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Come pecore in mezzo ai lupi (2023)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 2 nov 2023
  • Tempo di lettura: 6 min

Aggiornamento: 27 nov

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Come pecore in mezzo ai lupi

Italia 2023 poliziesco 1h40’


Regia: Lyda Patitucci

Sceneggiatura: Filippo Gravino

Fotografia: Giuseppe Maio

Montaggio: Giuseppe Trepiccione

Musiche: Ginevra Nervi

Scenografia: Sonia Peng

Costumi: Sara Fanelli


Isabella Ragonese: Vera/Stefania

Andrea Arcangeli: Bruno

Carolina Michelangeli: Marta

Gennaro Di Colandrea: Gaetano

Aleksandar Gavranic: Goran

Alan Katić: Dragan

Milos Timotijevic: Milorad

Clara Ponsot: Janine

Gabriele Portoghese: Di Franco

Imma Villa: Ester


TRAMA: Stefania è una agente della polizia di Roma sotto copertura, come il nome di Vera. I rischi della sua professione la hanno forgiata in un carattere molto duro. Quando viene incaricata di infiltrarsi in una banda serba di rapinatori, scopre che vi farà parte anche suo fratello minore.


Voto 6,5


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La prima sequenza è già un colpo di scena, ma non per la trama, bensì trovare sullo schermo il viso incattivito e indurito di Isabella Ragonese, una delle migliori attrici del panorama attuale italiano. Una donna dal sorriso dolce e accattivante su un viso intelligente e vigile, sotto due occhi vivaci che paiono vedere tutto. La sorpresa è trovarla in un ruolo anomalo per lei, alla guida di un’auto con due uomini di chiara origine slava, uno silenzioso e l’altro, seduto sul sedile del passeggero, che la blandisce e scherza, con l’evidente compito di fare da autista durante l’azione sicuramente criminosa dei due, che si rivelano serbi. Lei si fa chiamare Vera, capelli tinti di nero, qualche piercing, una lunga cicatrice vicino al labbro, sguardo cupo, serissima, di poche parole, che sa difendersi egregiamente dagli approcci dell’uomo. Quando si ferma sotto un condominio per aspettare i due che salgono su, fa un salto sul sedile allo schianto del corpo di una ragazza sul tetto di una macchina parcheggiata sotto i balconi, dove giace sanguinante con occhi imploranti aiuto. Gli uomini escono dal portone e Vera riparte con stridio di pneumatici.



Che fina ha fatto la dolce Ragonese? Dove sono i suoi consueti ruoli drammatici? Presto detto, perché viene subito rivelata la sua identità e il suo compito. Lei, in verità, è Stefania, una poliziotta sotto copertura che si è infiltrata in una gang pericolosa di banditi serbi con l’incarico di farli arrestare in flagranza. Lei, con il nome di Vera, si è fatto un nome nell’ambiente malavitoso come ottima procacciatrice di armi e auto per compiere rapine. È sicura e tosta e nessuno si sognerebbe mai di immaginarla agente in missione. Viene messa alla prova e con tutta la diffidenza di questo mondo il capo la accetta, nonostante lei si renda conto di stare a rischiare la vita dal momento che la banda ha ingaggiato anche due italiani appena usciti dal carcere, uno dei quali è Bruno (Andrea Arcangeli), suo fratello: insieme, sbalorditi entrambi, sono facilmente scopribili e rischiano grosso. Quindi, muti e fintamente sconosciuti, ognuno con il suo compito. Lei deve farli arrestare tutti - salvando il fratello -, lui ha estrema necessità di denaro per andare altrove con la piccola figlia che vive con la madre alcolizzata e inaffidabile, Janine (Clara Ponsot). Stefania e Bruno, due vite ora parallele che devono per forza divergere, dopo che i serbi avranno portato a termine una rapina ad un portavalori con le armi che lei, come sempre, si procura dal funzionario della Polizia che sovraintende la sua missione.



Mi ero seduto a guardare il film senza informarmi adeguatamente sul cast tecnico e più andavo avanti, più provavo una chiara istintiva sensazione che la regia fosse di mano femminile, non so perché. Il mio sesto senso me lo suggeriva e quando alla fine ho letto il nome di Lyda Patitucci mi sono spiegato molte cose. Prima di tutto per come il tratto femminile dell’intero film fosse così ben delineato e preciso, come solo una donna può saperlo disegnare, poi perché l’unico contatto che la protagonista ha con le forze dell’ordine, oltre al funzionario, è il suo capo, una donna, Ester (Imma Villa), che ha davvero un atteggiamento comprensivo delle difficoltà che la poliziotta incontra nella pericolosa missione. Gli incontri segreti avvengono in un cimitero, vicino alla tomba della madre della ragazza, dove sulla lapide c’è scritto il nome, Vera Vuiacic. Lei è triste, arrabbiata, vive sola, soprattutto isolata, figlia di Sante (Tommaso Ragno), un predicatore (testimone di Geova?) che abita in una lussuosa villa dove riceve e battezza nell’acqua i suoi tanti seguaci. Si sono lasciati molti anni prima e malissimo e nulla viene chiarito di più, sicuramente in circostanze perfino brutte da ricordare.



