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Low Tide (2019)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 7 lug
  • Tempo di lettura: 2 min
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Low Tide

USA 2019 thriller dramma 1h26’

 

Regia: Kevin McMullin

Sceneggiatura: Kevin McMullin

Fotografia: Andrew Ellmaker

Montaggio: Ed Yonaitis

Musiche: Brooke Blair, Will Blair

Scenografia: Chris Potter

Costumi: Jessica Ray Harrison

 

Keean Johnson: Alan

Jaeden Martell: Peter

Alex Neustaedter: Red

Daniel Zolghadri: Smitty

Kristine Froseth: Mary

Shea Whigham: sergente Kent

James Paxton: Nate

Danny Bolero: Javier

 

TRAMA: Quando l’adolescente Alan e suo fratello minore trovano un sacchetto di monete d’oro nella casa di un uomo morto sull’isola, cercano di nasconderlo ai loro amici, ma uno di loro, imprevedibile, è disposto a tutto per ottenere i soldi.

 

VOTO 6


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La nostalgia che ogni tanto si riaffaccia nella produzione cinematografica induce a film di questo genere, specialmente riferito all’adolescenza e quindi a racconti di formazione. Anche sotto forma inquietante e poetica. Per esempio, il regista Kevin McMullin dipinge il luogo dove si sviluppa la trama, il Jersey Shore, non come un rifugio romantico ma come un paesaggio corrotto, evocando atmosfere in cui si osservano tensioni sociali che attraversano l’adolescenza.



Un gruppo di ragazzi locali trascorre l’estate derubando le case dei ricchi residenti stagionali, esprimendo così il loro rancore verso un benessere irraggiungibile. Quando due fratelli, Alan e Peter, scoprono casualmente un tesoro nascosto, la loro innocenza si scontra con l’avidità dei compagni, innescando una spirale di violenza e tradimento. Il lungomare, le giostre e i moli diventano scenari simbolici di desideri infranti e identità in lotta.



Chiari sono i personaggi del gruppo di amici. C’è Red, leader carismatico e inquietante, è il volto della rabbia giovanile e dell’alienazione. Smitty, nerd vulnerabile che convive in una disturbante simbiosi con lui. Poi ecco Alan e Peter, i fratelli che incarnano l’innocenza e l’agitazione morale del film. In particolare, è Peter che sorprende per la sua intensità emotiva.



L’autore non si limita a evocare la nostalgia visiva e utilizzando rallentamenti, dialoghi parchi di parole e cura dei dettagli suggerisce il conflitto interiore dei personaggi, elevando il dramma adolescenziale a una riflessione universale sull’identità e il desiderio di appartenenza. La regia sa creare una certa tensione latente che sfocia inevitabile in un climax violento e simbolico, quasi biblico.



Siamo quindi, come previsto, davanti ad un racconto di formazione cupo che rifiuta le scorciatoie sentimentali. McMullin ci porta tra le ombre dell’adolescenza americana, con uno sguardo schietto e penetrante che lascia il segno. Ed ecco allora che coraggiosamente film affronta temi come la moralità, le scelte personali e i conflitti di classe, offrendo uno sguardo realistico e crudo sulla gioventù. Ma senza quel tocco di nostalgia eccessiva che caratterizzò il successo di Stand by Me – Ricordo di un’estate, preferendo piuttosto un ritratto autentico e toccante della vita degli adolescenti in un mondo pieno di tentazioni e difficili decisioni.


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Buon film di formazione presentato in anteprima mondiale al Tribeca Film Festival e prodotto dalla A24, nota per la sua attività di cinema indipendente di qualità.



 
 
 

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michemar

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