Il caftano blu (2022)
- michemar

- 15 ott
- Tempo di lettura: 5 min

Il caftano blu
(Le Bleu du caftan) Francia, Marocco, Belgio, Danimarca 2022 dramma 2h2’
Regia: Maryam Touzani
Sceneggiatura: Maryam Touzani, Nabil Ayouch
Fotografia: Virginie Surdej
Montaggio: Nicolas Rumpl, Julia Grégory
Musiche: Kristian Eidnes Andersen
Scenografia: Emmanuel De Meulemeester, Rachid El Youssfi
Costumi: Rafika Benmaimoun
Saleh Bakri: Halim
Lubna Azabal: Mina
Ayoub Missioui: Youssef
Mounia Lamkimel: cliente
Abdelhamid Zoughi: dottore
Zakaria Atifi: Bachir
TRAMA: Halim e Mina, sposati da molto tempo, gestiscono un tipico negozio di caftani nella medina di Salé, in Marocco. Insieme custodiscono anche il segreto dell’omosessualità di lui, che ha imparato a tenerla nascosta e sopita, ma Mina si ammala.
VOTO 7,5

Il cucito può essere un’arte ed il sarto è un maestro. Questo concetto nel film di Maryam Touzani è magnificato dal modo in cui la coppia Mina e Halim vivono la loro esperienza nel negozio nelle stradine di Salé, nel Marocco, trattando le bellissime stoffe che lei compra e che il marito trasforma in caftani di straordinaria bellezza e fattura, desiderati dalle clienti impazienti di indossarli. L’uomo lavora secondo tecniche tradizionali, a mano, come ha imparato dal padre. Per questo è un vero maalem, un maestro, all’antica, mentre lei si occupa delle faccende commerciali. Sono una coppia molto unita, anche se condividono un segreto vergognoso e pericoloso nella società marocchina: Halim è omosessuale, ma il matrimonio è solido e si vogliono molto bene, anche se lui si reca spesso nell’hammam dove non disdegna di incontrare partner occasionali.


Ultimamente Halim sta lavorando alla realizzazione di un caftano blu, che lui definisce blu petrolio, particolarmente sontuoso, commissionato da una cliente facoltosa, con una magnifica lavorazione anche con intrecci di fili dorati. Gli apprendisti sono difficili da trovare, ma Halim ha recentemente reclutato Youssef (Ayoub Missioui), che sembra condividere la sua passione per il mestiere e cerca di imparare con attenzione e dedizione, attenendosi con scrupolo agli insegnamenti e ai rimproveri del maestro. Tra Halim e Youssef nasce un’attrazione reciproca, che suscita prima la gelosia di Mina, poi la sua comprensione. Critica difatti aspramente il giovane accusandolo ingiustamente di aver smarrito o rubato un prezioso pezzo di stoffa, poi, quando il suo cancro al seno peggiora e si profila la sua fine, capisce di dover assecondare l’inclinazione del marito.


“Un caftano deve poter sopravvivere a chi lo indossa, passa di madre in figlia, resiste al tempo”, spiega il sarto al giovane e appassionato apprendista, in uno dei rari film queer del Maghreb, in un film dove domina il carattere forte di una donna che ama controllare tutto e la quiete e sapiente esistenza di un uomo che preferisce osservare e lavorare che parlare. Premuroso con la moglie, è attento agli ormai frequenti malori che la colgono e che lo preoccupano sempre più, specialmente da quando il dottore le somministra solo dosi più forti di morfina per tirare avanti aspettando l’inevitabile fine. Nel frattempo, lui continua a curare il confezionamento tra ricami di precisione, trecce regali e lunghe file di asole rouleau, le stupende artigianali asole realizzate con piccoli cordoncini di tessuto arrotolato, cuciti a mano pazientemente, spiegando a Youssef, ma soprattutto alla giovane cliente che pretende un caftano più stretto che: “il materiale deve scivolare lungo i contorni del corpo, permettendogli di scorrere senza ostacoli”, facendoci innamorare ancor più della bellezza di quei tessuti morbidi dai colori che brillano: è il corpo che deve adattarsi a quelle meravigliose trame.


