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Aftersun (2022)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 7 feb 2023
  • Tempo di lettura: 5 min

Aggiornamento: 21 lug

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Aftersun

UK, USA 2022 dramma 1h42’


Regia: Charlotte Wells

Sceneggiatura: Charlotte Wells

Fotografia: Gregory Oke

Montaggio: Blair McClendon

Musiche: Oliver Coates

Scenografia: Billur Turan

Costumi: Frank Gallacher


Paul Mescal: Calum

Francesca Corio: Sophie

Celia Rowlson-Hall: Sophie adulta


TRAMA: Tra ricordi, immagini e registrazioni, Sophie ripercorre i momenti di gioia trascorsi insieme al padre, specialmente durante le vacanze condivise venti anni prima. La rievocazione dei ricordi, anche attraverso le immagini che ha a disposizione, delinea un mondo in cui deve di continuo tentare di conciliare gli aspetti del padre che lei stessa ha conosciuto con quelli di cui era all'oscuro.


Voto 7


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In una località di villeggiatura in declino, l'undicenne Sophie fa tesoro di momenti rari insieme al suo amorevole e idealista padre, Calum (Paul Mescal). Mentre un mondo adolescenziale si insinua alla vista, al di là dei suoi occhi l’uomo lotta sotto il peso della vita al di fuori della paternità. Vent'anni dopo, i teneri ricordi di Sophie della loro ultima vacanza diventano un ritratto potente e straziante della loro relazione, mentre cerca di riconciliare il padre che conosceva con l'uomo che non conosceva.


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Diciamolo: questo studio personale dei padri succede a tanti. Ricorre spesso che, in special modo per chi lo ha perso – da poco o da tanto non cambia nulla -, i ricordi del genitore tornano con lampi di memoria, con i piccoli gesti che faceva per suo conto o dedicati a noi: le intimità, i sorrisi, i momenti di distrazione in cui non aveva tempo da dedicare agli altri, le preoccupazioni che scurivano il volto. Si vanno a guardare le foto vecchie, i più fortunati hanno qualche video, magari i VHS o i vecchi classici filmini che si rivedono con il proiettore rumoroso, con la definizione deficitaria che aggiunge romanticismo alla visione, il numero dei fotogrammi al secondo che accelerano i movimenti delle corse, dei picnic, dei piedi bagnati sul bagnasciuga, della cucina, dei pasti. Ricordi. Affetto. Nostalgia. Ognuno fa quel che può, se ha avuto la fortuna di avere un padre da ricordare (non è per tutti questa gioia, purtroppo). Chi poi fa, per mestiere, cinema può permettersi perfino il lusso di realizzare un film-memoir che magari fa per sé e che poi gira il mondo, con evidente soddisfazione per poter raccontare qualcosa di sé e di ciò che ha vissuto.


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Come capita a Charlotte Wells, che così esordisce nel lungo con un lungo ricordo che si snocciola come un sogno adolescenziale emotivamente autobiografico, rivissuto a 20 anni di distanza nel salotto di casa. Un lungo flashback rivisto ad occhi aperti (umidi dall’emozione?) di una indimenticabile vacanza in un villaggio turistico della Turchia, un paio di settimane con il papà che vive separato e che lei, la giovanissima Sophie, vuole godere dal primo all’ultimo istante, sperando di allontanare il più possibile il momento del distacco, dovendo ripartire da sola con un aereo che la riporta dalla madre. Come tanti adolescenti, forse non si chiede neanche più perché i genitori non vivono entrambi con lei come prima: ci si abitua malamente, si ammette di non essere in grado di capire, si cerca di convivere con questa anomalia. Anche perché lei, al suo Calum vuole bene e ci sta bene assieme. Basta notare come trascorrono felici la vacanza, con tutte le attenzioni che lui le rivolge.


