Il grande Lebowski (1998)
- michemar

- 23 gen 2020
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 7 giu

Il grande Lebowski (The Big Lebowski) USA, UK commedia 1h57'
Regia: Joel Coen Sceneggiatura: Joel & Ethan Coen Fotografia: Roger Deakins Montaggio: Roderick Jaynes (fratelli Coen), Tricia Cooke Musiche: Carter Burwell Scenografia: Rick Heinrichs Costumi: Mary Zophres
Jeff Bridges: Jeffrey Lebowski (Drugo) John Goodman: Walter Sobchak Steve Buscemi: Donny David Huddleston: Jeffrey Lebowski, il magnate Julianne Moore: Maude Lebowski John Turturro: Jesus Quintana Philip Seymour Hoffman: Brandt Peter Stormare:Uli kunkel,Nichilista n. 1 Ben Gazzara: Jackie Treehorn Tara Reid: Bunny Lebowski Sam Elliott: Lo Straniero
TRAMA: Due sicari irrompono nell'appartamento di Jeff Lebowski credendo di avere a che fare con l'omonimo e famoso miliardario, peccato che Dude, così lo chiamano gli amici, sia disoccupato, senza pensieri e totalmente immerso nel mito degli anni Settanta. Il primo errore che Dude commette è di andare a far visita al suo ricco omonimo nella speranza di ottenere la sostituzione del tappeto che i killer gli hanno macchiato.
Voto 9

Mi son sempre chiesto: come si può presentare questo film? Secondo me è un'opera che non ha bisogno di parole, nessuna recensione può limitarla in frasi e concetti: è Coen alla massima espressione, è il perfetto cinema surreale di due fratelli unici, è un super cult per eccellenza. È The Dude, il Drugo, e basta. Se Forrest Gump è raffigurabile con una piuma che svolazza leggera e candida come il personaggio, altrettanto succede con il Drugo il cui racconto inizia con un cespuglio secco del deserto americano che rotola nella strada polverosa, sballottolato così come il barbuto The Dude nella sua vita. Non vuol dare a fastidio a nessuno e altrettanto spera che gli altri facciano con lui. E invece succede di tutto anzi di più, e anche quanto di più strampalato possa succedere ad un individuo ordinario.

Un esempio lampante della originalità dell’idea di cinema dei terribili fratelli è proprio l’introduzione con la voce fuori campo del personaggio Lo straniero con la voce di Sam Elliott, che poi è quello che più o meno chiude il film, con il suo sguardo sorridente e placido. In pratica è il narratore. Il quale con lo stile recitativo e il tono baritonale della voce che lo ha sempre contraddistinto ci descrive che sorta di personaggio è il Drugo:
“Nel lontano ovest c’era un tipo. Un tipo di cui voglio raccontarvi. Il suo nome era Jeff Lebowski. O almeno era il nome che gli avevano dato gli amorevoli genitori. Ma lui non lo usava granché. Lebowski si faceva chiamare Drugo. Già, Drugo. Dalle mie parti nessuno si farebbe chiamare così. […] La storia che sto per raccontarvi è successa nei primi Anni ’90, nel periodo della guerra con Saddam e l’Iraq. Lo dico perché a volte si incontra un uomo… non direi un eroe. Perché, cos’è un eroe? A volte si incontra un uomo che è l’uomo giusto al momento giusto nel posto giusto. Là dove deve essere. E quello è Drugo a Los Angeles. E anche se quell'uomo è un pigro, e Drugo lo era di sicuro, forse addirittura il più pigro di tutta la contea di Los Angeles, il che lo mette in competizione per il titolo mondiale dei pigri... Ma a volte si incontra un uomo... Beh, ho perso il filo del discorso. Ma, al diavolo. È più che sufficiente come presentazione.”

Non è un eroe, al massimo vuol vincere una tranquilla partita di bowling, dove deve darsi da fare continuamente per trattenere il suo amico turbolento e instabile che di nome fa Walter, la cui forte rassomiglianza con John Milius è fin troppo sospetta (perfino l’identico gilet!). A proposito, Jeff Bridges per noi tutti, anche girando altri mille film, rimarrà per sempre il Drugo, e forse altrettanto si potrebbe dire di John Goodman, che un personaggio così non lo avrà mai più nella vita. Ma come si fa a dimenticare la scena della dispersione delle ceneri di Donny (altro ruolo particolare di un altro attore coeniano al cento per cento come Steve Buscemi)? Il fatto è che ogni personaggio è una icona, ogni attore potrà sempre dire: io c'ero (beato lui!) Perfino un ancora quasi (non del tutto) sconosciuto ma già straordinario Philip Seymour Hoffman. Ogni scena è diventata di culto, ogni frase è scritta nella storia. È un luogo mentale dove non esiste l’importo minimo da scrivere sugli assegni bancari, anche quello per una confezione di latte fresco, quell’indispensabile ingrediente per il mitico white russian, unitamente alla vodka e alla crema di caffè.

Ci sono tanti aspetti del film su cui si potrebbe scrivere un paragrafo per ognuno ma vorrei rivolgere l’attenzione su quello, chiamiamolo così, geometrico: la visione orizzontale, che si riaffaccia in più punti della trama. Orizzontale è il tappeto, il benedetto tappeto di casa del Drugo, strapazzato dagli emissari che disturbano la quiete del protagonista e che lui cerca di rimpiazzare con la visita in casa del magnate Jeffrey Lebowski. Orizzontale è la posizione della grande tela su cui volteggia, con un particolare meccanismo, la fantasiosa performer Maude di Julianne Moore, la quale in una memorabile sequenza spruzza pennellate di vernici con la tecnica del dripping, tecnica pittorica caratteristica dell'action painting americana, come una novella Pollock, ma in posizione orizzontale! Orizzontale è il panorama notturno della città su cui il Drugo vola inseguendo la figura di Maude dopo un solenne cazzotto, creando una situazione onirica dal forte sapore lisergico.


Curiosa è anche la parabola di gradimento del film all’uscita. La critica lo accolse tiepidamente e lo ritenne subito un film minore, dopo il grande successo di un altro cavallo di battaglia dei fratelli Coen, il bellissimo e originale Fargo (recensione) e dopo i titoli che avevano ricevuto premi come Barton Fink. Il successo non tardò ad arrivare, fino al punto da essere inserito nel glorioso National Film Registry della biblioteca del Congresso, ove vengono raccolte e adeguatamente conservate pellicole degne di questo riconoscimento. Ciò perché fu giudicato rientrante nel “patrimonio cinematografico americano”, in quanto ben rappresentante la american way of life e avendo saputo cogliere lo spirito del tempo, degli usi e i costumi della società americana. Una americanità, quella del film, che racchiude tante forme della mentalità statunitense, intrisa di pensiero liberal (ma fin quanto sincero dei due fratelli?) senza però eccedere, tanto che è successo che The Dude è amato da tutti, è un idolo generale, è il ragazzo simpatico, è il damerino dell’est. È colui il quale fa innamorare del bowling. Che si gioca su una pista orizzontale, s’intende.






Commenti