Good Time (2017)
- michemar

- 25 set
- Tempo di lettura: 6 min

Good Time
USA 2017 thriller 1h42’
Regia: Josh e Benny Safdie
Sceneggiatura: Ronald Bronstein, Josh Safdie
Fotografia: Sean Price Williams
Montaggio: Benny Safdie, Ronald Bronstein
Musiche: Daniel Lopatin (Oneohtrix Point Never)
Scenografia: Sam Lisenco
Costumi: Miyako Bellizzi, Mordechai Rubinstein
Robert Pattinson: Constantine “Connie” Nikas
Benny Safdie: Nikolas “Nick” Nikas
Jennifer Jason Leigh: Corey Ellman
Barkhad Abdi: Dash
Buddy Duress: Ray
Taliah Webster: Crystal
Necro: Caliph
Peter Verby: Peter
Eric Paykert: Eric
Rose Gregorio: Loren Ellman
Gladys Mathon: Annie
TRAMA: Una rapina è andata male. Connie è riuscito a scappare ma suo fratello Nick è stato arrestato. Mentre Connie cerca di raccogliere i soldi necessari alla cauzione per liberare il fratello, ha davanti un'altra opzione: farlo evadere. Ha inizio così nei bassifondi di New York una notte lunga e piena di adrenalina.
VOTO 7

Dopo la tanto sfruttata panoramica sui grattacieli di New York, l’obiettivo della camera da presa zumma su un grattacielo dove un maturo psicologo dai lunghi e scompigliati capelli bianchi sta cercando di intuire quanto un giovanotto dallo sguardo catatonico sia in grado di capire il senso di alcuni termini e frasi e già la spiegazione delle istruzioni ci fa capire che quel paziente non sia proprio sveglio. “Capisci che cosa vuol dire interpretare una frase?” “No” “Non vendere la pelle dell'orso prima di averlo ucciso”, o “Batti il ferro finché è caldo”, oppure connessione tra gatto e topo, acqua e sale. Oltre a queste difficoltà di comprensione, il giovane si innervosisce perché il dottore prende nota delle risposte, tanto che dopo gli strapperà il figlio. Questo tizio di chiama Nick (Bennie Safdie, uno dei fratelli registi), ed è il primo dei due scavezzacolli che imperverseranno per tutta la durata del film dei fratelli Safdie. L’altro lo conosciamo molto presto, è Connie, che interrompe entrando con irruenza la seduta per portarlo via, esortandolo a non perdere tempo. Quest’ultimo è l’artefice della valanga di avventure sbandate che li terranno occupati in una lunga, acida, sballata, lisergica, delinquenziale notte, una sorta di “tutta in una notte” o “fuori orario” con l’acceleratore pestato giù. È lui che inventerà mille soluzioni alle cento situazioni scomode e pericolose in cui incorreranno, perché Connie (Robert Pattinson) in ogni occasione una ne fa e cento ne pensa, in continuazione, in una fibrillazione ininterrotta. L’importante è che tiri fuori dai guai sé e suo fratello.

Lo scopo, il primo, ma causa di tutti i contrattempi che ne seguiranno, è una rapina in banca, comica anche se c’è poco da ridere, più simile a quella di Woody Allen in Prendi i soldi e scappa che a quelle di Bonnie e Clyde, e con uno svolgimento che pareva sin troppo facile ed invece, appunto, è solo l’inizio della nottataccia finita malissimo. Dalla cassiera, mai spaventata e sicura di sé (come dire, adesso vi preparo un brutto scherzo), chiedono 65.000 dollari che serviranno a scappare in florida, perché “I perdenti come te non sono in grado di badare a se stessi. Tu sfrutti tua madre o il sistema, oppure sfrutti il governo. Finendo in galera.” E lui, che è il capo della missione per conto del diavolo (semicitazione), non ha ancora capito di essere un vero loser, anche perché non ha mai il tempo di riflettere davvero, essendo sempre di corsa. Una corsa tale che alla fine della visione anche lo spettatore avrà bisogno di tirare il fiato, perché è un film di corsa, senza pause o rallentamenti, tutto d’un fiato, fino alla luce del giorno.

Comincia male l’avventura perché, ovviamente, tutte le banconote che la cassiera mette nel loro zaino sono protette dal dispositivo antirapina a macchiatura che le colora con una sostanza rossa e urticante che non si riesce a lavare, sporcando anche le mani e il viso di chi apre l’involucro. Una débâcle tragicomica che è paradigmatica di quello che ne seguirà. Dopo essersi ripuliti alla meglio, i due proseguono la fuga, ma vengono intercettati da una pattuglia della polizia. Ne nasce un inseguimento: Nick viene catturato, mentre Connie riesce a dileguarsi. Malgrado le sue condizioni, il primo viene trasferito nel carcere di Rikers Island e rinchiuso insieme ai detenuti comuni, dove subisce un violento pestaggio che lo lascia incosciente. Intanto l’altro, braccato dalla polizia, cerca di ottenere la libertà del fratello pagando la cauzione con ciò che resta del bottino, ma gli mancano ancora 10.000 dollari. Decide allora di manipolare Corey (Jennifer Jason Leigh), una donna fragile con cui ha una relazione, convincendola a usare la carta di credito della madre per coprire la somma mancante. Tuttavia, la madre blocca il conto e Connie scopre che il fratello è stato ricoverato in ospedale, sotto sorveglianza.

