The Birth of a Nation - Il risveglio di un popolo (2016)
- michemar

- 29 giu
- Tempo di lettura: 3 min

The Birth of a Nation - Il risveglio di un popolo
(The Birth of a Nation) USA, Canada 2016 storico 2h
Regia: Nate Parker
Sceneggiatura: Nate Parker
Fotografia: Elliot Davis
Montaggio: Steven Rosenblum
Musiche: Henry Jackman
Scenografia: Geoffrey Kirkland
Costumi: Francine Jamison-Tanchuck
Nate Parker: Nat Turner
Armie Hammer: Samuel Turner
Mark Boone Junior: reverendo Walthall
Aja Naomi King: Cherry Turner
Colman Domingo: Hark Turner
Aunjanue Ellis: Nancy Turner
Dwight Henry: Isaac Turner
Esther Scott: Bridget Turner
Jason Stuart: Joseph Randall
Roger Guenveur Smith: Isaiah
Gabrielle Union: Esther
Danny Vinson: Benjamin Turner
Penelope Ann Miller: Elizabeth Turner
Jackie Earle Haley: Raymond Cobb
TRAMA: Nat Turner, uno schiavo letterato e predicatore nel Sud anteguerra, orchestra una rivolta storica del popolo nero.
VOTO 6

Con un chiaro titolo ironico, per riferirsi al controverso film muto omonimo del 1915 che descriveva, invece, in chiave celebrativa la nascita del Ku Klux Klan, Nate Parker gira un film corale su un personaggio importante, Nat Turner, uno schiavo afroamericano che guidò la rivolta degli schiavi scoppiata nella Contea di Southampton in Virginia nell’agosto 1831.
Il quel luogo, questi (Nate Parker) è un giovanissimo schiavo. A causa della scarsità di cibo per i loro figli, il padre Isaac (Dwight Henry), si avventura una notte per rubare qualcosa da mangiare ma viene arrestato da una banda guidata dal cacciatore di schiavi Raymond Cobb (Jackie Earle Haley). Quando tentano di giustiziarlo, l’uomo tenta disperatamente di salvarsi uccidendo un membro della banda e fugge. Al ritorno a casa, Isaac informa la sua famiglia dell’incidente e della necessità della sua partenza immediata. Prima di andarsene, condivide un’ultima conversazione con il bimbo Nat, sottolineando di ricordarsi che è “un figlio di Dio” con uno scopo ben preciso. Quando Cobb arriva e interroga la famiglia, fortunatamente interviene il proprietario della fattoria Benjamin Turner (Danny Vinson) che lo allontana prima che diventi violento.
Elizabeth Turner (Penelope Ann Miller), la moglie di Benjamin, scopre le abilità di lettura di base del ragazzino e diventa la sua insegnate, principalmente usando la Bibbia. Fa anche in modo che il giovane legga le Scritture durante le riunioni in chiesa. Una volta diventato grande, Nat continua a lavorare nei campi di cotone mentre predica e legge le Scritture per i suoi compagni di schiavitù. Nel frattempo, Samuel Turner (Armie Hammer), figlio di Benjamin, eredita la proprietà della piantagione.
La situazione cambia radicalmente quando il nuovo padrone prepara un piano: usare la predicazione dello schiavo per sottomettere gli operai più indisciplinati. Ma dopo essere stato testimone delle innumerevoli atrocità commesse ai danni dei compagni di schiavitù, Nat escogita un’idea per condurre la sua gente verso la libertà. Il suo movimento di liberazione andrà però incontro a una violenta rappresaglia da parte dei bianchi.
L’attore e regista Nate Parker si pone l’obiettivo di rappresentare sullo schermo un’affermazione potente e rovesciata: una replica, cioè, indignata e cinematograficamente eloquente ad un secolo di narrazione distorta. La forza del film risiede nella capacità di schierare lo spettatore emotivamente e moralmente con il protagonista, trasformando un episodio sanguinoso della storia americana in un grido di legittima rivolta. In altri termini, l’autore utilizza tutto il suo talento manipolativo nel senso migliore del termine per costruire una narrazione viscerale, scomoda, ma necessaria. Nonostante le inevitabili controversie extra-filmiche legate al regista (ci furono grosse polemiche relative ad un presunto stupro da parte di Parker e del coautore del soggetto Jean McGianni Celestin a danno di un’attrice del cast), queste non intaccano minimamente la potenza tematica e l’impatto della pellicola.
Inoltre va evidenziata anche la ricerca di un certo stile del film, lontano però da ogni tentazione estetizzante. L’intenzione politica e morale quindi emerge nitida, rafforzata da una fotografia spietata e da un uso mirato delle Scritture come specchio delle ambiguità etiche dell’epoca. Per questi motivi il film è senz’altro un’esperienza cinematografica angosciante e sufficientemente avvincente, profondamente radicata nel contesto storico ma capace di lanciare un messaggio ancora urgente: la violenza può nascere là dove il compromesso smette di esistere.

Più movimentato ma non meno crudele di 12 anni schiavo di Steve McQueen ma molto differente dal bellissimo Moonlight di Barry Jenkins che è decisamente intimistico. Piuttosto può ricordare la grande voglia di libertà e affermazione della propria gente di Braveheart.
Il cast è buonissimo.

Riconoscimenti
Sundance Film Festival 2016
Gran premio della giuria
Premio del pubblico

























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