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Joker (2019)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 8 ott 2019
  • Tempo di lettura: 7 min

Aggiornamento: 5 lug

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Joker

USA Canada 2019 dramma 2h2’


Regia: Todd Phillips

Sceneggiatura: Todd Phillips, Scott Silver

Fotografia: Lawrence Sher

Montaggio: Jeff Groth

Musiche: Hildur Guðnadóttir

Scenografia: Mark Friedberg, Laura Ballinger

Costumi: Mark Bridges


Joaquin Phoenix: Arthur Fleck / Joker

Robert De Niro: Murray Franklin

Zazie Beetz: Sophie Dumond

Frances Conroy: Penny Fleck

Brett Cullen: Thomas Wayne

Glenn Fleshler: Randall

Bill Camp: ispettore Garrity

Shea Whigham: ispettore Burke

Marc Maron: Gene Ufland

Douglas Hodge: Alfred Pennyworth


TRAMA: Joker è noto per essere uno dei nemici storici di Batman. Ma la storia del suo alter ego Arthur Fleck rivela come un uomo trascurato dalla società possa riversare tutta la sua grinta in qualcosa che sarà di futuro monito per tutto il mondo.


Voto 8


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Campo e controcampo. Tecnica usata spesso ma soprattutto con grande arte ed efficacia dai grandi registi, per esaltare i momenti salienti di dialoghi importanti tra due personaggi, meglio se proprio i protagonisti. Campo e controcampo. Facciamo finta adesso che tutti i film della serie di Batman siano stati i “campi”, dove l’eroe buono combatte contro il villain cattivo e sanguinario, l’angelo assoluto del Male chiamato Joker. Dove l’eroe (mai super, sempre umano) bello, ricco e potente (forse è Christian Bale il preferito?) che si scontra con un cattivissimo così accattivante nel suo male da rendersi perfino affascinante. Ecco, appunto, spostiamo la macchina da presa all’altro capo, facciamo un “controcampo” e inquadriamo il cattivo.


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Questo è successo quando Todd Phillips ha deciso di scrivere con Scott Silver una sceneggiatura tutta puntata su questo personaggio, prendendo però totalmente le distanze dal fumetto originale e confezionando una storia completamente a sé stante, tant’è che il personaggio ha come tutte le persone un nome e un cognome, Arthur Fleck. Un giovanotto dalla vita circolare e monotona, tutta casa e lavoro precario, che va e viene da quell’appartamento in cui vive con la mamma malandata, salendo e scendendo una lunga scalinata che tanto ricorda quella malefica dell’Esorcista. Lui è Arthur Fleck e basta, perché Joker arriverà solo in seguito, sarà solo un soprannome che gli affibbierà un intrattenitore televisivo di grande successo, tale Murray Flanklin, tipo “David Letterman Show”, un cinico showman che bada solo agli ascolti.


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Assolutamente quindi staccato dal fumetto e dal personaggio cattivo originario, Arthur Fleck vive in una società egoistica che trascura la gente povera, chi ha bisogno di essere ascoltato e confortato, che ha bisogno di assistenza ma che la collettività ignora e abbandona. La città di Gotham City è allo sfascio sociale, piena di disservizi, un luogo invivibile abitato da gente scontenta. La popolazione comincia a ribellarsi e non aspetta altro che un segnale o un capo per organizzarsi. In questo ambiente cresce Arthur, che in verità non sembra affatto un cattivo o pericoloso soggetto, e se poi si tiene conto del fatto che vive un grave disagio mentale, non è violento, al massimo incute timore con la sua risata isterica ma innocua, i nostri pregiudizi cominciano a vacillare. I pregiudizi che in questi anni ci siamo fatti sul conto del Joker vengono addirittura capovolti quando, per motivi di legittima difesa, nella peggiore metropolitana immaginabile lui uccide tre insopportabili yuppies violenti e aggressivi: lo spettatore (come la passeggera pesantemente infastidita dai tre) lo vede sul momento come un giustiziere, persino un difensore dei deboli. Possibile che dobbiamo cominciare addirittura a considerarlo un eroe? Non c’è da meravigliarsi se lo spettatore, allorquando comincia a capire bene la situazione di partenza, istintivamente cominci quasi a tifare per lui, per questo povero Arthur che nessuno, ma proprio nessuno, ha voluto o saputo aiutare. Anche a casa le cose non vanno tanto bene, dal momento che la madre ha una storia tanto difficile quanto dubbia alle spalle, che complica vieppiù la vita quotidiana e la psiche, già complicata di per sé, del giovanotto.