C’è un momento particolare in cui il maestro sarto insegna al suo giovane apprendista a tagliare la stoffa: stanno in piedi con i corpi vicini l’uno all’altro, le mani intrecciate, stringendo un paio di grandi cesoie. La scena è soffusa di erotismo e mentre il sarto parla, diventa chiaro il risvolto simbolico di ciò che stanno per fare. Dice al giovane di essere sicuro prima di fare il taglio perché non si può tornare indietro. Un po’ com’è la vita di tutti, come la loro. La moglie peggiora, tra i due sta nascendo, anche se trattenuto, un sentimento di attrazione sincero, necessita fare bene il lavoro, perché nella vita non si può tornare indietro. L’arrivo di Youssef ha quindi suscitato in Halim un desiderio che in precedenza si esprimeva solo in fugaci incontri con estranei ed il rimprovero del furto mai avvenuto ha offeso la dignità del giovane, che ha preferito sparire, tornando però quando le condizioni di salute della donna precipitano improvvisamente. A quel punto Youssef ritorna per assistere Halim nel suo lavoro affinché si prenda cura solo di Mina: tra i tre si forma un legame unico, mentre il desiderio romantico tra Halim e Youssef si intensifica. Il funerale è quasi un atto di ribellione alla tradizione religiosa, perché lui non vorrà la tradizionale vestizione in bianco e decide che il caftano più bello di tutti, quello blu petrolio abbellito dai rouleaux d’oro, non sarà venduto alla cliente che lo ha ordinato, ma accompagnerà nell’ultimo viaggio la cara consorte.


Un film delicato e profondo, costruito con grande cura. La storia si sviluppa lentamente, intrecciando, come una stoffa pregiata, emozioni e piccoli gesti che, messi insieme, lasciano un’impressione forte e duratura. All’inizio sembra una vicenda di segreti e tradimenti, ma si trasforma in qualcosa di molto più grande: un racconto sull’amore vero e sull’accettazione, anche quando tutto sembra andare contro. La regista Maryam Touzani, già autrice di Adam (che parla di una giovane donna incinta, quindi fuorilegge per la tradizione islamica, che viene accolta da una vedova fornaia), ha uno sguardo attento e sensibile verso le relazioni fuori dagli schemi. Come nei film di Asghar Farhadi, più ci si avvicina ai personaggi, più si scopre la complessità delle loro emozioni. La sceneggiatura e le interpretazioni si fondono perfettamente e gli attori comunicano tanto con gli sguardi e i silenzi quanto con le parole. Al centro, il legame profondo tra Halim e Mina è raccontato con grande delicatezza. All’inizio il loro matrimonio sembra spento, ma presto si capisce che tra loro c’è un rispetto profondo. Mina difende Halim con forza, soprattutto quando i clienti non apprezzano il suo lavoro. Col tempo, si scopre che il loro amore è fatto di protezione, stima e fiducia.


L’interpretazione di Lubna Azabal (l’indimenticabile La donna che canta del mio amato Denis Villeneuve, rende Mina viva e intensa: inizialmente dura, poi sempre più luminosa e piena di voglia di vivere. Saleh Bakri (recente interprete del bellissimo Tutto quello che resta di te) nel ruolo di Halim dà al film una calma dignitosa. Il suo personaggio è diviso tra la tradizione e un’identità che non può esprimere liberamente. Le sue emozioni emergono solo nei momenti più forti e la fotografia del film accompagna questa interiorità con colori ricchi e attenzione ai dettagli del lavoro sartoriale. Le mani di Halim, mentre cuce, raccontano una passione che non può essere detta. Il lavoro importante della fotografia di Virginie Surdej dà il meritato risalto ai colori delle stoffe che in alcuni tratti del film valgono quanto un personaggio. Oltre ad ammirare l’armonia delle musiche di Kristian Eidnes Andersen, è encomiabile come la regista concili forza e fragilità, la tradizione con una più moderna visione dei sentimenti e delle relazioni umane, scrivendo la sceneggiatura insieme al suo compagno, il regista, Nabil Ayouch.


Il caftano celebra l’arte del cucito e la bellezza della tradizione, ma mostra anche che la libertà richiede il coraggio di rompere le regole imposte. Il finale è poetico e commovente: un gesto di Mina e un omaggio di Halim che parlano di amore, sfida e profonda devozione.
Riconoscimenti:
Premi in ogni angolo del mondo, con 14 premi e 24 candidatura, tra cui
Cannes 2022
Premio FIPRESCI nella sezione Un Certain Regard
Candidatura miglior film nella sezione
Candidatura per il premio Queer Palm














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