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Tár (2022)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 22 apr 2023
  • Tempo di lettura: 7 min

Aggiornamento: 19 ott 2023


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Tár

USA 2022 dramma 2h38’


Regia: Todd Field

Sceneggiatura: Todd Field

Fotografia: Florian Hoffmeister

Montaggio: Monika Willi

Musiche: Hildur Guðnadóttir

Scenografia: Marco Bittner Rosser

Costumi: Bina Daigeler


Cate Blanchett: Lydia Tár

Noémie Merlant: Francesca Lentini

Nina Hoss: Sharon Goodnow

Sophie Kauer: Olga Metkina

Julian Glover: Andris Davis

Allan Corduner: Sebastian Brix

Mark Strong: Eliot Kaplan

Sylvia Flote: Krista Taylor


TRAMA: La storia controversa di Lydia Tár, universalmente considerata una delle maggiori compositrici e direttrici d'orchestra al mondo, ma anche la prima donna in assoluto a dirigere la filarmonica di Berlino.


Voto 7

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Tár, un cognome breve e secco, come un ordine impartito in modo perentorio, una personalità complessa e glaciale, che raramente concede gesti affettuosi (fatta eccezione per la piccola di casa) se non con qualche sforzo. Lydia è una stella mondiale nel firmamento della musica orchestrale: compositrice e direttore, ora è alla guida della celeberrima Berliner Philharmoniker, dopo una carriera luminosa e premiata persino con quell’acronimo che indica prestigiosi riconoscimenti, l’EGOT (Emmy, Grammy, Oscar, Tony). Prima di trasferirsi in Germania ha lavorato a Boston e New York e da giovane rampante aveva studiato con il grande maestro Leonard Bernstein, che lei, parlandone, chiama affettuosamente e con grande riconoscenza Lenny. Tra i vari progetti, a dimostrazione della sua notevole attività, c’è la registrazione dal vivo della stupenda Sinfonia n.5 di Mahler, per la quale si sta duramente impegnando in prove con l’orchestra, composta da musicisti che la stimano molto e che la seguono con estrema dedizione, disciplinatissimi. I suoi appoggi morali e mentali sono Sharon, la sua compagna di vita e primo violino, la bimba adottiva di questa, e la fedele ed efficiente assistente personale Francesca Lentini, che non nasconde le sue aspirazioni e divenire la nuova direttrice “ospite”, cioè la sua vice. È da qualche tempo, infatti, che la direttrice ha intenzione di sostituire l’attuale.

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L’opera di Todd Field - qui alla sua terza regia in 22 anni ma più che altro noto, pur presente in molti film come attore, per la sua interpretazione del pianista Nick Nightingale (l’amico del personaggio di Tom Cruise) in Eyes Wide Shut – punta decisamente, nell’ambito della storia drammatica del film, allo studio del carattere e del comportamento della protagonista, ma soprattutto sul primo. La Tár (di cui solo verso il finale scopriremo il vero nome, Linda Tarr, proveniente da Staten Island, da una famiglia che ha messo volutamente da parte), ha una visione del mondo e della vita totalmente e completamente incentrata sul proprio ego. La carriera e i progetti indicano solo l’egocentrismo e l’egoismo che la abitano in ogni istante dell’esistenza. Tratta tutte le persone con il piglio autoritario del direttore d’orchestra, inflessibile, maniaca dell’igiene, dà comandi energici, sorride solo se lo ritiene adatto al momento, ha un atteggiamento tenero solo con la sua Sharon e sua figlia, ma gesti amorevoli non se ne vedono, se non nei momenti in cui lei ha bisogno di sostegno e conforto. La compagna, è evidente, la accetta così, data anche la forte personalità che possiede Lydia, donna che lascia poco spazio agli altri, che si mette al centro della scena, che cerca di controllare ogni situazione.

