film, ripeto, piacevole per gli occhi e per l’immaginazione del gusto, con scenografia e abiti degni di nota, ottimamente ambientato alla pari dei grandi film di una volta e ottimamente recitato dai due attori scelti con cura dal buon Éric Besnard. Il quale, da parte sua, ha il merito di saper raccontare la trama con un tocco di favola, con in aggiunta una rivendicazione personale che ha il sapore (ancora per restare nel clima) della giustizia sociale.

Un film d’amore per il gusto e anche di un sentimento che nasce lentamente.


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2022 – Premio César

Candidatura per la miglior scenografia

Candidatura per i migliori costumi



 
 
 

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