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Adagio (2023)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 13 mag 2024
  • Tempo di lettura: 5 min
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Adagio

Italia 2023 thriller 2h7’

 

Regia: Stefano Sollima

Sceneggiatura: Stefano Bises, Stefano Sollima

Fotografia: Paolo Carnera

Montaggio: Matthew Newman

Musiche: Subsonica

Scenografia: Paki Meduri

Costumi: Mariano Tufano

 

Pierfrancesco Favino: Cammello

Adriano Giannini: Vasco

Gianmarco Franchini: Manuel

Toni Servillo: Daytona

Valerio Mastandrea: Polniuman

Francesco Di Leva: Bruno

Lorenzo Adorni: Massimo

Silvia Salvatori: Silvia

 

TRAMA: Manuel è un sedicenne che si gode la vita mentre si prende cura dell'anziano padre. Vittima di un ricatto, va a una festa per scattare delle foto a un uomo, ma se ne pente. Finisce braccato dai ricattatori decisi a eliminarlo.

 

Voto 7


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Brucia Roma, brucia Roma” cantava Venditti. E Roma brucia davvero, di notte, inquadrata dall’alto, brulicante di auto come una italica Los Angeles, dove non si vede neanche di giorno un monumento o un edificio di quelli da cartolina. Brucia Roma mentre continui blackout spengono le luci e bloccano gli ascensori. Brucia Roma all’orizzonte, una città crepuscolare, mentre nei quartieri la vita si srotola tra piccoli e medi criminali dai soprannomi più fantasiosi, da Cammello a Polniuman fino a Daytona, in un caldo opprimente che non si respira e la cenere degli incendi che nevica tutt’intorno. Potrebbe essere l’inizio di Driver ed invece è l’Urbe della mala, tra Suburra e Romanzo criminale, con malavitosi di medio calibro locale con un passato bruciato e senza futuro, se non l’immediato. Delinquenti sul viale del tramonto. Politici corrotti e personaggi influenti non possono mancare, forse anche molto compromessi e ricattabili. Intorno a trafficare ci sono antieroi della mala che cercano di mettere ancora paura e poliziotti senza scrupoli che fanno parte più della schiera da combattere che di quella che devono proteggere. Anzi.


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Ricattabile è anche il sedicenne che si trova in una situazione terribile e senza uscita e che ora non sa che pesci prendere. Lui è il protagonista involontario, un adolescente identico a tanti suoi coetanei. Capelli rasati, orecchini, occhiali da sole, sneakers e cuffie Hi-Tech che costano un botto. Il ragazzo si chiama Manuel (Gianmarco Franchini) e tenta di godersi la vita anche a costo di prestazioni infime, mentre bada all’anziano padre che soffre di demenza senile. O perlomeno così sembra. Il giovane si reca a un party esclusivo (la parola d’ordine per entrare è un filo iettatoria, ovvero “L’ultima notte del mondo”), più esattamente una festa orgiastica omosessuale dove alcol e droga girano in notevole quantità, ma in realtà egli, quasi completato il compito, si accorge pian piano che è diventato vittima di un ricatto. Alcuni poliziotti in borghese, che trafficano alla pari dei criminali, lo hanno mandato alla festa per fotografare con il cellulare un misterioso e potente personaggio, ma, intuita la scomodissima situazione e sentendosi ingannato, decide di scappare. Si ritrova così inseguito da quei ricattatori, estremamente pericolosi e determinati a eliminare quello che ritengono, una volta ottenuto il materiale, uno scomodo testimone. Il giovane comprende di essere finito in un giro molto più grande di lui e decide, perciò, di chiedere aiuto a due ex criminali, antiche conoscenze del padre, detto Daytona (Toni Servillo).



Viene così in contatto prima con il cieco Polniuman (Valerio Mastandrea) e poi con il più feroce Cammello (Pierfrancesco Favino) che vorrebbe cacciarlo ma poi va a finire che sarà quello che lo proteggerà meglio di tutti, mente lo spietato poliziotto Vasco (Adriano Giannini), aiutato da Bruno (Francesco Di Leva) lo cercano per tutta Roma con la moderna tecnologia delle forze dell’ordine. Inevitabile la scia di sangue e i cadaveri sul posto. Noir poliziesco classico? Ovvio, ma con il condimento romanesco, qui abusato nei dialoghi di una città che per il caldo pare uscita dall’incubo di Siccità di Paolo Virzì: lì sole sete sabbia polvere, qui buio umido imboscate coltelli pistole. E sangue. Con un poliziotto – un Giannini irrobustito – disposto a tutto pur di avere le prove da servire, dietro lauto compenso, al potente committente, persino disposto ad eliminare qualsiasi ostacolo anche umano per arrivare alla meta. La resa dei conti, infatti, arriva inevitabile, a Roma Termini, come fosse la stazione centrale di New York nel più classico poliziesco americano.



