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  • Immagine del redattoremichemar

Lasciali parlare (2020)

Aggiornamento: 10 mag

Lasciali parlare

(Let Them All Talk) USA 2020 commedia 1h53’


Regia: Steven Soderbergh

Sceneggiatura: Deborah Eisenberg

Fotografia: Peter Andrews (Steven Soderbergh)

Montaggio: Mary Ann Bernard (Steven Soderbergh)

Musiche: Thomas Newman

Scenografia: Amie English

Costumi: Ellen Mirojnick


Meryl Streep: Alice Hughes

Candice Bergen: Roberta

Dianne Wiest: Susan

Gemma Chan: Karen

Lucas Hedges: Tyler

John Douglas Thompson: dr. Mitchell

Daniel Algrant: Kelvin Kranz


TRAMA: La scrittrice Alice Hughes, vincitrice del Premio Pulitzer, è stata invitata in Inghilterra per ritirare un altro prestigioso premio letterario. Ma ha paura di volare: decide così di fare il viaggio in nave, a bordo di un magnifico transatlantico, e di invitare le sue due migliori amiche del college, Roberta e Susan, oltre a farsi accompagnare dal suo amato nipote Tyler, per assisterle durante la crociera. La nuova agente di Alice, Karen, con l’obiettivo di carpire dettagli sul manoscritto attualmente in lavorazione della sua cliente, si intrufola sulla nave, approcciando Tyler per avere informazioni su come avvicinare al meglio la zia.


Voto 7

Se c’era bisogno di un’ulteriore dimostrazione di quanto sia poliedrico, Steven Soderbergh ne dà ancora una prova. Utilizzo spesso questo aggettivo per il regista di Atlanta perché esprime in pieno la predisposizione per i generi più svariati, tutti affrontati con lo spirito giusto, sempre realizzando film interessanti e spesso originali, dirigendo anche cast di attori e attrici di alto livello. È così che è passato dall’esordio psicologico di Sesso, bugie e videotape a film di genere come Out of Sight, dall’impegno sociale di Erin Brockovich - Forte come la verità al thriller di Traffic, dal pretenzioso Solaris alla serie divertita e leggera dei vari Ocean’s, ma soprattutto da quello politico del bellissimo dittico su Che Guevara al purtroppo profetico Contagion, dall’horror leggero di Unsane a questa commedia drammatica dai risvolti letterari. E non solo: lo dimostra anche quando, come frequentemente gli capita, si occupa non solo della regia ma anche della fotografia e del montaggio, scherzando con gli pseudonimi di Peter Andrews e Mary Ann Bernard. Il suo spirito multiforme non si esaurisce solo nella tecnica, in quanto lui forse è l’unico regista che riesce a coniugare alternativamente un cinema low budget con quello degno dello star system, con una prolificità che lo hanno portato a firmare questa 44.a opera in 35 anni di lavoro, usando in altre occasioni anche mezzi non convenzionali come nel caso di Unsane, che girò nel 2018 con un iPhone, dando, mediante effetti sgranati, angoli arrotondati e primi piani instabili, maggior risalto all’incubo da stalkeraggio vissuto dalla protagonista (quindi, altro argomento affrontato).