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Ritmo lentissimo, lunghe inquadrature spesso di spalle, e loro rivolti verso il mare e la piscina, si guardano sorridenti, lanciano idee su come passare il pomeriggio o il giorno seguente, se lei ha voglia di stare in compagnia degli altri ragazzini, se partecipare all’escursione organizzata dal club. Ma soprattutto contemplazione: lei verso di lui, lui che scruta l’orizzonte, lei che lo stimola, lui ricambia con piccoli gesti e sorrisi. Stralci di allora, stralci del video che scorre oggi. È sempre lo stesso padre ma diverso, meravigliato di essere arrivato alla soglia dei trent’anni e che non sa immaginare di arrivare ai quaranta. E difatti lo perderà, troppo presto. La strana sensazione che si prova guardando il film, e che forse è quello che avvertono proprio loro due, è che si comportino come se questa è l’ultima e imperdibile occasione, non capiterà più. Chissà perché. E se questo accade veramente è perché la brava Charlotte Wells ce lo trasmette con estrema delicatezza, senza farcelo comunicare da loro direttamente ma facendoli istintivamente comportare come se lo sarà veramente. Per questo motivo tutto il film ha una malinconia pervadente, che non abbandona mai neanche lo spettatore: sono felici ma tristi. Sarà anche colpa della scelta dei brani musicali che accompagno sul sottofondo o che addirittura canta la deliziosa Sophie. Under Pressure o Losing My Religion dominano e segnano.


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Ogni sequenza rivista dalla protagonista adulta sono eventi nel pieno senso del termine, sono punti fissi, sono vere testimonianze, una documentazione di quella felicità che non si ripeterà mai più, da cogliere al volo e godere finché dura. Ancore che fissano i momenti irripetibili. Un film scandito dal tempo, con giornate che paiono monotone che lo spettatore meno attento avverte come difetto del film e che invece rappresentano la scansione dei giorni che mancano alla fine della vacanza. Come quelle che viviamo da studenti nel periodo natalizio, che sappiamo che finiranno e non torneranno più uguali: le ultime paiono sempre le più piene di speranza. Consci, i due, che alla fine prenderanno due aerei diversi, come la vita di ognuno. Una vacanza trascorsa nella loro alchimia, il sole, i sorrisi e la crema aftersun.


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Tra i sorrisi variegati di Calum e il mistero della sua lontananza, dovuta a motivi mai spiegati, forse un’altra vita, un altro amore (forse omo), un’altra città, un’altra esistenza, dettati da una interpretazione sommessa di un attore che sorprende per delicatezza e sensibilità, Paul Mescal non invade lo schermo, è presente e vicino ma lascia andare per far giocare la figlia, anche far tardi e perdersi nel grande villaggio fino a non saper trovare più la camera, per poi trovarla chiusa, occasione per un’altra avventura dormendo su un divano della ricezione. L’attore vive la prestazione in punta di piedi e con l’ennesimo sorriso nel momento dell’addio. La sorpresa più rimarchevole resterà comunque Francesca Corio, con l’ennesima dimostrazione che certi piccoli interpreti si comportano sul set e davanti all’obbiettivo da attori consumati come se avessero sempre recitato. Il miracolo che si ripete. Mentre la Sophie adulta (Celia Rowlson-Hall) si vede e non si vede, alla pari di una regista che porta l’autobiografia sullo schermo senza voler apparire. Un’autoanalisi di un padre che rimpiange di non aver goduto.


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Il ritmo è lento e costante e se dà l’idea di annoiare è perché lo spettatore non sa ancora che invece il film gli si depositerà piano sul fondo della mente e si aprirà lentamente come una rosa che sta fiorendo. Anche la visione avrà bisogno del suo tempo per essere davvero apprezzata. Ma forse la vera sorpresa è proprio il film, arrivato senza far rumore, con discrezione alla pari del soggetto, diffuso tramite il passaparola, in poche sale e conquistando anche l’occhio dei votanti l’Oscar, portando una candidatura a Paul Mescal.


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2023 – Premio Oscar

Candidatura per il miglior attore a Paul Mescal

2023 – BAFTA

Miglior esordio britannico da regista, sceneggiatrice o produttrice a Charlotte Wells

Candidatura per il miglior film britannico

Candidatura per il miglior attore protagonista a Paul Mescal

Candidatura per la miglior casting



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cinefilo da bambino

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