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Non ha una vita sociale, almeno per quello che il regista ci mostra e si passa, viaggiando tra i continenti, da una colazione di lavoro ad una riunione, da un’audizione presso la Juilliard School di New York ad una ennesima prova orchestrale. Proprio durante una lezione presso quel centro newyorkese – nella scena iniziale – si ha immediatamente modo di notare il suo approccio con i giovani aspiranti futuri musicisti e direttori, con un atteggiamento severo e senza repliche, sequenza che nel finale diventerà un video una volta manipolato e montato ad arte, una delle prove a carico per dimostrare l’abuso che fa del suo potere, della capacità del far del male con i suoi atteggiamenti. Descrivendo appunto i lati del carattere, il regista conduce un’analisi del potere, tra amore e lavoro, sentimento e abuso, gratitudine e strategia. La Tár, convinta delle sue possibilità e doti, indossa una corazza che la fa sentire (pre)potente e inaffondabile e nei momenti in cui il mondo comincia a rivoltarsi contro è convinta di cavarsela comunque. Su quell’armatura cerca di farsi scivolare accuse infamanti, di non farsi toccare dalle polemiche e dai pettegolezzi, chiudendosi ancora di più in se stessa, lontana dalle accuse di favoreggiamento e molestie.

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Non potendo contare se non su di sé e in casa su Sharon e in ambito professionale su Francesca, quando la sua compagna, delusa e amareggiata, la isola e l’assistente la abbandona dopo essere rimasta ingannata dalle scelte della primadonna, ecco che Lydia rimane sola, come, in fondo è sempre stata. Perché, in buona sostanza, gli affetti di cui si circondava, pur non essendo effimeri, il suo egoismo li aveva allontanati, con la sicumera scostante che la caratterizza. E quando ciò succede, i primi crolli avvengono sempre dentro se stessi: l’insonnia, i rumori provenienti dalle altre stanze che paiono piccoli incubi, un frigorifero che emette suoni misteriosi, un metronomo impazzito. Sbaglia perfino quando si sente attratta dalla brava violoncellista russa che lei agevola fin troppo chiaramente, lasciando perplessi gli altri selezionatori e la stessa Sharon. Tár si è costruito un mondo tutto suo, fortificato dal suo muro di protezione, cercando di minimizzare gli effetti del suicidio di Krista, la donna del passato, che invece diventa un boomerang deleterio, la fine, il precipizio, rappresentato dall’imprevedibile assalto al podio occupato da altri, unica scena fuori dagli schemi che fa sobbalzare.

Peggiorando la psiche che fino ad allora la aveva sorretta, si ritrova in fuga precipitosa, prima a Staten Island e poi nelle Filippine, a dirigere una nuova orchestra per la colonna sonora della serie di videogiochi Monster Hunter davanti a un pubblico di cosplayers. Dall’altare alla polvere? Forse, ma quel podio che incarnava il suo potere, che la elevava sopra il resto dell’umanità, che le faceva dominare il suono e i toni degli strumenti, che la avvicinava agli dei chiamati Johann Sebastian Bach, Gustav Mahler, Richard Wagner o Giuseppe Verdi, quel podio era sostenuto solo dalla sua fama, dalla gloria personale che ambiva vivere, rivelandosi però fragile all’indomani delle polemiche sorte sulla base solo di insinuazioni ma anche delle sofferenze affettive, morali e professionali causate agli altri.

Fotografando lussuosi appartamenti del centro e sobborghi fatiscenti, Todd Field ci porta nei meandri più cupi dell’animo umano, dove nulla è prevedibile. Infatti, il film non è il solito dramma che manda in rovina chi abusa delle sue possibilità: facendo vivere per ben due ore e mezza nella testa della protagonista lo spettatore ignaro, il regista ci conduce dove nessuno si attenderebbe, perché è imprevedibile dove ci porta, perché la macchina su cui si viaggia ha un percorso ostacolato dalla nebbia e non si conosce la tappa di sosta e di arrivo. 158 minuti nella testa di Lydia Tár senza pausa.