Basato su una intelligente sceneggiatura dell’attrice Deborah Eisenberg, qui all’esordio, è un film innervato da fitti dialoghi che impegnano non poco i cinque personaggi che dominano lo svolgimento della trama, con frequenti cambi di scena e di presenza alternata di questi e con il set che si è spostato in tre luoghi differenti: inizialmente a New York, le riprese sono poi proseguite nel Regno Unito e sul lussuoso transatlantico RMS Queen Mary 2 mentre attraversava l'oceano Atlantico. La storia gira tutto attorno ad Alice Hughes, una scrittrice già Premio Pulitzer non del tutto tranquilla e solo apparentemente felice e realizzata, che accetta con poca convinzione di andare a ritirare il prestigioso riconoscimento del Footling Prize in Gran Bretagna: il suo lavoro più noto e di gran successo è ‘You Always/You Never’ su cui sta già lavorando per l’attesissimo seguito. Era stato un libro molto personale, che parlava di avvenimenti della sua vita, delle amicizie che l’avevano coinvolta e condizionata. Siccome ha paura di volare, accetta, su proposta di Karen, la sua nuova agente letteraria, di farsi prenotare il viaggio in mare a patto di far partecipare, ovviamente a titolo gratuito, anche le due intime amiche di college, Roberta e Susan – che però non frequenta da anni a causa di vecchi contrasti – e il prediletto nipote Tyler. Tutti ospiti sulla maestosa nave e nell’albergo inglese che li accoglierà per la cerimonia della premiazione, a patto di tenere una conferenza a bordo della nave sul suo famoso libro.

C’è tanto da capire sulle relazioni tra le tre donne, tra Alice e il nipote e sulla nuova relazione professionale con la giovane e bella Karen, che ha sostituito la precedente agente andata in pensione causando nella scrittrice una stizzosa reazione. Non ama parlare molto di sé ma la sua personalità verrà pian piano a galla durante in tanti dialoghi a cui si assiste, anche se non si scoprirà mai tutto ciò che conserva dentro di sé, chi la ispira, i suoi giudizi sulle amiche e soprattutto solo alla fine si scoprirà chi è quell’uomo che esce tutte le mattine dalla sua sontuosa camera della Queen Mary 2, il segreto che sarà il drammatico coup de théâtre finale. Però, contrariamente a Roberta e Susan, non ha nulla da nascondere del suo passato: dietro la robusta montatura degli occhiali ci sono due occhi impenetrabili che studiano l’interlocutore, un’espressione sempre schietta, mai diffidente del prossimo. Piuttosto manca di cattiveria, in fondo è semplice, essendo totalmente concentrata sul suo lavoro e quando il litigio con Roberta le apre gli occhi sulle reali intenzioni di quest’ultima, prende una impulsiva e importante decisione, distruggendo il lavoro preparatorio del manoscritto che andava avanti a fatica con la vita di bordo, tra colazioni, pranzi, cene e interruzioni dovute agli altri. È la persona più seria tra tutti i personaggi, nessun doppio gioco, nessun secondo scopo, ha una vita riservata e ascolta con pazienza tutte le chiacchiere di chi la circonda (il titolo non è ‘Lasciali parlare’?). Non conosce (e non ne ama la semplicità dei racconti) neanche il celeberrimo scrittore di gialli Kelvin Krantz che è tra i tanti passeggeri, molto letto e amato dalle sue due amiche che non vedono l’ora di avvicinarlo. Sarà invece lui a farsi avanti per congratularsi con Alice per la ricchezza dei suoi romanzi.

