Lontano lontano (2019)
- michemar

- 20 giu 2020
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 26 ott

Lontano lontano
Italia 2019 commedia 1h32’
Regia: Gianni Di Gregorio
Sceneggiatura: Gianni Di Gregorio, Marco Pettenello
Fotografia: Gogò Bianchi
Montaggio: Marco Spoletini
Musiche: Vidjay Beerepoot
Scenografia: Susanna Cascella, Giada Esposito
Costumi: Gaia Calderone
Ennio Fantastichini: Attilio
Giorgio Colangeli: Giorgetto
Gianni Di Gregorio: Il Professore
Roberto Herlitzka: Federmann
Daphne Scoccia: Fiorella
Salih Saadin Khalid: Abu
Francesca Ventura: Carolina
Iris Peynado: Marisa
Galatea Ranzi: signora del bar
TRAMA: Per cambiare vita non si è mai troppo vecchi. Questo almeno sperano Attilio, Giorgetto e il Professore, tre romani sulla settantina, variamente disastrati, che un giorno decidono di mollare la vecchia vita di quartiere e andare a vivere all'estero. All'estero dove? È solo la prima di una lunga serie di questioni da risolvere, ma il Professore, in pensione dopo una vita a insegnare il latino, si annoia moltissimo, Giorgetto, ultima scheggia del popolo di Roma, non riesce ad arrivare a fine mese, e Attilio, robivecchi e fricchettone, vorrebbe rivivere le emozioni dei tanti viaggi fatti in gioventù.
Voto 7

I film di Gianni De Gregorio sembrano seguire passo passo la sua età che avanza, tanto che rileggendo i titoli del suo percorso d’autore si può notare la progressione della vita di un uomo di (oggi meglio di una volta) mezza età che arriva con calma alla vecchiaia. Pranzo di ferragosto (2008), Gianni e le donne (2011), Buoni a nulla (2014) sono delle tappe, dei segnaposto dove il regista si è soffermato a pensare e ragionare sul presente, con uno sguardo al futuro. Sempre con un pizzico di quella malinconica simpatia che caratterizza il suo essere romano, fatalista e attendista. Chissà, domani… Stavolta tocca a tre pensionati, stanchi e piuttosto alla canna del gas che sognano di sistemarsi in qualche posto nel mondo per poter cavarsela meglio con la misera pensione che riscuotono. Ma per fare ciò conviene partire. Addirittura per l’estero.

Il detto sfruttato e trito è che partire è un po’ come morire e la tentazione di evadere dal giro consunto di Roma è forte, ma per andare dove? Era da tempo che Gianni De Gregorio aveva un’idea su questo soggetto e la spinta, soprattutto motivante, l’ha trovata in Matteo Garrone che anche a mo’ di sfottò un giorno gli disse: “Bisognerebbe realizzare un film su quei pensionati italiani che, per soldi, hanno davvero necessità di partire. Se non lo fai tu, che sei specializzato in vecchietti, si rischia che non venga fatto.” E lui c’ha lavorato per un anno e mezzo, con l’intenzione di affrontare il tema con leggerezza e come stella polare la commedia all’italiana. Ebbene, l’impressione che ho provato immediatamente era di trovarmi davvero davanti ad una buonissima commedia vecchia maniera (ah, avercene film come questi in Italia!), anche perché i tre personaggioni sono interpretati con una naturalezza, una incisività, una simpatia che ogni scena è un piacere e si sorride con molto gusto. La commedia però è stata contaminata da una dolce vena di solidarietà tra bisognosi, perché, se ci guardiamo intorno e osserviamo bene ci accorgiamo che c’è sempre qualcuno che sta peggio di noi. È per questo che il regista racconta che nel periodo in cui scriveva la sceneggiatura assieme a Giada Esposito, si stava anche vivendo un doloroso periodo di sbarchi di migranti, tra naufragi e morti ed è così che è nato il personaggio di Abu, che diventa importante nel finale. Anzi, che dà un tocco perfino di commozione che, non dimentichiamo, ha quasi sempre fatto parte della mitica commedia all’italiana. Egli insomma non ha avuto remore ad inserire nel contesto del film, che riflette la situazione di tanti pensionati italiani, anche la condizione dei più sfortunati. Dei veri ultimi della terra, italiani e no, cosa importa. Mostrando così anche il lato della solidarietà dei romani e lo spirito buono delle persone. Queste più o meno le parole dello stesso, i suoi intenti.

Tre simpatici personaggi: Attilio, un ex fricchettone che non ha perso il vizio di sentirsi addosso quell’etichetta e che per campare fa l’artigiano nel campo del modernariato (insomma, la sfanga appena, di certo non è un professionista); Giorgetto, forse il pensionato che se la cava peggio e che cerca sempre soldi al fratello fruttivendolo al mercato che invece lo invita a cercarsi un lavoro, Trastevere è la sua casa, non ama lavorare ma crede nella fortuna; infine il Professore, che si vede costretto a vendere parte dei suoi libri di pregio per creare, assieme agli altri il fondo cassa per poter partire con destinazione le Azzorre, dove pare la vita costi molto meno e magari per fare la bella vita. Son tre personaggi di simpatia dilagante, schietti romani che passano la giornata chiacchierando e guardando belle donne (il Professore ci prova pure). Un quarto personaggio è quasi il più bello pur se marginale: è il sapiente professor Federmann, consultato dall’indeciso trio per decidere quale meta sarebbe quella giusta. Le due scene girate tra i quattro sono tra le più curiose e riuscite dell’intero film e quando poi ci metti un’artista della recitazione come Roberto Herlitzka il gioco diventa facile. Lui è un fine attore, tutte le volte uno spettacolo vederlo all’opera.

La malinconica realtà ovviamente viene a galla alla fine allorquando, in cuor proprio e all’insaputa degli altri due, nessuno dei tre ha veramente voglia di lasciare le proprie abitudini e il proprio guscio per avventurarsi chissà dove. Uno ha paura di volare, l’altro di andar per nave, ogni scusa è buona per rallentare la preparazione nonostante ognuno si dichiari pronto e rimproveri gli altri di tentennare. Ma quando con gran fatica riescono a mettere su l’adeguata somma per l’agognato (si fa per dire) progetto succede che il cuore si intenerisce per il bravissimo maliano Abu. Buonismo? Niente affatto: è quel famoso senso utopico di generosità di cui parlava Gianni De Gregorio nella fase di stesura della sceneggiatura. Uno sprazzo di bontà, non di buonismo. Generosità vuol dire altruismo, vuol dire guardarsi attorno e “vedere” gli altri e scoprire altri scopi per la visuale di vita. Ci si può accontentare di un cocomero, per esempio.

Il regista, Giorgio Colangeli e Ennio Fantastichini – purtroppo alla sua ultima apparizione – sono tre piccoli giganti che danno sfoggio di tutta la loro maestria di attori di gran talento. Vederli è un vero spettacolo divertente e di recitazione così naturale che non pare stiano in scena, ma sembra di assistere dal vero a discussioni, battibecchi e disquisizioni tanto sono realistici. Un trio davvero riuscito, merito anche di una idea brillante ed efficace di un onesto artigiano del cinema italiano.

Bravo Gianni De Gregorio, non ha mai tradito nella sua semplicità.
Riconoscimenti
David di Donatello 2021
Miglior sceneggiatura adattata
Ciak d’Oro 2020
Premio Colpo di fulmine




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