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Flightplan - Mistero in volo (2005)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 4 ott
  • Tempo di lettura: 3 min
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Flightplan - Mistero in volo

(Flightplan) USA 2005 thriller 1h38’

 

Regia: Robert Schwentke

Sceneggiatura: Peter A. Dowling, Billy Ray

Fotografia: Florian Ballhaus

Montaggio: Thom Noble

Musiche: James Horner

Scenografia: Alec Hammond

Costumi: Susan Lyall

 

Jodie Foster: Kyle Pratt

Peter Sarsgaard: Gene Carson

Sean Bean: capitano Rich

Kate Beahan: Stephanie

Michael Irby: Obaid

Assaf Cohen: Ahmed

Erika Christensen: Fiona

Shane Edelman: Mr. Loud

Mary Gallagher: Mrs. Loud

Haley Ramm: Brittany Loud

Forrest Landis: Rhett Loud

Brent Sexton: Elias

Marlene Lawston: Julia Pratt

Matthew Bomer: Eric

Kirk B.R. Woller: Grunick

Greta Scacchi: terapeuta

 

TRAMA: Volando da Berlino a New York, Kyle deve affrontare il peggior incubo per una madre: la sparizione di sua figlia nel bel mezzo del viaggio. Già devastata emotivamente dalla morte inaspettata del marito, Kyle si batte disperatamente per convincere piloti e assistenti che sua figlia è effettivamente salita su quell’aereo, benché tutte le prove portino a sospettare di un delirio paranoico della donna.

 

VOTO 6,5


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Immagina di essere a bordo di un aereo a 11.000 metri d’altezza. Hai appena perso tuo marito, stai tornando a casa con tua figlia, e all’improvviso… lei scompare. Nessuno l’ha vista. Nessuno la ricorda. E tu inizi a dubitare persino di te stessa. È l’incipit di un incubo claustrofobico, un thriller psicologico diretto da Robert Schwentke, con una magnetica Jodie Foster nei panni di Kyle Pratt, ingegnere aeronautico e madre in lutto. Il film ci trascina in una spirale di tensione crescente, dove la logica sembra vacillare e la paranoia si insinua tra le pieghe di una cabina pressurizzata. La premessa è semplice quanto inquietante: una bambina scompare nel nulla durante un volo transatlantico, ma il regista non si accontenta del mistero: lo costruisce come un giallo da camera. L’aereo diventa un labirinto, e ogni angolo, ogni sguardo dell’equipaggio, ogni dettaglio tecnico diventa parte di un puzzle che sfida la razionalità.


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Kyle, interpretata con intensità da Jodie Foster, è una madre che non si arrende. Conosce quell’aereo meglio dei piloti per il semplice fatto che lo ha progettato lei. Eppure, la sua lucidità è messa alla prova: la lista passeggeri non riporta il nome della figlia, il gate di partenza nega che sia salita a bordo, e persino gli oggetti personali della bambina sembrano svaniti. È tutto nella sua testa? O c’è qualcosa di più oscuro in gioco?


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Accanto alla Foster, troviamo Sean Bean nel ruolo del capitano, impeccabile nella sua compostezza, e Peter Sarsgaard come agente della sicurezza, enigmatico e ambiguo quanto basta. Il film non si affida a effetti speciali o colpi di scena gratuiti, piuttosto la tensione nasce dalla scrittura di Peter A. Dowling e Billy Ray e dalla regia che sfrutta ogni centimetro dell’aereo come spazio narrativo.


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Oltre a voler essere un thriller è un’indagine sulla percezione, sul dolore, sulla forza di una madre che combatte contro l’invisibile. Schwentke gioca con la nostra fiducia: abbiamo visto la bambina? Siamo sicuri? E se anche noi, come Kyle, stessimo confondendo realtà e illusione? Il film non offre risposte facili, ma ci accompagna in un viaggio dove ogni dubbio è lecito e ogni certezza può essere ribaltata. E quando finalmente la verità emerge, il sollievo narrativo ci fa rilassare.


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Robert Schwentke punta tutto, o quasi, sul clima di sfiducia che si crea attorno al personaggio della Foster, la tipica persona che nessuno vorrebbe accanto a sé in una trasvolata oceanica, e ci riesce perfettamente almeno per un’ora. Evidente figlio diretto della psicosi degli attentati e dei dirottamenti targati “11 settembre”, poteva essere un film di vera alta tensione, ma, parafrasando appunto il volo degli aerei, si decolla meglio di quanto poi alla fine si atterri e una delle note positive è ovviamente la presenza vigorosa e nervosa della sempre brava Jodie Foster. Momenti buoni, diciamo, alla Hitchcock e momenti di sfasatura, ma in complesso un buon thriller con risvolti psicologici.

 


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michemar

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