L'altro volto della speranza (2017)
- michemar

- 17 feb 2019
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 8 ago

L'altro volto della speranza
(Toivon tuolla puolen) Finlandia/Germania 2017 commedia drammatica 1h40’
Regia: Aki Kaurismäki
Sceneggiatura: Aki Kaurismäki
Fotografia: Timo Salminen
Montaggio: Samu Heikkilä
Scenografia: Markku Pätilä
Costumi: Tiina Kaukanen
Sherwan Haji: Khaled Ali
Sakari Kuosmanen: Waldemar Wilkström
Ilkka Koivula: Calamnius
Janne Hyytiäinen: Nyrhinen
Nuppu Koivu: Mirja
Tommi Korpela: Melartin
Simon Hussein Al-Bazoon: Mazdak
Niroz Haji: Miriam
Kaija Pakarinen: Ehefrau
TRAMA: A Helsinki si incrociano i destini del cinquantenne Wikhström, che ha deciso di cambiare vita lasciando la moglie e il lavoro di venditore per aprire un ristorante, e del giovane rifugiato siriano Khaled. Bloccato per caso nella capitale finlandese, Khaled ha visto respinta la sua domanda di asilo ma ha deciso comunque di rimanere. Una sera, Wikhström lo trova nel cortile del suo ristorante e, toccato dalla sua storia, decide di prenderlo sotto la sua ala protettiva.
Voto 7

È inutile girarci intorno: c’è chi di noi è propenso ad aiutare i profughi (prima o poi lo siamo un po’ tutti nella Storia dell’uomo, prima o poi nei secoli capita a tutti i popoli) e chi invece ha paura dell’uomo nero, e non parlo del colore della pelle. Poi c’è chi nell’Arte – cinema o altro che sia – racconta questa fobia in maniera drammatica e chi come Aki Kaurismäki che preferisce la strada della comicità involontaria per descrivere lo stesso dramma. Nel film precedente ci aveva lasciato con il ragazzetto nero di pelle che prendeva il largo su un mercantile (Miracolo a Le Havre) e ritorna ancora in un porto dove invece arriva un siriano, Khaled Ali, nascosto sotto uno strato di nero carbone, che cerca e trova un lavoro in nero. Tutto nero: di pelle chi era partito, diventato chi è arrivato, e anche il lavoro. Tutto in nero. Ma a Helsinki, come al sud del mondo, le cose vanno sempre nella stessa maniera, per cui anche se il siriano si lava, si pettina e si profuma e si presenta alla polizia per chiedere asilo politico e umanitario non solo glielo rifiutano ma lo mettono anche in prigione. Povero illuso!

Coprotagonista è Wilkström, un commesso viaggiatore che ha deciso di lasciare la moglie e di rilevare un ristorante con i soldi di una vincita: i due si incontrano e si aiutano a vicenda, salvandosi eccezionalmente in una società in cui l’intolleranza e la discriminazione sopravvivono indisturbate. La trama è drammatica? E Kaurismäki la mette su un piano ribaltato e ne fa un racconto tra il comico e la rarefazione assurda, seguendo – come ha sempre preferito – il modo di raccontare storie piene di humour come con Charlie Chaplin e Buster Keaton, e sempre con la sua fotografia dai colori accesi (sempre di Timo Salminen) e le spesso mute espressioni dei suoi tanti anti-eroi: come cantava De André, da cosa può nascere un fiore? Così dalla cattiveria possono venir fuori buoni sentimenti. Candore e semplicità contro cinismo burocratico: scappi dalla guerra? Non ci posso far nulla, le leggi me lo vietano! Basta sentire, in un primo piano di Khaled speranzoso, la cronaca di guerra da cui è scappato: “Non so chi sia ad aver lanciato il missile: truppe governative, ribelli, Usa, Russia, Hezbollah o ISIS”.

Il regista
Perché, come dice il regista finlandese, un maestro che dovremmo guardare e sentire di più: “Perché il senso della vita è costruirsi una morale personale che rispetti l’uomo e la natura. E metterla in pratica”. Anche col cinema, appunto.
Orso d’Argento al Berlino 2017 per la regia e premi in tutto il mondo.





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