Susanna è la fotografia ripetuta dei tanti personaggi di Dianne Wiest, che la brava attrice replica ormai con facilità: ingenua, trasparente e semplice come le è capitato tante volte. La sua donna è ormai avanti con gli anni, come le altre, e ricorda con scherno da adolescente le avventure amorose e sessuali dei bei tempi e cerca di frenare l’invadente esuberanza della compagna di viaggio. Roberta, infatti, è invecchiata mentre non smette mai di cercare l’uomo che la accompagni nella terza età: il ricco, danaroso, di bella presenza, che le dia agiatezza e la possibilità, finalmente, di abbandonare il suo lavoro, quello di commessa in un negozio di lingerie, stufa di consigliare abbigliamento intimo provocante ad anziani con amanti troppo giovani. È maliziosamente persuasa da tempo di essere la donna centrale di cui parla il libro di Alice, convincimento che, a suo dire, l’ha colpita nella intimità per le rivelazioni scritte sotto altro nome, di aver avuto, per questo, conseguenze negative nella vita, fino al punto di chiedere alla scrittrice una ricompensa (in danaro, in linea con la sua smania): di godere di una sostanziosa percentuale sugli incassi del futuro libro. È egoista ed egocentrica, si cura poco degli altri, vuole arrivare solo alla sua felicità possibilmente agiata e benestante con un uomo o con i soldi che può ricavare. È il peggiore dei personaggi della storia ed è capitato sulle spalle di una attrice che avevamo scoperto tanti anni fa dalla bellezza accecante, Candice Bergen. C’erano due cose che abbagliavano il bellissimo Soldato blu: il sole del West dei pellerossa (uno dei primi film del cinema a favore dei nativi americani) e il viso di Candice, la cui presenza di chiare ascendenze svedesi contrastava la pelle scura degli indiani ed il blu delle divise dei soldati. Tyler invece è competenza di un giovane attore, Lucas Hedges, in continua e interessante ascesa, che ancora non ho focalizzato bene in quali ruolo lo vedo meglio. Lui è sicuramente bravo e questo ruolo credo sia il migliore che abbia saputo affrontare, anche se in altre occasioni è stato protagonista (vedi Ben Is Back): tentennante, timido, quasi balbuziente per l’emozione (potrebbe diventare l’ennesimo alter ego di Woody Allen), si innamora come un principiante della bella Karen senza rendersi conto che anche questa sta svolgendo un compito solo di convenienza professionale e pagherà con una forte delusione la sua esperienza. È bravo, dicevo, ma qualche regista gli deve chiedere di tagliare i capelli e assumere differenti sembianze a seconda dei personaggi che deve interpretare, altrimenti diventa la continua replica di se stesso. Non nascondo che mi ha intrigato Gemma Chan (Karen), che è la prima volta che vedo recitare: certo, se la cava egregiamente e ciò mi incuriosisce di vederla in altre occasioni.


Ho tralasciato qualcuno? Certo volutamente, lei: Meryl Streep, che non è brava, è un mostro di bravura. Da giovane, da femmina matura, da donna di una certa età, è sempre e semplicemente la straordinaria Streep che conosciamo da decenni. La particolarità che stupisce è che fa tutto ciò con una semplicità disarmante, con una naturalezza di recitazione che eclissa tutto il resto del cast, anche se composto da persone di talento riconosciuto. Le pause, il movimento degli occhi, la gestualità, la pronuncia con la voce che cambia registro a seconda dei momenti (non parliamo della differenza tra un ruolo e l’altro tra un film e l’altro, che normale straordinarietà!). Uno spettacolo. Sembra quasi che un qualsiasi film possa decollare per la sua semplice presenza. Ovviamente qui non è solo così e non lo è per il fatto che la regia di Steven Soderbergh è importante e incisiva. Il regista ha il grande pregio di saper dirigere questi bravi interpreti e di indirizzarli in un film “parlato” in uno di quelle ambientazioni che sono state tipiche di una certa Hollywood, la crociera, occasione per tante avventure amorose e non, qui invece strumento per il processo della creazione, quella letteraria, dove le chiacchiere scambiate intorno al tavolo oppure a tu per tu tra i vari personaggi, durante le quali il personaggio della scrittrice Alice cerca di spiegare ciò che l’ha spinta a creare i suoi libri, l’importanza che riveste per lei la scrittura, le difficoltà ad aprirsi all’eventuale sequel, che infatti stenta a prendere forma. Il prezioso lavoro di raccordo tra i personaggi, sulle occasioni, a proposito dei sentimenti che corrono tra loro, illustrare i momenti di affetto o di scontro, è tutto merito di un regista che fa scorrere tutto liscio come se fosse facile. La verità è che se tutto funziona, se il film “suona” armonico, lo si deve ad un cineasta che merita maggiore considerazione presso il grosso pubblico, che, ho l’impressione, non è ancora valutato per i suoi tanti meriti, essendo, tra l’altro, un ottimo orchestratore di attori. Come i grandi registi.




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