Vera ha ferite estetiche, Stefania ferite interne, intime, che le fanno sempre male, che l’hanno spinta, donna granitica, a trovare sfogo nella vita solo nella Polizia (“Sono felice solo quando lavoro”). Adesso sa che il suo compito più importante è far arrestare i criminali, lucidi e spietati come sono sempre stati dipinti i cattivissimi slavi dei film, e salvare il fratello e sua figlia dalla pessima situazione in cui si trovano. Poi si vedrà: è la vita di un agente sotto copertura, prima che la sua vera identità salti fuori e venga eliminata. In più si sente esausta, è stanca di questa vita, è fedele ai suoi principi di giustizia ma le pile sono scariche e non sarebbe male scappare lontano e cercare un altro lavoro per far riposare le membra e la mente in una vita differente. Però sarebbe una gran soddisfazione portare in porto quest’ultima missione, ma a quale prezzo? I rischi sono altissimi, per lei e per Bruno. Che ha bisogno assoluto di un gruzzolo per salvare se stesso e la bimba. Quindi non può mollare proprio ora.



Finalmente, dopo qualche segnale timido del cinema italiano nel genere noir/poliziesco di un certo valore, dopo la prima bellissima indicazione giunta anni fa da Anime nere di Francesco Munzi, dopo il discreto Perez. di Edoardo De Angelis, ecco che qualcosa si muove. Per intenderci necessita dare un’occhiata ai trascorsi della regista e dello sceneggiatore. L’esordiente Lyda Patitucci è stata anche aiuto regista di Matteo Rovere (vedi Veloce come il vento e Il primo Re oltre che di un paio di Smetto quando voglio e altro), mentre Filippo Gravino ha scritto anche per Fiore e La terra dei figli, oltre che per i film su citati). Due bei nomi crescenti che danno un bell’impulso al cinema italiano in un campo non facile se fatto bene come in questo caso. Come è recentemente successo anche con L'ultima notte di Amore di Andrea Di Stefano. Ma vorrei dire di più: oltre che essere un vero crime movie, in ultima analisi mi ha riportato alla mente un magico termine, il polar francese, che qui ha trovato terreno fertile e due buoni discepoli nella regista e nello sceneggiatore.



Film che sorprende, che scorre, anche se avrebbe dovuto evitare il tranello del cliché in cui si può cadere alle prime armi (evitabili p.e. alcune scene girate con troppe urla, con una recitazione di overacting insopportabile), al già visto e all’imprevedibile, tra l’altro in una Roma semideserta che sa di irreale. Ciononostante, il lavoro portato a termine piace, è già un bel segnale, su cui bisognerà proseguire. Apprezzamenti sono dovuti anche alla fotografia livida e scura. In tutto ciò Isabella Ragonese si muove come una esperta di azione e pensiero, una nuova rivelazione, attrice che ha saputo cambiare i suoi connotati interpretativi in un nuovo registro assolutamente inedito per lei, rispondendo magnificamente. Un plauso anche ad Andrea Arcangeli, il quale inizialmente sembra fuori posto, poi lentamente trova un buon riposizionamento sia nella trama che nella interpretazione, sempre più convincente. Come al solito, poi, Tommaso Ragno si prende il suolo dell’antipatico: è il padre indisponente della protagonista, maniaco per i versetti biblici, come il capo dei lupi Dragan (Alan Katić) nei confronti del quale Bruno ma, in fondo, anche Vera sono delle pecore.



Per essere un’opera prima, la Patitucci è promossa, adesso aspettiamo la conferma. Nonostante che, come lei dice giustamente, non sia facile trovare i capitali necessari per produrre una crime story diretta da una donna, come se fosse una esclusiva maschile. Oltre tutto è una bella novità lo sguardo diverso, quello femminile, in un campo che è un posto ancora per nulla esplorato, almeno in Italia, tanto che all’estero, anche se raro, ci sono casi clamorosi come la formidabile Kathryn Bigelow, braccio muscolare del cinema d’azione dell’altra metà del cielo.

Coraggio, Lyda Patitucci, provaci ancora!


Riconoscimenti

2024 - David di Donatello

Candidatura migliore attrice protagonista a Isabella Ragonese



 
 
 

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