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A mescolare le carte, ad aggiungere mistero nella casa dove abita Arthur con la mamma dove risalta evidente l’assenza di un padre di cui non si parla mai, la trama inserisce l’enigma della sua nascita. Una ipotesi, scoperta da lui per caso, tanto sorprendente che mina ulteriormente la sua stabilità mentale e che lo spinge ad indagare meglio su chi sia veramente suo padre. Sarà l’inizio della fine, sarà la molla che lo spingerà a maggior ragione a farsi notare dallo showman, che per presentarlo lo battezzerà con un nome che richiama la passione di Arthur a raccontare barzellette: Joker! Ma a sorpresa da quel palcoscenico, il giovane approfitterà per lanciare un anatema contro la politica fino ad allora praticata con un monologo da predicatore rivoluzionario, diventando così l’emblema della riscossa sociale, il leader involontario e inconsapevole, nel contempo molto sorpreso e divertito, della ribellione violenta dei contestatori, i quali intanto colgono l’occasione di mascherarsi tutti come il loro sconosciuto condottiero spirituale: tutti clown, tutti mascherati con il sorriso sghignazzante all’insù! E mentre scopriamo durante la rivolta chi ha veramente ucciso i genitori di quel bambino chiamato Bruce Thomas Patrick Wayne che diventerà Batman, la sommossa infiamma tutta Gotham City e le migliaia di Jokers la mettono sottosopra. Arthur Fleck ha scoperto la sua vera missione nella vita, chi lo fermerà più? Che il regista Todd Phillips ci incoraggi ad apprezzare le buone e giuste intenzioni di Arthur/Joker lo dimostra appunto con quell’assolo: invece di esibire la sua scarsa collezione di barzellette, lui si esibisce in una esecrazione contro la cattiveria che serpeggia nella società moderna, egoista e affarista, che trascura i deboli e i bisognosi come lui. Un risvolto moralistico inaspettato che dà una luce diversa sul personaggio che il cinema, anche d’autore, ha sempre dipinto come il Male Assoluto. Il giovane malato mentale bisognoso di assistenza, di comprensione, rimasto inascoltato, bistrattato dal datore di lavoro e dai colleghi, su cui si scatenerà la sua rabbia di rivalsa, diventa il giustiziere per sé e per tutti quelli come lui. Di certo non è ciò che ci attendavamo da questo film. Non credo. Siamo sicuri che odieremo ancora il Joker dopo la visione di questo film? Non ne sono sicuro. Beh, senza trascurare ovviamente che quando si scatenerà l’istinto omicida lascerà una orribile scia di sangue, giusto per onorare il colore della giacca da spettacolo.


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“Mi ha sempre attratto la complessità di Joker” afferma il regista “e ho pensato che sarebbe stato interessante esplorarne le origini visto che nessuno lo aveva ancora fatto. Parte del suo mistero stava proprio nel non avere un’origine definita, quindi Scott Silver e io ci siamo seduti a scrivere una versione di come poteva essere prima che tutti lo conoscessimo. Abbiamo conservato certi elementi canonici e abbiamo ambientato la storia in una fatiscente Gotham City a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta, epoca a cui risalgono alcuni grandi studi di personalità del cinema che amo. L'abbiamo scritta pensando a Joaquin Phoenix perché quando recita è capace di trasformarsi e va sempre fino in fondo. Speriamo di aver creato un personaggio per il quale emozionarsi, per cui parteggiare, fino al punto in cui non sarà più possibile.”


