I nostri fantasmi (2021)
- michemar

- 8 set 2021
- Tempo di lettura: 6 min
Aggiornamento: 15 lug

I nostri fantasmi
Italia 2021 dramma 1h30’
Regia: Alessandro Capitani
Sceneggiatura: Giuditta Avossa, Alessandro Capitani, Francesca Scialanca
Fotografia: Daniele Ciprì
Montaggio: Adriano Patruno
Musiche: Michele Braga
Scenografia: Ludovica Ferrario
Costumi: Nicoletta Taranta
Michele Riondino: Valerio
Hadas Yaron: Miryam
Paolo Pierobon: Cristian
Alessandro Haber: il colonnello
Orlando Forte: Carlo
TRAMA: Valerio e suo figlio vivono nel sottotetto della casa da cui sono stati sfrattati. Ogni volta che arrivano nuovi inquilini, li spingono alla fuga inscenando la presenza di fantasmi. Per un po' funziona, finché in casa non arrivano Miryam ed Emma.
Voto 6 -

Per paura che gli assistenti sociali gli portino via il piccolo Carlo, ma anche e soprattutto per avere un posto dove dormire, mangiare e farlo studiare, Valerio, vedovo e disoccupato, decide di nascondersi con il figlio nel sottotetto di un appartamento e vivere come abusivi e finti fantasmi terrorizzando le famiglie che si avvicendano una dopo l'altra nella casa sottostante. E ci riescono benissimo, dal momento che sono diverse le coppie che prima affittano e poi scappano inorridite dai rumori sinistri, le luci che sfarfallano, le porte che sbattono e via dicendo. Proprio come in un film horror, tanto che all’inizio ci si chiede a ragione se ci si è sbagliati nella scelta del genere. Invece così non è e, anzi, si scopre presto la realtà e tutto fila liscio fino a quando in casa non arrivano Miryam e la piccolissima Emma. La giovane donna, una israeliana che cerca lavoro, ha fretta di entrare ed è diversa dagli inquilini precedenti: un po' perché ha un deficit uditivo e quando è senza apparecchio i rumori sinistri che fanno i due le giungono ovattati come in un mondo sommerso; un po' perché quello che c'è fuori la spaventa molto di più di quelle presenze sfuggenti. La sua vita è anche più drammatica: lei scappa da un marito violento, fugge da una vita insopportabile, tanto che il danno irreversibile che ha ricevuto all’orecchio è dovuto alla rottura del timpano per un pugno ricevuto dal compagno. Dopo essersi accorta che nessuno le credeva e l’aiutava ad uscire dalla tragica situazione, l’unico modo per liberarsi è stata la fuga e la ricerca di un nuovo alloggio.

Quell’appartamento, di fonte al quale, sullo stesso pianerottolo vive da solo un colonnello dell’esercito in pensione che trascorre il tempo a spiare i vicini e telefonare alla polizia, diventa inevitabilmente il rifugio di entrambe le coppie: Valerio e Carlo nel sottotetto, Miryam e Emma di sotto. Ovviamente al primo errore di strategia i due abusivi vengono scoperti e dopo aver promesso di trovare una nuova sistemazione, la donna, capendo la scomoda condizione oggettiva dei due, li invita a restare dando ospitalità, anche e soprattutto quando lei subisce la prepotente intrusione del marito Cristian che la aggredisce, quasi strozzandola per costringerla a tornare da lui. L’intervento tempestivo di Valerio, che così si fa apertamente scoprire, porta alla luce la condizione in cui vivono i due ed il passato della donna. I quattro si uniscono e tutto fila liscio fin quando non succede quello che pare irreparabile, come è facile prevedere con un uomo così violento in giro e testardo nel riprendersi quello che lui ritiene “suo”.

