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Exterritorial - Oltre il confine (2025)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 2 ott
  • Tempo di lettura: 5 min
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Exterritorial - Oltre il confine

(Exterritorial) Germania 2025 thriller 1h49’

 

Regia: Christian Zübert

Sceneggiatura: Christian Zübert

Fotografia: Matthias Pötsch

Montaggio: Ueli Christen

Musiche: Sara Barone

Scenografia: Heike Lange

Costumi: Anna Zeitlhuber

 

Jeanne Goursaud: Sara Wulf

Dougray Scott: Eric Kynch

Lera Abova: Irina / Kira Wolkowa

Kayode Akinyemi: sergente Donovan

Emanuel Fellmer: Moritz Aniol

Annabelle Mandeng: Deborah Allen

Godfrey Egbon: Evan

Rickson Guy da Silva: Joshua “Josh” Wulf

 

TRAMA: Quando suo figlio scompare durante una visita al consolato americano, l’ex agente delle forze speciali Sara Wulf fa di tutto per ritrovarlo, scoprendo così un oscuro complotto.

 

VOTO 6


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Sara Wulf (Jeanne Goursaud) è un’ex soldatessa delle forze speciali che ha prestato servizio in Afghanistan fino al 2017. È stata l’unica a sopravvivere in un’azione in cui sono stati uccisi otto soldati. Con suo figlio Josh, si reca al consolato degli Stati Uniti a Francoforte per un visto di lavoro. Durante l’attesa in coda allo sportello, lascia il figlio nella sala dei giochi ma quando ritorna è scomparso.


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Questa è la premessa e da qui si scatena una sequenza di eventi che la donna non pensava avrebbe mai affrontato, sia perché immaginava di poter iniziare una nuova vita in America, sia perché stava chiudendo la parte dolorosa della vita precedente. Nella maledetta azione di guerra aveva perso il marito ed era rimasta molto scioccata dall’infernale esperienza afghana, fino a dover sopportare un terribile disturbo da stress post-traumatico, tanto da dover assumere medicinali psicotici per stare meglio. Il futuro l’attendeva, o almeno era la speranza, pregustando il cambiamento per costruire una nuova vita serena col figlio negli USA.


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Ora invece è nelle ambasce: il piccolo Josh è sparito e nessuno lo ha visto, nessuno sa dare notizie, tutti si prestano, dal responsabile della sicurezza agli agenti americani, ma il bambino non risulta neanche dai filmati delle telecamere, sin dalla registrazione del visto. Le immagini dicono che era sola. Da qui una serie di eventi inspiegabili per lei, plausibili per tutti gli altri. Oltretutto, il consolato è extraterritoriale, è terra americana, perché nel diritto internazionale è al di fuori della giurisdizione delle autorità tedesche. Vano è l’aiuto del responsabile della sicurezza Eric Kynch (Dougray Scott) e del sergente Donovan (Kayode Akinyemi). Secondo questi, Joshua non risulta registrato per il visto e nei filmati delle telecamere di sorveglianza si vede solo Sara, senza il figlio.



Thriller ad alto tasso di azione frenetica, come la indomabile protagonista, per giunta svolto in un unico ma grande ambiente, il consolato, fatto di mille stanze, corridoi, sotterranei, stanze blindate, camere per gli ospiti, uffici, allarmi, sensori: un dedalo in cui succede di tutto. E ad operare in primo piano non è il solito maschio come, ad esempio, un padre o una figura paterna che va a caccia della figlia scomparsa, no, questa volta è una bella donna, bionda, apparentemente docile e premurosa verso il figlioletto, che invece si rivela una femmina tosta che, addestrata a suo tempo, combatte con chi la ostacola nell’affannosa ricerca con ogni mezzo e forma di lotta capace di uccidere.