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Se Robert De Niro tira fuori dal suo sempiterno cilindro magico un’altra caratterizzazione forte come suo costume, con il suo tipico ghigno inimitabile, Joaquin Phoenix è indefinibile. Se è stato superlativo in ogni occasione, stavolta sembra che abbia atteso per tutti i suoi 44 anni questo ruolo nato solo per lui: irrefrenabile, vulcanico, comico e drammatico, imprevedibile, colorato (la sua giacca rossa ce la ricorderemo), travolgente. Davvero formidabile. Ci vorrà un grandissimo attore nel ruolo giusto per strappargli l’Oscar. Che gli sceneggiatori abbiano scritto pensando a lui è evidente e superfluo annotarlo. Lui, tra l’altro, è in scena per tutta la durata, non è in vista solo durante i titoli di testa e di coda. Joker? È un termine che durante il film si dimentica, perché non si ascolta mai: la prima volta che viene pronunciata questa parola trascorrono circa 100’, quando cioè Arthur diventa per sempre Joker, colui al quale la mamma – come continua a ripetersi a mo’ di incoraggiamento - ha affidato il compito di sorridere, sempre, e far (sor)ridere tutti gli altri.


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Thriller? Crime (come vengono chiamati in lingua anglosassone)? No, è un vero e proprio film drammatico: la vita di Arthur è drammatica sin dalla nascita e prosegue in questa maniera senza pause. Todd Phillips architetta quindi un buonissimo film, ben orchestrato tra una fotografia cupa (è il destino di Gotham City) e un bellissimo commento musicale degno di un film di tensione, contrastato da inserti di brani gioiosi (a cominciare dai balletti di Fred Astaire fino a quelli di Charlie Caplin, e per finire malinconicamente con That’s Life di Sinistra, inno alla triste vita di Arthur) e (summa) la bellissima versione della chapliniana Smile cantata come solo Jimmy Durante sapeva fare, a scatti. Il cupo tono coloratissimo che domina l’intero film si tramuta solo nel finale emblematico in un bianco luminosissimo e latteo, dove le orme rosso-sangue lasciate sul bianco pavimento non lasciano dubbi. Proprio tutto bene? Film perfetto? Beh, a dirla tutta la regia non ha grandissimi meriti, non influisce molto dal momento che tutto il film è sulle spalle del super-estroso attore protagonista e Todd Phillips – finora autore di film di mediocre qualità, più che altro blockbusters - doveva solo saperlo mettere al centro dello schermo, al film ci ha pensato Joaquin, assoluto mattatore, come un Re del Mondo (il riferimento allo scorsesiano Re per una notte non è assolutamente casuale, impossibile non andarci con la mente).


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"Pensavo che la mia vita fosse una tragedia, ma ora mi rendo conto che è una commedia..."


E ricordate che… una risata ci seppellirà!

Smile! That’s Life!


Riconoscimenti

2020 - Premi Oscar

Miglior attore a Joaquin Phoenix

Migliore colonna sonora

Candidatura per il miglior film

Candidatura per il miglior regista

Candidatura per la migliore sceneggiatura non originale

Candidatura per la migliore fotografia

Candidatura per il miglior montaggio

Candidatura per il miglior sonoro

Candidatura per il miglior montaggio sonoro

Candidatura per i migliori costumi

Candidatura per il miglior trucco e acconciatura

2020 - Golden Globe

Miglior attore in un film drammatico a Joaquin Phoenix

Miglior colonna sonora originale

Candidatura per il miglior film drammatico

Candidatura per il miglior regista

2020 - Premi BAFTA

Miglior attore protagonista a Joaquin Phoenix

Migliore colonna sonora

Miglior casting

Candidatura per il miglior film

Candidatura per il miglior regista

Candidatura per la migliore sceneggiatura non originale

Candidatura per la migliore fotografia

Candidatura per il migliore montaggio

Candidatura per la migliore scenografia

Candidatura per il miglior trucco e acconciatura

Candidatura per il miglior sonoro



 
 
 

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