Può piacere oppure no, un film siffatto, ma una cosa chiara è che Stefano Sollima sa bene ciò che deve filmare, gli ambienti dove deve narrare e soprattutto l’atmosfera che deve ricreare, alternando notte e giorno, specialmente la prima dove il buio non fa mai vedere tutto e dove può succedere ogni cosa da un momento all’altro. È un regista che è cresciuto prima in patria e poi negli USA dove, oltre a portare le sue idee, certamente ha visto e notato altro e forse in questo film, pur non essendo certamente un capolavoro ma di buona portata, lo si può ben notare. È una storia prettamente romana (o romanesca) ma potrebbe essere benissimo ambientata nelle larghe strade di una città americana. Dietro non ci sono altri autori capaci come lui di sviluppare queste trame: ormai è uno specialista e conosce il mestiere del noir casalingo.



È un buonissimo lavoro stimabile più per tensione che per ritmo, che anzi ha un passo compassato che adagio porta al conflitto finale ineludibile in cui non si salverà quasi nessuno: ne resterà solo uno. Ben costruito anche se a tratti prevedibile, che tratteggia adeguatamente personaggi della mala romana in declino già fuori dal giro importante. Dai ghingheri di Romanzo criminale (vedi il Freddo, il Libanese, il Dandi, il Nero e via dicendo) siamo passati alle canotte e ai pantaloncini, dagli appartamenti di lusso alle case popolari, ma la spietatezza è la stessa, come anche la corruzione e le valigette colme di banconote, che però non riguardano più i tre. Le belle facce sono diventate dei mostri coi capelli lunghi e incolti di Daytona o con la calvizie che incute timore di Cammello, ennesima trasformazione di Favino. Insomma, più che mai il corpo diventa il ruolo, il carattere diventa l’arma. Spicca anche l’assenza quasi totale della figura femminile, eccettuata per l’unica donna presente, la moglie arrabbiata di Cammello, perché il fulcro centrale resta piuttosto il rapporto di padre-figlio che c’è e non c’è, c’era ed era fasullo, ritorna per protezione e, come da esempio classico, il padre occasionale è cosciente del suo imminente sacrificio, anche perché malato terminale. Un concetto anomalo di famiglia, che ha però una parvenza nella casa di Vasco, in cui egli cerca di accudire in prima persona (non si hanno notizie della moglie) i due figli. Sa che non gli riesce ma ci prova comunque. E quindi diventa più semplice e più efficace lavorare sull’assenza di figure femminili di riferimento e, al fine, funziona meglio, almeno secondo le intenzioni dell’autore. Perché, come dice al proposito Favino, funziona di più perché così sbagliano: sono da soli, se avessero qualcuno al loro fianco e un altro modo di vedere la realtà, probabilmente non farebbero quegli errori.



“Che sei venuto a fa’?” “Sto nei casini”. I dialoghi sono brevi, secchi, minacciosi, ma condensano in pochi secondi i rapporti che si instaurano e la necessità di muoversi, di decidere il da farsi. Bravo l’esordiente Gianmarco Franchini che sa destreggiarsi tra i nostri attori più esperti: Pierfrancesco Favino, Adriano Giannini (quello che sorprende di più), Toni Servillo, Valerio Mastandrea, Francesco Di Leva, tra protesi prostetiche e trucchi, sono perfetti, ottimamente diretti da Stefano Sollima.



Un gangster movie, non all’altezza del buonissimo L’ultima notte di Amore, ma resta un film che tiene alta l’attenzione e conferma la possibilità di avere anche da noi un genere coltivato che può dare buoni frutti.

Bella colonna sonora dei Subsonica, come anche la fotografia satura di Paolo Carnera.

Tutto il resto è noia.



Premi

David di Donatello 2024

Miglior compositore ai Subsonica

Candidatura al miglior attore non protagonista per Adriano Giannini

Candidatura alla migliore canzone originale (Adagio) per i Subsonica

Candidatura al miglior truccatore

Candidatura ai migliori effetti speciali visivi



 
 
 

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