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3/19 (2021)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 25 mar 2022
  • Tempo di lettura: 5 min

Aggiornamento: 8 ago

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3/19

Italia 2021 dramma 2h


Regia: Silvio Soldini

Sceneggiatura: Doriana Leondeff, Davide Lantieri, Silvio Soldini

Fotografia: Matteo Cocco

Montaggio: Carlotta Cristiani, Giorgio Garini

Musiche: Gianluigi Carlone

Scenografia: Paola Bizzari

Costumi: Silvia Nebiolo


Kasia Smutniak: Camilla

Francesco Colella: Bruno

Caterina Forza: Adele

Paolo Mazzarelli: Maurizio

Martina De Santis: Lisa

Antonio Zavatteri: Steve

Anna Ferzetti: Bea

Arianna Scommegna: Mara

Giuseppe Cederna: direttore della mensa


TRAMA: La vita di Camilla, avvocatessa di successo con una figlia ormai grande, viene sconvolta in una notte di pioggia a Milano. Un incidente stradale, di cui forse è responsabile, causa la morte di un ragazzo e la coinvolge in un'indagine che la porterà molto lontana dai luoghi e dai paesaggi che è abituata a frequentare. Al suo fianco in questo percorso misterioso e incerto, c’è Bruno, direttore dell’obitorio, con cui Camilla - mentre cerca di ricostruire l’identità di un estraneo - scopre sé stessa.


Voto 6,5


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Per chiarire prestissimo che tipo di vita vive, che ritmo deve tenere, la frenesia lavorativa che ne consegue, Silvio Soldini si attacca addosso alla protagonista, l’avvocato Camilla, per farle sciorinare un intero vocabolario di termini legali inglesi in cui noi tutti, tranne gli addetti ai lavori, non ci capiscono un tubo. Un elenco di espressioni tecniche che solo gli avvocati specializzati del ramo commerciale e finanziario usano quasi come uno scudo per criptare le loro trattative, affinché nessuno oltre loro, capisca di cosa stiano discutendo. Camilla cammina in un corridoio parlando al telefono, chiude e si siede al tavolo delle trattative senza cambiare tono, termini, grinta. Che mondo è, si chiede lo spettatore?


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È una giungla d’asfalto quella degli studi legali che difendono e attaccano clienti propri e avversari finanziari, terreno su cui si scontrano gli opposti interessi finché, si lotta, si giunga ad un accordo con buona pace di tutti. Dei clienti, che vedono realizzato il loro progetto, e dei legali che hanno completato, almeno in parte, il loro compito. Ben ricompensati. E ciò lo si nota dalla eleganza e bellezza della casa in cui la donna vive. Vive, beh è un modo di dire, con quel ritmo infernale che la conduce da un giorno all’altro senza sosta e alcun cambiamento, dove anche la domenica è un giorno come un altro. Forse non si accorge neanche di vivere in apnea. O forse sì, quando infatti contempla rilassata, col respiro che svuota la tensione, un soggetto orizzontale (un quadro, un soffitto?) in cui annienta se stessa per riossigenarsi, per ricaricarsi, per trovare quella energia che ha speso nel frattempo. Sarà un’inquadratura che il regista ci riproporrà altre volte nel corso del film. Un’area di sosta per rifare il pieno e ripartire.


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Grintosa, volitiva, caparbia, Camilla sta scalando le gerarchie dello studio legale che potrebbe vederla quanto prima come associata ma ha anche un “carattere di merda” come dice l’influente collega Steve quando si stanca della sua irascibile scontrosità. Gli altri esistono come contorno, perfino con sua figlia Adele, che vive con lei quando non è con il padre separato, i rapporti sono pessimi e non ha mai tempo per ricucirli. Fin quando… “Un incidente cambia la vita di una donna. Ma non è lei la vittima. Ne è la causa, sebbene involontaria. La sua vita potrebbe ‐ o vorrebbe ‐ andare avanti come se nulla fosse accaduto, in fondo si è solo rotta un polso. Invece piano piano dentro di lei si apre una crepa. Come una falda d'acqua sotterranea che si fa spazio nel cuore e nella mente. Niente sarà più come prima.”. Parole del regista. Infatti, una sera, attraversando una strada con il semaforo rosso? verde? e chi lo sa? lei neanche ci ha fatto caso, viene sfiorata da un motorino. Cade e resta a terra con il polso contuso, i due della moto anche, ma il conducente scappa via con il mezzo abbandonando l’altro sull’asfalto, che muore nonostante i soccorsi. È un immigrato clandestino senza generalità certe.


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La forte personalità si sgretola e combattendo tra sé e sé, con il lavoro assillante e i clienti che non intendono perdere tempo, la mente vola altrove, vuole sapere di più del giovanotto e se ne fa una colpa: uno sconosciuto è morto e non avrà mai una sepoltura socialmente e umanamente giusta, soprattutto perché è sicuramente musulmano e la tumulazione islamica prevede un rito particolare. Adesso avverte che l’esistenza che stava vivendo era sbagliata, è come se avesse aperto gli occhi della mente solo ora. Cambiano i rapporti con la figlia, con l’amante, con il lavoro. Comincia a tagliare i rami secchi. Determinante sarà la conoscenza con Bruno, il direttore dell’obitorio, una persona semplice e ordinaria, lontana dal suo mondo, che ha altri valori, totalmente opposti ai suoi. Qualcosa scatta e Camilla riconsidera la sua vita, si guarda intorno con occhi diversi, soprattutto con la mente che ragiona differentemente. Più esattamente, è l’inizio di una crisi complessiva che investe la sua vita privata e professionale, anche affettiva.


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Affiorano sentimenti chiusi a chiave nel fondo dell’anima, i sensi di colpa per la morte della sorella suicida, i sensi di vuoto di una vita fintamente piena come i fondali di uno spettacolo. Riaffiorano le caratteristiche emotive del cinema di Silvio Soldini, quello dei problemi quotidiani della gente comune che ha abitato i suoi film, con le coppie in crisi, la disoccupazione, i legami familiari. Solo che questa volta è partito dall’alto per poter planare nella quotidianità più realistica, lontana dalle frenesie della Milano centro d’affari. Quando Camilla decide il cambiamento il suo ambiente non la capisce, troppo intento a guardarsi la punta delle scarpe. Invece lei adesso guarda avanti, fino all’orizzonte, quello del mare, dove, per esempio quello della Liguria, dove va a scovare il cimitero più adatto per seppellire l’anonimo immigrato che portava con sé una poesia araba che parla di vento, di terra e di mare.


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Non può rimanere semplicemente il 3/19, cioè il terzo cadavere non riconosciuto giunto nell’obitorio nell'anno. Senza nome ma almeno una sepoltura dignitosa.


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Il finale è però troppo accondiscendente, troppo ideale per essere attendibile. La vita non è una favola per far felici gli spettatori. Comunque, si può accettare come atto di speranza, ma Camilla e Bruno sono di due mondi differenti e non vedo come lei possa scendere a patti con un altro tipo vita. Per farlo deve proprio cambiare se stessa. Silvio Soldini, insomma, è tornato dopo quattro anni da Il colore nascosto delle cose con il suo cinema e la disamina esistenzialista dei personaggi di cui solitamente scrive. Dirige con diligenza gli attori, mettendo a suo agio una buona Kasia Smutniak, assoluta protagonista al centro della scena, sicuramente nella prova più convincente della carriera ad oggi.



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Il Cinema secondo me,

michemar

cinefilo da bambino

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