Il miglio verde (1999)
- michemar

- 4 giu 2023
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 10 set

Il miglio verde
(The Green Mile) USA 1999 dramma 3h9'
Regia: Frank Darabont
Soggetto: Stephen King
Sceneggiatura: Frank Darabont
Fotografia: David Tattersall
Montaggio: Richard Francis-Bruce
Musiche: Thomas Newman
Scenografia: Terence Marsh
Costumi: Karyn Wagner
Tom Hanks: Paul Edgecombe
Michael Clarke Duncan: John Coffey
David Morse: Brutus “Brutal”" Howell
Barry Pepper: Dean Stanton
Jeffrey DeMunn: Harry Terwilliger
Doug Hutchison: Percy Wetmore
James Cromwell: Hal Moores
Michael Jeter: Eduard Delacroix
Sam Rockwell: “Wild Bill” Wharton
Bonnie Hunt: Jan Edgecombe
Graham Greene: Arlen Bitterbuck
Patricia Clarkson: Melinda Moores
Harry Dean Stanton: Toot
Dabbs Greer: Paul Edgecombe anziano
TRAMA: Paul Edgecombe è stato il sovrintendente al braccio della morte nel carcere di Cold Mountain e ora, ormai anziano, racconta ad un'amica un incontro davvero speciale avvenuto nella Death Row (come chiamano gli americani l'ala del carcere dove sono rinchiusi i condannati a morte) nel 1935, all'arrivo del gigantesco prigioniero nero John Coffey, accusato di aver ucciso delle bambine.
Voto 8

Anche in un microcosmo, come il braccio della morte di un carcere il cui corridoio porta solo alla sedia elettrica, si può racchiudere l'eterna lotta tra il bene e il male, tra la Giustizia e l'ingiustizia che spesso si verifica nel mondo. Anche in un posto così piccolo accadono storie tra il normale e il sorprendente, anzi sovrannaturale di cui certe persone paiono dotate. E possono essere quelle che meno ti aspetti, già dipinte come mostri, che invece lo sono sì, ma per la loro bontà. Questa volta il racconto di Stephen King non dà adito al regista Frank Darabont di girare scene di horror, campo prediletto dello scrittore, piuttosto è appunto il sovrannaturale che domina l’atmosfera della storia. Al contrario, si può osservare come l’orrore mostrato sia piuttosto dovuto alla crudeltà della pena capitale, supplizio anche mentale che il condannato deve sopportare man mano che si avvicina il fatale momento della esecuzione e nel percorso di quel maledetto ultimo miglio.
È un’opera molto bella, commovente e in più ottimamente recitata, principalmente dai due attori che dominano le varie scene, a cominciare da quell’eterno buon ragazzo che è Tom Hanks e poi da quel gigante-nero-buono e compianto Michael Clarke Duncan. Due anime gentili attorniate da tanti cattivi: carcerieri e carcerati.
Il regista, reduce dal successo di un altro film del genere carcerario (Le ali della libertà), torna in quello stesso ambiente con la differenza che qui non ci sono persone in attesa della fine della pena per poter uscire, ma quel termine è rappresentato dalla pena capitale, per giunta tra le più atroci che siano mai state immaginate dell’uomo, la sedia elettrica, che quando viene mostrata senza mascherare la sua brutalità ogni spettatore rimane scosso. Perché un conto è parlarne e andare oltre, un conto è filmarne il funzionamento, con l’orrore dei casi in cui l’apparato bestiale non funziona perfettamente e, mentre il condannato soffre in maniera indicibile, il funzionario riprova l’atto, facendo rabbrividire sia i testimoni ammessi che gli spettatori. Occhio per occhio, dente per dente? Stephen King prima e Frank Darabont dopo pongono dei dubbi al proposito, dato che in ogni caso la Giustizia umana non può essere mai perfetta e il caso del gigante buono lo dimostra, insinuando prima dei dubbi e poi facendo ascoltare la più che probabile verità di come effettivamente si svolsero i fatti che fecero incriminare un pover’uomo già considerato uno scarto dalla società. Persona messa ai margini almeno per il motivo di essere di colore che cercava di aiutare delle bimbe e poi, mentre ne era rimasto inorridito, colpevolizzato di un reato insopportabile.

È un microcosmo, si diceva, caratterizzato da abitanti di ogni tipo, da quello dall’animo gentile al più sadico che non vedeva l’ora di partecipare ad una esecuzione, dal malato inguaribile (che però beneficia dei poteri del condannato) ai pregiudicati che stanno pagando caramente le loro malefatte. Un intero universo di persone comuni. Avrebbe potuto essere un film troppo lungo (e lo è) ma è tanta la compartecipazione alla storia e al dramma che lo spettatore non si accorge della durata, finendo la visione con l’inutile speranza che possa verificarsi ancora un miracolo e il buono venga graziato. A tal fine, sia il modo di porsi di Tom Hanks che di Michael Clarke Duncan diventano determinanti per umanizzare gli aspetti disumani della vicenda.
Un ottimo cast ben diretto da una regia che punta ad illustrare la natura e la contrapposizione del bene e del male, della morte e della dignità.
Riconoscimenti
2000 - Premio Oscar
Candidatura miglior film
Candidatura miglior attore non protagonista a Michael Clarke Duncan
Candidatura migliore sceneggiatura non originale
Candidatura miglior sonoro
2000 - Golden Globe
Candidatura miglior attore non protagonista a Michael Clarke Duncan

















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