West Side Story (2021)
- michemar

- 5 mar 2022
- Tempo di lettura: 6 min
Aggiornamento: 28 mar 2022

West Side Story
USA 2021 dramma musicale 2h36’
Regia: Steven Spielberg
Soggetto: Leonard Bernstein, Stephen Sondheim, Arthur Laurents (musical)
Sceneggiatura: Tony Kushner
Fotografia: Janusz Kamiński
Montaggio: Michael Kahn, Sarah Broshar
Musiche: Leonard Bernstein (adattate e arrangiate da David Newman)
Scenografia: Adam Stockhausen
Costumi: Paul Tazewell
Ansel Elgort: Tony
Rachel Zegler: Maria
Ariana DeBose: Anita
David Alvarez: Bernardo
Mike Faist: Riff
Josh Andrés Rivera: Chino
Ana Isabelle: Rosalía
Corey Stoll: ten. Schrank
Brian d'Arcy James: ag. Krupke
Rita Moreno: Valentina
TRAMA: Due gang, i giovani immigrati portoricani Sharks e gli americani bianchi Jets lottano per il controllo del territorio del West Side newyorkese e si scontrano ripetutamente per le strade. Durante un ballo a cui partecipano entrambe le fazioni, Maria, sorella del capo dei primi, e Tony, un bravo ragazzo ex membro dei secondi, si innamorano a prima vista. La loro storia, appena iniziata verrà infranta dal clima d'odio che divora le due comunità, fino ad un tragico finale di sangue, morte e dolore, che darà ai superstiti la consapevolezza dell'assurdità delle loro divisioni.
Voto 7,5

Solo a pensare al rifacimento di un film passato alla storia per aver vinto dieci Premi Oscar era da pazzi e soltanto affidando l’operazione ad un grande regista poteva essere una soluzione per ottenere un risultato almeno decente e paragonabile all’originale. Oggi, forse solo un autore poteva permettersi il rischio e questo è il più classico tra quelli in attività: Steven Spielberg. E così è stato. Il regista di Cincinnati non solo si è dimostrato – come era prevedibile – in grado di realizzare un film degno erede di quello di 60 anni prima, ma di farne anche una (non) copia di pregio.

Non è solo un musical di grande successo nella Broadway degli anni ’50 ma anche una grandissima opera simbolica delle lacerazioni della Storia degli Stati Uniti del dopoguerra in piena era di immigrazione. Il progetto iniziale nacque nel 1947 quando il coreografo Jerome Robbins propose al musicista Leonard Bernstein e al librettista Arthur Laurents di collaborare nella stesura di un adattamento musicale di Romeo e Giulietta ambientato nella New York contemporanea, in cui cattolici irlandesi ed ebrei polacchi (al posto di Capuleti e Montecchi) si sarebbero dati battaglia. Secondo il progetto originale degli autori, l'antisemitismo sarebbe stato uno dei temi centrali dell'opera, tanto che il personaggio di Maria sarebbe stata una sopravvissuta alla Shoah recentemente trasferitasi negli Stati Uniti da Israele e l'intera lotta tra i cattolici Jets e gli Emerals (i futuri Sharks) si sarebbe svolta nel periodo della Pasqua ebraica. Si intitolava East Side Story ma il risultato non piacque e fu messo da parte per essere ripreso anni dopo ed adattato a quel momento, quando si notava l’incremento della delinquenza minorile e il fenomeno relativamente recente delle gangs. Dopo due rappresentazioni di rodaggio a Washington e a Filadelfia, il vero debutto fu ovviamente a Broadway il 26 settembre 1957 e rimase in scena al Winter Garden Theatre per 732 repliche, per poi girare l’interno globo. Un successo trascinante. Poi nel 1961 ci pensarono lo stesso Jerome Robbins e Robert Wise a portarlo sul grande schermo con i risultati che ne conseguirono.

Per rifarlo oggi ci voleva coraggio e qualità, pena fallimento totale e forse anche una dose giusta di umiltà. E chissà, anche un po’ di spericolatezza, perché il film originale resta uno dei mostri sacri del cinema musical. Steven Spielberg ne ha fatto un’opera di grande bellezza, pescando (e benissimo) attori giovani, molti dei quali ancora sconosciuti al pubblico, molto validi e preparati tecnicamente e ripescando, tra gli interpreti noti, una gloriosa testimone della staffetta: Rita Moreno (premio Oscar per il vecchio film), che se lì era Anita, qui è l’anziana Valentina che protegge, fin quando può, il giovane protagonista Tony, impersonato dall’unico dei giovani che ha già alle spalle una buona carriera, Ansel Elgort. Sarebbe un errore soffermarsi a fare paragoni tra i due film, sono stati girati a troppi anni di distanza con tecniche differenti e in due mondi cinematografici molto distanti. Anche se il regista rifà il film e in tanti punti sembra la ripetizione di sequenze identiche, è possibile leggere dai ben informati che egli si ispira fortemente alla versione teatrale, cioè al libretto originale, ma chi ha visto al cinema entrambi, le analogie (termine riduttivo) sono inevitabilmente tante.

