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Bread and Roses (2000)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 1 mag 2019
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 17 ott 2023


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Bread and Roses

UK/Francia/Germania/Italia/Spagna/Svizzera 2000 dramma 1h50’


Regia: Ken Loach

Sceneggiatura: Paul Laverty

Fotografia: Barry Ackroyd

Montaggio: Jonathan Morris

Musiche: George Fenton

Scenografia: Martin Johnson

Costumi: Michele Michel


Pilar Padilla: Maya

Adrien Brody: Sam

Elpidia Carrillo: Rosa

Jack McGee: Bert

Monica Rivas: Simona

Frank Davila: Luis


TRAMA: Maya, immigrata clandestina, trova lavoro come addetta alle pulizie nell'agenzia di Los Angeles in cui lavora la sorella maggiore Rosa, già stabilitasi da tempo in quella città; purtroppo il marito è malato ed è Rosa che lavorando in quella ditta mantiene la famiglia. Nella sua vita entra Sam, un sindacalista, e grazie a lui impara a lottare per un salario più equo e per l'assistenza sanitaria. Maya riesce infatti a organizzare un'assemblea dei dipendenti per poter ottenere condizioni di lavoro migliori e salari più elevati. L'assemblea riesce ad organizzare una manifestazione e l'impresa di pulizie è costretta a cedere alle rivendicazioni dei dipendenti, ma non tutto andrà bene e Maya verrà scoperta.


Voto 7,5

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Se esistesse un premio per l’artista più coerente nel suo lavoro e nella produzione delle sue opere verrebbe dato a Ken Loach e poi non si premierebbe più nessuno. Non perché non ci siano altri che potrebbero meritarlo, piuttosto perché lui è il massimo e fulgente esempio di quanto scritto su. Nessuno come lui, per decenni e in tutti i film che ha immaginato e portato sullo schermo con la sceneggiatura del fidato sempiterno Paul Laverty, ha ritratto mille facce di lavoratori sfruttati, mal pagati, schiavizzati e quindi spremuti e poi buttati via come utensili non più servibili. Tutta la sua filmografia ne è un esempio continuo, senza sbavature, senza tentennamenti e ripensamenti, con soggetti che ripetono come litanie le storie dei mille operai che ha immaginato.

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Scrivo queste poche righe proprio in occasione del 1° Maggio di un anno qualsiasi, tanto che sia uno o l’altro poco è cambiato nella Storia del Lavoro e dei suoi personaggi principali e lo faccio perché mi sembra il giusto omaggio ad un Autore che ne ha fatto la missione della sua arte. Il suo cinema non va mai in vacanza e il suo sguardo non rimane sempre nei confini della sua Gran Bretagna e ci ha raccontato storie di precarietà e di salari indecenti sin dai primi anni, da Riff-Raff a Piovono pietre, da My Name Is Joe al recente e commovente Io, Daniel Blake (recensione), passando da questo film che appunto, dopo quelli girati in Nicaragua e Spagna, arriva negli USA della Los Angeles sfavillante. Anche in quella grande città si possono scoprire storie di sfruttamento perfino aggravate dalla condizione di clandestinità in cui vivono tante donne e tanti uomini che cercano un mondo migliore. Lavoratori silenziosi, quasi invisibili, che fanno i lavori che costano fatica e sudore a cui bisogna aggiungere la grave limitazione per cui, essendo irregolari, non possono chiedere non dico maggiori diritti ma neanche quelli minimi che godono gli operai con i documenti in regola.

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Allorché questi fantasmi del mondo lavorativo chiedono oltre al pane qualcosa in più, caldeggiati e aiutati dai sindacalisti che lottano insieme a loro, ecco che scatta il ricatto e la minaccia della denuncia. Ma la denuncia civile sale alta con la voce di Ken Loach, che senza mezzi termini ci mostra crudamente la spietatezza della realtà, dei disumani meccanismi che scattano come trappole per topi. Il liberismo spinto, che Loach vuol evidenziare, è quello che non ha al centro l’uomo in quanto persona ma come anello della catena produttiva e che abbia anche bisogni sociali e umani poco conta. In fondo, cosa cerca una lavoratrice se non semplicemente mantenere la famiglia con un salario dignitoso? se non andare per strada senza nascondersi? La drammaticità del film è tutta nelle facce di quei lavoratori e lavoratrici che il regista ci inquadra con l’obiettivo, nella loro lotta alla sopravvivenza e in cima al corteo che filma sembra che ci sia anche lui, al fianco di Sam e Maya, urlando uno slogan vecchio di 100 anni ma sempre valido: “Vogliamo il pane e anche le rose”. Ed è qui che lui si esalta e ci emoziona: torna alle origini delle proteste storiche dei contadini e degli operai in sciopero e quindi in corteo. E Ken Loach ci porta con lui nel corteo dei sudamericani clandestini, senza vergogna, senza remore, mostrandoci le loro facce, stanche ma felici di essere in lotta tutte assieme. Con tanta realtà che sembra un documentario, in cui i sorrisi dei momenti felici ed esaltanti di Maya e Sam (il bravissimo Adrien Brody) fanno sperare in qualcosa di meglio.

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Con questo film Ken Loach vince la Palma d’Oro al Cannes 2000.


 
 
 

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