È una triste condizione che purtroppo oggi sentiamo quasi quotidianamente, con disperate situazioni di donne continuamente malmenate da uomini violenti e irragionevoli, che promettono felicità e gentilezza ma puntualmente ricadono nel solito e gravissimo errore. E a soffrire restano solo e sempre le donne, indifese e spesso timorose di rivolgersi alle autorità – che, va ammesso, spesso sono impotenti o insufficienti – e di raccontare la loro vita precaria di donne maltrattate fisicamente e psicologicamente. Sull’altra trincea c’è un uomo ancora giovane che dopo la morte della moglie ha perso il lavoro ed è stato sfrattato e in ogni momento delle sue vuote giornate cerca sia un lavoro, uno qualsiasi, e un posto dove abitare col figlio che va a scuola e viene preso in giro perché ha le scarpe vecchie e perché non festeggia mai il compleanno con gli amichetti. Due semifamiglie in cerca di un futuro migliore, di una casa che faccia famiglia per intero: i due maschietti facevano i fantasmi per terrorizzare i nuovi arrivati, ma anche Miryam ed Emma sono due fantasmi per la società. I primi però vorrebbero apparire, essere, convivere con il resto dell’umanità circostante, mentre le seconde preferirebbero sparire, rendersi invisibili almeno agli occhi di quel lupo cattivo. Il fantasma di Miryam, quindi, esiste ed è in carne e ossa, quel Cristian che le usa violenza e che la vuole possedere come cosa propria. Quella convivenza porta inevitabilmente Valerio e Miryam ad avvicinarsi: lei è dolcissima e chiede alla vita solo pace e serenità per lei e la sua piccola, Valerio è un uomo generoso, pronto a dar una mano a chiunque, disponibile a qualsiasi impiego pur di dare un tetto al suo ragazzino di sette anni. Ma Cristian incombe, i fantasmi irrisolti del loro passato tornano a bussare prepotentemente alla loro porta.

Alessandro Capitani, dopo il simpatico In viaggio con Adele (recensione), altra storia di ragazza disadattata alla vita ma per ben altri motivi, centra nel suo terzo lungometraggio un paio di problemi di non facile trattazione: le violenze domestiche e l’assistenza sociale che in Italia non funziona a dovere e lascia per strada molte persone bisognose. In entrambi i casi ci sono istituzioni che fanno il possibile ma risulta evidente che non basta ed è per questo che le persone interessate diventano fantasmi: la maggior parte della gente non li vede perché non si accorge dell’urgenza dei problemi degli individui bisognosi, danno spesso fastidio agli occhi, rovinano l’estetica delle città. Sono un problema umano che, non risolto, diventa un problema sociale. Che fare in questi casi da parte dei diretti interessati? È per proteggere il figlio e non farlo soffrire per l’assenza prematura della madre che Valerio si inventa un gioco, quello di truccarsi da fantasmi e spaventare gli inquilini indesiderati per lasciare libero l’appartamento. Soffre anche lui, ovviamente, anche per inventarsi continuamente qualcosa e per trasformare ogni intoppo e ogni mancanza in una tappa di quella sorta di gioco di ruolo. Egli non riesce a volgersi indietro senza scorgere altro che vuoto e delusione. Impossibilitato a ricucire le ferite ancora aperte, decide di rifuggirle trasformando il presente in un travestimento con la speranza di proteggere suo figlio Carlo da quel mondo esterno che, invece di dargli protezione sociale, gli ha tolto la compagna, il lavoro e la casa.


A metà strada tra il dramma, evidente, e la commedia, negli attimi di gioco e di serenità quando i quattro si uniscono, il film ha un impianto serio e importante ma la sceneggiatura, scritta dal regista con Giuditta Avossa e Francesca Scialanca, ha dei punti deboli: più di una volta, le coincidenze necessarie allo sviluppo della trama vengono forzate, create appositamente affinché accada ciò che serve, come, per esempio, quando Miryam si avvicina alla finestra che si affaccia proprio dove sono Valerio e Carlo sotto la pioggia subito dopo che lei li ha mandati via dalla casa. E non è l’unico momento. Per non parlare del punto di partenza: come fanno a nascondersi un paio di persone nel sottotetto senza mai farsi scoprire? Solo in un fantasy. Una traiettoria, insomma, troppo semplicistica per portare i personaggi e le situazioni nei punti utili ai fini della narrazione. Personaggi, come il responsabile del personale del supermercato dove lavora la donna (ma non è vietato il product placement?) che fa due apparizioni veloci al fine di spiegarci brevemente le due novità positive nella vita di Miryam. Alla fine, tutto ciò fa risultare la pellicola un po’ debole, ma vanno apprezzati, in compenso, le buone prove dei due attori protagonisti. Michele Riondino è Valerio ed è come al solito affidabile sapendo creare un bel personaggio, sebbene poco attinente i ruoli che solitamente affronta. Miryam invece è interpretata dalla dolcissima Hadas Yaron, indimenticabile protagonista del bellissimo La sposa promessa (recensione). Da allora ha più volte lavorato in Italia (con Gianni Zanasi) che forse è diventata la sua seconda patria e ogni volta ha saputo dare l’impronta personale ai suoi personaggi con la sua delicatezza, come in questa occasione, sempre senza farsi doppiare.
Difficile poter dare la sufficienza piena al film, che resta comunque un buon contributo ai problemi che tratta.





Commenti