L’ambientazione è l’Upper West Side, un quartiere dell'isola newyorkese di Manhattan dove, ai tempi della trama (siamo nel 1957), le grandi attrezzature da demolizione, che fanno da sfondo alla scenografia, stanno buttando giù tutti gli edifici perché le autorità comunali hanno un grande progetto di rinnovamento: si costruirà il Lincoln Center, sede di istituzioni di arti dello spettacolo come la Metropolitan Opera e il New York City Ballet. Il Ballet! Quindi zona vocata della città per le manifestazioni di supremazia e guerriglia tra le due bande protagoniste che avvengono con canti corali e balletti. Sullo sfondo dei caseggiati in rovina nel quartiere di San Juan Hill e della costante minaccia delle palle da demolizione, due bande in guerra - i duri Jets capeggiati da Riff, amico fraterno di Tony (che è di origine europea, discendente di polacchi per la precisione) e gli spavaldi Sharks, i portoricani, il cui capo è Bernardo - combattono per l’egemonia del quartiere. Tra un duro confronto e l’altro, viene organizzata, come una ennesima sfida, una serata di ballo in un grande locale durante la quale succede quello che nessuno avrebbe mai potuto immaginare: Tony, appena uscito dalla galera dove è stato un anno per aver mandato in ospedale un rivale, rischiando di ucciderlo, incontra Maria, la sorellina di Bernardo. Che si innamorano al primo sguardo e si baciano. Uno dei maggiorenti dei Jets e una ragazza portoricana! Se c’era rivalità ora sarà violenza assicurata. È il terreno per una guerra a tutto campo. È un amore impossibile da coltivare in quel posto, è una relazione proibita che può portare solo la tragedia.

Il ritmo sincopato di “America” riecheggia con stile moderno sì, ma l’armonia e il ritmo sono quelli di una volta e sono travolgenti. Le bellissime e immortali note di Leonard Bernstein, adattate e arrangiate da David Newman, dominano le strade newyorkesi nel buio delle notti e nella luce del giorno, tra sfottò, spintoni, inseguimenti, interventi della polizia che li conosce bene uno ad uno, per questo sempre all’erta. La tensione è continuamente alta e sembra inevitabile che prima o poi qualcosa di grave accadrà. Questo pessimo clima trova pausa solo per le frasi d’amore dei due giovani amanti. Tony è perso negli occhi di Maria e lei non sogna altro che stare con lui nonostante i divieti e l’ira del fratello. Il loro unico futuro è rappresentato dalla fuga, verso altri posti dove cominciare una vita lontano dall’odio razziale. Un’utopia. Se la storia con cui era partito il progetto tanti decenni fa era l’amore impossibile tra Giulietta e Romeo, quale potrebbe mai essere l’epilogo? Dopo la sfida totale tra le due bande e la morte dei due capi, esplode la voglia di vendetta da parte di Chino, amico di Bernardo, il meno portato alla violenza e, come sempre succede, è il più imbranato che diventa incontrollabile. A Tony riferiscono che la bella Maria è morta, ma non è vero e, quando invece si incontrano e possono evadere dalla prigione di quelle strade violente, succede l’(im)prevedibile tragedia.


Steven Spielberg mantiene intatta la magia del musical e del film precedente, rinnova fastosamente la bellezza delle coreografie spettacolari, dirige con maestria assoluta dall’alto della sua lunga esperienza i tantissimi attori e le sequenze recitate o cantate o ballate, dando nuova vita a melodie che non ci si stanca di riudire, brillanti come nuove, sfruttando al meglio le meravigliose note di Leonard Bernstein rinnovate dallo splendido arrangiamento di David Newman. Notevole anche la fotografia Janusz Kamiński, che giostra con mano felice tra tonalità scure e quelle brillantemente illuminate, tra gli interni e gli esterni. I tanti giovani si impiegano al meglio lasciando intatta la magia del bellissimo, anche se risaputo, soggetto. Tutta funziona a meraviglia e gli attori sono tutti da elogiare e se Ansel Elgort se la cava egregiamente anche con la sua voce duttile, la vera sorpresa è Rachel Zegler, la cui fresca bellezza conquista il pubblico. La ragazza incanta per presenza, voce, predisposizione interpretativa, con il suo viso solare da latino-americana derivante dalle sue origini polacco-colombiane, dagli occhi neri e dal sorriso vincente: graziosa e piccolina, è l’arma segreta del film: ha già vinto il Golden Globe ed è candidata anche ai prossimi Oscar. Adesso la cercano tutti.


Come sempre accade ai film di questo grande e classico regista, la messe di nomine agli ambiti premi di inizio anno sono tanti: dopo i tre Golden Globe vinti (commedia /musical, attrice e Ariana DeBose, altra bella scoperta, come non protagonista), sono in gioco ben sette nominations agli Oscar.
Bel film, trascinante, drammatico e ampiamente godibile, traguardo non facile per il remake di un grande successo del passato.
Aggiornamento Premi Oscar 2022:
Miglior attrice non protagonista ad Ariana DeBose






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