L'arte di vincere - Moneyball (2011)
- michemar

- 3 mar 2020
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 2 giu 2023

L'arte di vincere - Moneyball
(Moneyball) USA 2011 dramma 2h13’
Regia: Bennett Miller
Soggetto: Michael Lewis
Sceneggiatura: Steven Zaillian, Aaron Sorkin, Stan Chervin
Fotografia: Wally Pfister
Montaggio: Christopher Tellefsen
Musiche: Mychael Danna
Scenografia: Jess Gonchor
Costumi: Kasia Walicka-Maimone
Brad Pitt: Billy Beane
Jonah Hill: Peter Brand
Philip Seymour Hoffman: Art Howe
Robin Wright: Sharon
Chris Pratt: Scott Hatteberg
Tammy Blanchard: Elizabeth Hatteberg
Spike Jonze: Alan
TRAMA: Dopo aver giocato per molti anni tra le fila degli Oakland Athletics, Billy Beane diviene il general manager della squadra di baseball che al momento langue economicamente. Intenzionato al raggiungere il miglior risultato con la minor spesa possibile, l’uomo elabora un rivoluzionario metodo per scegliere i giocatori da acquistare e inserire nella rosa da schierare in campo. Attraverso il ricorso a modelli matematici e statistici e l’aiuto di Peter Brand, Billy in poco tempo rivoluzionerà il modo del baseball, nonostante la diffidenza di chi lo ha preceduto e il timore di chi lo circonda.
Voto 7

Il cinema americano ha sempre amato parlare di sport, in special modo di baseball e football, giochi tipicamente amati dagli statunitensi, ponendo spesso al centro del racconto la trama puramente sportiva, come esaltazione del gesto atletico, celebrando l’eroe di turno. Tanti film e altrettante storie di successi in campo e grandi difficoltà fuori di esso, famiglie trascurate, amori persi per strada. Non sempre però il cuore del soggetto riguarda solo l’esibizione semplicemente sportiva.
Altre volte infatti, cercando obiettivi più nobili, quel cinema utilizza il campo di gioco e lo sport come pretesto per parlare dell’uomo, dei rapporti umani che nascono all’interno di uno spogliatoio oppure dello sforzo atletico come metafora dei sacrifici necessari per superare le difficoltà della vita comune.

Questo film è basato sul libro 'Moneyball: The Art of Winning an Unfair Game' di Michael Lewis (un titolo già allusivo) sulla squadra di baseball Oakland Athletics e sul loro general manager Billy Beane, un uomo che avrebbe tanto voluto riuscire come atleta ma che invece non riesce ad ottenere successo neanche come dirigente. Nonostante la bella presenza, la sicurezza che mostra nelle sue scelte, la grande passione che ci mette, è un uomo perdente, l’ennesimo loser di mille film americani. Non gli è riuscita come sperava la sua carriera di giocatore, sta fallendo anche quella di dirigente e naviga tra tante difficoltà gestionali della squadra di baseball affidatagli. Ha molte cose su cui rammaricarsi, ma quella maggiore, che lo assilla ogni volta che riflette sulla sua vita, sugli insuccessi, su ciò che avrebbe potuto far meglio, è sempre la scelta fatta tanti anni prima quando tra sport e università scelse il primo, illudendosi che gli avrebbe portato fortuna, successo e soldi e invece ancora oggi si ritrova a combattere con la difficile quotidianità. Non fu l’unico a sbagliare: quel giorno che gli chiesero di scegliere tra il baseball e l'università, quel giorno anche i due talent scout che lo cercarono e parlarono con i suoi scettici genitori scommisero sul suo futuro prevedendo i successi che lo attendevano. E invece non è andata così.

“È incredibile quanto non conosci il gioco a cui hai giocato per tutta la vita” ripensa amaramente Billy Beane riflettendo sul suo passato e sul suo presente, accorgendosi di non riuscire a trovare le soluzioni che cerca con tutte le forze, neanche con le idee innovative che gli propone Peter Brand, un giovanotto a cui si sta affidando, più teorico e statistico di baseball che un vero intenditore tecnico. Sbalordendo il suo entourage e soprattutto l’allenatore Art Howe che sta esautorando. Scelte azzardate, tentativi estremi per ribaltare una situazione di classifica disastrosa e di rendimento altalenante di una squadra formata da giocatori sul viale del tramonto o, ancora peggio, sopravvalutati. Perfino i suoi colleghi avversari lo evitano e si mostrano perplessi sulle sue proposte di affari. E intanto i rapporti familiari vanno a rotoli, come corollario della vita professionale.

L’ottimo regista Bennett Miller (suo è l’eccellente e disarmante Foxcatcher - Una storia americana [recensione]) sceglie spesso il soggetto sportivo per le sue opere, soggetto che utilizza però per parlare della vita quotidiana e degli uomini dentro lo sport, come maestra di vita. Anche questa volta è l’occasione giusta per mostrare un uomo e la sua vita, un uomo di sport e le vicissitudini umane: un’amara riflessione sugli insuccessi e sulla possibile rinascita umana. Brad Pitt sembra proprio l’attore giusto per essere Billy Beane, con la sua bellezza volta alla tristezza, con il sorriso amaro, gli occhi disperati che cercano soluzioni intorno e dentro la sua vita. Accanto a lui un buonissimo Jonah Hill, che presta il suo corpaccio al tecnico delle statistiche non avendo minimamente il fisico da atleta, mentre nelle retrovie c’è tutta la malinconia dello splendido viso di fallito di cui sapeva disporre Philip Seymour Hoffman, sempre incisivo sia nei piccoli che nei grandi ruoli.
"Ho preso solo una decisione nella mia vita basata sui soldi. E ho giurato che non lo avrei più rifatto."
Film ingiustamente trascurato!

Riconoscimenti
Premio Oscar 2012:
Candidatura miglior film
Candidatura miglior attore protagonista a Brad Pitt
Candidatura miglior attore non protagonista a Jonah Hill
Candidatura migliore sceneggiatura non originale
Candidatura miglior montaggio
Candidatura miglior sonoro
Golden Globe 2012:
Candidatura miglior film drammatico
Candidatura miglior attore in un film drammatico a Brad Pitt
Candidatura miglior attore non protagonista a Jonah Hill
Candidatura migliore sceneggiatura






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