La situazione appare allo spettatore in modo classico. La donna è sotto cura con psicotici, afferma ciò che nessuno può confermare, avrebbe quindi bisogno di uno psicologo che la convinca che ciò che crede sia avvenuto lì è solo frutto della sua fantasia, della sua mente sofferente. Noi spettatori siamo inizialmente indecisi su chi credere. Sarà come dice lei o come affermano con certezza e comprensione gli addetti alla sicurezza a cominciare dal loro capo Kynch? Ma si fa presto a intuire chi ha ragione e chi mente, perché troppe cose succedono a danno di Sara: la bloccano, la tengono come una prigioniera, non come una persona che ha bisogno di aiuto e tranquillità. Incrocia, nel suo vagare precipitoso nel grande edificio, sempre inseguita ferocemente, un’altra donna, che dice di chiamarsi Irina, un’altra che pare tenuta bloccata in una stanza per “ospiti”. E neanche lei pare racconti il giusto



Tra scontri fisici molto duri, minacce armate, trappole, menzogne, persone di cui è meglio non fidarsi, ricerca senza risultati, piccole prove che danno ragione a Sara, si sviluppa un film d’azione che non conosce sosta. Energumeni allenati, convinti di aver vita facile con lei, si susseguono e la donna riesce sempre a cavarsela. Chi credeva, come il sempre più inaffidabile Kynch, di risolvere facilmente la situazione si sbaglia di molto e fino a quando lei non deduce perché le hanno teso questa trappola, sin dal momento dell’assunzione al lavoro americano, non può intuire perché le sta accadendo la bruttissima esperienza, intrappolata nel consolato e destinata a soccombere. Ma chi le dà la caccia non sa della sua resistenza, della sua capacità di reazione e la sua forza a combattere nelle situazioni più precarie. Una belva che, a ragione, deve ritrovare il suo cucciolo e scampare ai pericoli che la minacciano. Essi sono sorpresi e spiazzati ma determinati, troppo determinati: cosa nascondono? Sara rappresenta la maternità che la rende un’eroina più feroce dei suoi avversari militari. E più che avversari, nemici veri e propri.



Come ogni buon thriller richiede, nel momento topico e più scoraggiante, la tenacissima protagonista trova la soluzione, furba, pericolosa per sé, ma decisiva e - sempre rispettando il cliché – quando pare soccombere, il guizzo, la tempra fisica allenata e collaudata, il colpo di scena. Non un twist ma un finale perfino prevedibile, come più o meno tutto il film. Che, come ideato dal regista e sceneggiatore tedesco Christian Zübert, si serve di ambienti ed espedienti studiati per agevolare lo sviluppo infernale e pieno di insidie: ed ecco allora un consolato enorme, troppo grande per le necessità prevedibili, con sotterranei degni di un castello fortificato, ma contaminato dalla presenza di un responsabile della sicurezza che ha molto da nascondere del suo passato, e soprattutto della gravità delle accuse che gli muove Sara una volta scoperta la vera attività svolta da questi durante la guerra in Afghanistan. Lei è l’unica al mondo che sa la verità su Kynch.



Una volta, comunque, accettate alcune delle discrepanze tra realtà e sceneggiatura e stando al gioco imposto dal film, il pubblico può credere alla premessa centrale e sperare che la ex soldatessa, ancora in grado di dire la sua sul piano fisico, se la cavi e dimostri di aver ragioni fondate sulla sua versione dei fatti. Accettando ciò, si riesce ad apprezzare la prova fisica di Jeanne Goursaud e la bravura esperta di un buon attore come Dougray Scott. L’attrice è la vera scoperta in campo internazionale del film, forse è nota in patria ma altrove non credo. Ha tutta la capacità d’azione, la grinta e l’abilità di eseguire acrobazie fisiche, creando solidi momenti per tenerti incollato al film, mettendo in mostra anche le sue abilità tecniche, non battendo ogni singolo avversario, ma mostrando, con i limiti di una donna, come riesce a ottenere il massimo in ogni combattimento. Potrebbe non essere sempre in grado di sopraffare il suo avversario a causa della differenza delle dimensioni, ma lo può combattere nel modo più intelligente possibile, sfruttando l’ambiente e la sorpresa a suo vantaggio.



Un Die Hard femminile. Perché, grosso modo, è un film in stile anni ‘90. Azione, ritmo, protagonista atletica e forte, che soffre mentalmente per la perdita del marito e per la ferocia della guerra. Film che in fin dei conti intrattiene con una buona dose di adrenalina. Non è originale, è come tanti altri, ha qualche buco di sceneggiatura, è un tipico prodotto da streaming. Sfiora la sufficienza e gliela diamo.

 


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Il Cinema secondo me,

michemar

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