Con uno dei mille espedienti che bollono nella mente del fuggitivo, escogita un piano per andare a riprendersi il fratello dalla stanza d’ospedale nonostante sia protetto da un poliziotto: che, attenzione, è talmente bendato in faccia che è facile scambiarlo per qualcun altro. Ne segue una notte capace di ospitare ogni tipo di pasticci, di incontri, di finzioni, di pericoli, a cui Connie trova sempre la soluzione adatta. Fino all’ultimo che succede, perché se sono perdenti lo sono per davvero. Non ci sono eccezioni.

È, infatti, una storia di losers metropolitani che si arrabattano a cercare sopravvivenza e futuro in una New York ostica e complicata. Si può essere furbi, intelligenti, pieni di idee e iniziative, ma difficilmente alla fine la si sfanga. Il gran merito di questo serratissimo dramma criminale che non sarebbe spiaciuto allo Scorsese di un tempo è di trovare la compassione, cioè l’arte di patire insieme ai propri personaggi, senza cercare effettacci o buonismi. Che qualche spettatore si ritrovi a far il tifo per loro è comprensibile, o meglio: è virtù degli scatenati Safdie, i quali armeggiano affinché i loro delinquentelli possano sembrare degni della nostra compassione. È realismo che non mena colpi bassi alla commozione, non solletica complicità ai buoni sentimenti di ciascuno. È solo tesa storia di azione e psicologia di personaggi.

Scritto e diretto da Benny (che è anche il coprotagonsita) e Josh Safdie, cresciuti a forza di corti e documentari, il loro secondo lungo colpisce per la determinazione e l’acutezza di un progetto senza sbavature di sceneggiatura o messinscena, che ha trovato appoggio e collaborazione anche in due volpi dell’entertainment più ufficiale, lo straordinario Robert Pattinson (da premio!) e Jennifer Jason Leigh per la quale i personaggi borderline sono ormai prassi consolidata, sicura e facile. Aggiungeteci poi un sottile sense of humour che scorre nascosto, con delinquenti idioti, equivoci clamorosi e un ritmo incalzante, proprio come la colonna sonora elettronica e a volte rumorista che ottimamente l’accompagna e l’innerva (giustappunto premiata a Cannes). Anzi, oltre alle micidiali trovate dei due registi, una dietro l’altra, è proprio il ritmo infernale la più rilevante caratteristica. Basta osservare il Connie di Robertson e lo si nota quasi sempre di corsa, occhi spiritati che indicano come stia riflettendo sulla via d’uscita dai guai ma anche sulla soluzione alternativa. Un film a perdifiato.

Good Time, un titolo una bugia, un significato mai raggiunto, un sogno irrealizzato. I tempi buoni e favorevoli dovevano arrivare, magari con la rapina, ma quando il nastro su cui cammini si increspa sempre più ad ogni passo è inevitabile che inciampi, e poi cadi rovinosamente. A volte rischi come Ray (Buddy Duress), il galeotto scambiato per Nick, che nel finale rappresenterà l’epilogo disgraziato delle sventurate peripezie dei due scapestrati, ognuno dei quali, in conclusione, sarà ricondotto al proprio destino. La centrifuga della lavatrice in cui si sono cacciati li ha strapazzati ed espulsi dalla notte newyorkese vissuta troppo in fretta costellata da decisioni impellenti, reazioni dopo reazioni, e spirito di pura sopravvivenza almeno momentanea. Ma a furia di pensare all’istante le ore della notte sono finite e con esse le speranze.

Il film non si limita a raccontare una notte di fuga: la trasforma in un incubo fluorescente, dove l’ossessione per il controllo si scontra con la fragilità umana. I Safdie firmano un’opera che pulsa di adrenalina e disperazione, lasciando lo spettatore con il fiato corto e un senso di vertigine morale. È una parabola sull’illusione del salvataggio: Connie corre, manipola, si aggrappa a ogni spiraglio, ma il tempo - che non sarà mai buono - non è mai dalla sua parte. È un labirinto urbano dove ogni scelta è già compromessa, è il thriller di un viaggio allucinato tra le pieghe di una New York notturna e spietata.
Mamma mia che Robert Pattinson!
(Occhio, due anni dopo i Safdie incrociano la strada di un super Adam Sandler nel fantastico Diamanti grezzi, imperdibile)

Riconoscimenti (tra 6 premi e 47 candidature)
Cannes 2017
Miglior colonna sonora
In concorso alla Palma d’Oro




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