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Il gran battage esploso con l’uscita sul mercato mondiale del film aveva sollevato molte attese e la sorpresa nel vederlo non è poca, dato che non è (appunto!) ciò che si poteva pensare, né tantomeno si resta delusi, ma le mie aspettative erano altre, anche perché il film richiede molta attenzione e ci si rendo conto che non ci si può distrarre un attimo, specialmente nella prima mezz’ora abbondante, fatta di dialoghi serrati, con molti nomi da tenere a mente per il prosieguo, di colloqui fitti, di cambi di scenari improvvisi. Tenendo conto, nel frattempo, che Todd Field sceglie un taglio di sequenze lunghe e pochi cambi, senza mai inquadrare in primo piano le mani della Tár pianista. Il che vuol dire che la gigantesca Cate Blanchett suona davvero, che ancora una volta un’attrice (o attore) si è messo mesi prima di buona lena e, ringraziando anche la sua predisposizione per la musica e il proprio talento, ha imparato così bene lo strumento e la tecnica che non ha avuto bisogno di “mani controfigure” per eseguire i brani richiesti dalla sceneggiatura. A completare l’opera c’è la presenza di Sophie Kauer, una vera violoncellista che interpreta molto bene (come una professionista) il personaggio della russa Olga Metkina. Brava, come immancabilmente lo è, Nina Hoss (Sharon Goodnow), ormai più nota in America che in patria, che ha imparato molto bene l’uso del violino, con una tale sicurezza che sbalordisce. Eccellente anche Noémie Merlant: la sua Francesca Lentini ha tutta la timidezza che il personaggio nasconde ma che trova l’impeto della vendetta. Ma chi davvero entusiasma è ovviamente Cate Blanchett, se proprio può stupire un’attrice di questa potenza. Ormai ci ha abituato talmente ad esibizioni di altissimo livello che questa volta non ci si può meravigliare più di tanto: la modulazione del tono di voce, l’interpretazione carnale, la passionalità musicale che sa trasmettere, la gestualità da direttrice d’orchestra sono sbalorditive. Fino al punto di lasciare impressionati diversi affermati direttori d’orchestra che l’hanno giudicata straordinariamente verosimile nel guidare una filarmonica reale.

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Della regia di Todd Field si apprezza la grande voglia di trattare un argomento non facile e poco esplorato, non badando tanto, come spiegato, alla trama in sé, ma all’importante aspetto psicologico e caratteriale della forte protagonista, sapendo dirigere un’attrice formidabile che ha capito molto bene le caratteristiche del ruolo affidatole. Una regia con idee chiare ed una scrittura di pregio, che accoppiate alle inquadrature dei primi piani spiegano passaggio dopo passaggio l’evoluzione della trama e soprattutto la metamorfosi delle relazioni umane e sociali a seconda delle situazioni, senza mai avvertire la necessità di aumentare o diminuire o amplificare gli eventi e le circostanze per tenere viva la concentrazione del pubblico, rivolgendo tutta la appropriata attenzione ai particolari. A cominciare dalle meravigliose musiche che nobilitano il film: osservare, per i profani, la meticolosità e la esigente perfezione che un grande direttore d’orchestra cerca nei suoi musicisti e nella esecuzione di brani immortali è illuminante. E la stessa Tár spiega molto bene, in una sequenza, quello che lei vede e legge in una nota e in un passaggio musicale. Anche se a piccoli pezzi, la musica è sublime. Come Cate Blanchett. Che sia migliore qui o in altre occasioni non importa.

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Riconoscimenti

Premio Oscar 2023:

Candidatura miglior film

Candidatura miglior regista

Candidatura miglior attrice protagonista a Cate Blanchett

Candidatura miglior sceneggiatura originale

Candidatura miglior montaggio

Candidatura miglior fotografia

Golden Globe 2023:

Miglior attrice in un film drammatico a Cate Blanchett

Candidatura miglior film drammatico

Candidatura miglior sceneggiatura

Premio BAFTA 2023:

Miglior attrice a Cate Blanchett

Candidatura miglior film

Candidatura miglior regista

Candidatura miglior sceneggiatura originale

Candidatura miglior sonoro

Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia 2022:

Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile a Cate Blanchett

Candidatura al Leone d'oro al miglior film

Candidatura al Queer Lion


 
 
 

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