Mal di pietre (2016)
- michemar

- 3 mar 2023
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 8 ago

Mal di pietre
(Mal de pierres) Francia, Belgio, Canada, Spagna 2016 dramma 2h
Regia: Nicole Garcia
Soggetto: Milena Agus (romanzo)
Sceneggiatura: Nicole Garcia, Jacques Fieschi, Natalie Carter
Fotografia: Christophe Beaucarne
Montaggio: Simon Jacquet
Musiche: Daniel Pemberton
Scenografia: Arnaud de Moleron
Costumi: Catherine Leterrier
Marion Cotillard: Gabrielle Rabascal
Louis Garrel: André Sauvage
Àlex Brendemühl: José Rabascal
Brigitte Roüan: Adèle
Victoire Du Bois: Jeannine
Aloïse Sauvage: Agostine
Daniel Para: Martin
Jihwan Kim: Blaise
TRAMA: Nella Francia del 1950, Gabrielle è una donna appassionata e dallo spirito libero, che vive un matrimonio senza amore e si innamora di un altro uomo quando viene inviata sulle Alpi per curare i suoi calcoli renali.
Voto 6

Nella Provenza degli anni '50, Gabrielle (Marion Cotillard) è annoiata e sogna il grande amore della vita nella piccola fattoria dei suoi genitori. Si dice che sia pazza a causa della sua natura eccessiva e dei suoi atteggiamenti provocatori. Ma è da comprendere: Gabrielle è cresciuta in un ambiente che non la soddisfa, un mondo rurale piccolo-borghese, dove i suoi sogni di passione appaiono a tutti scandalosi. In un momento in cui le donne sono destinate al matrimonio, lei disturba il pensiero comune ed è considerata quasi una malata di mente. Bisogna considerare i tempi, quando quegli anni non erano certamente i migliori per le donne anche in occidente. La rivoluzione sessuale era lontana decenni e una donna che sfidava la normalità sociale era rapidamente esclusa.

Attraverso questo studio del personaggio, che ricorda l'immortale Madame Bovary di Flaubert, la vediamo crescere dall'adolescenza alla maturità, alla ricerca di emozioni che la portino fuori dalla vita di tutti i giorni e le permettano di vivere la vita come la concepisce in libertà. Un parallelo lo potremmo trovare oltre, visto che, dato il carattere focoso e ribelle della ragazza, viene anche il dubbio che non siano solo problemi fisici che la affliggono (come si vedrà in seguito) ma anche quelli del desiderio sessuale, troppo ardente per una comunità puritana come quella in cui vive.

Sconvolta da tutto ciò, sua madre Adèle, (Brigitte Roüan) convince José (Àlex Brendemühl), uno dei lavoratori stagionali spagnoli, a proporle di sposarlo. Sensibile alla bellezza della ragazza, accetta, anche se lei lo avverte che non lo amerà mai. Gabrielle soffre anche di “malattia della pietra”, in altre parole di calcoli renali, che potrebbero impedirle di diventare madre e per curarla, José la porta in un sanatorio in Svizzera. Ecco la svolta: lì si innamorerà perdutamente di André, un bel soldato di ritorno dall'Indocina (Louis Garrel), gravemente malato, che le offrirà l’occasione per conoscere la pienezza di un eros soltanto immaginato. E quindi il melodramma.

Dal suo primo lungometraggio, la carriera di Nicole Garcia come regista è stata un po' irregolare. Specialista di drammi passionali e romantici, la sua sensibilità si rivela spesso adatta ed efficace per i temi che ama trattare, così come la sua maestria nel dirigere gli attori. Questa occasione la porta a trasportare, piuttosto liberamente, il bel romanzo omonimo a firma dell'italiana Milena Agus, facendolo diventare un film febbrile, sensuale e intenso, come la sua eroina incarnata da Marion Cotillard. L'attrice è impressionante in questo ruolo di donna appassionata, euforica, frustrata da una vita dettata dalle convenzioni e intrappolata in un matrimonio senza amore. Ma questo sorprende poco, visto l’ardore con cui l’attrice francese si getta normalmente nei suoi personaggi, trasmettendo con forza i sentimenti che deve esprimere. Totalmente abitata dal suo personaggio feroce, che sembra ribollire dentro come un animale in gabbia, si getta a capofitto in ogni scena.

C'è qualcosa di palpitante in questo melodramma amaro e incandescente (la foto di Christophe Beaucarne è magnifica), segnato dai cieli, dai paesaggi e dai minerali della Provenza e della Svizzera. E quando, diciamo pure inaspettatamente, il lato fantastico/sentimentale si affaccia nel dramma, aspetto che arriva quasi all’improvviso, facendo confondere lo spettatore sul confine tra reale e immaginario, immaginiamo che è una decisione che la regista adotta per evidenziare meglio il potere della fantasia della donna. Non si deve pensare, però, ad un film memorabile, perché lo schema illustrato indica un cliché viste tante volte, dai tempi del fotoromanzo a quelli moderni: l’amour fou. Non riesco a notare molta originalità e secondo il mio giudizio resta un film senz’altro sufficiente ma nulla di più, macchiato anche dal peccato di nobilitare troppo una storia che non è solo sentimentale ma anche sensuale (erotica? forse).

Scontato che vedere recitare Marion Cotillard è sempre un piacere per la passionalità innata che la sostiene in ogni ruolo, non solo romantico (come dimenticare la sua straordinaria partecipazione in Due giorni, una notte dei fratelli Dardenne? O l’Oscar vinto con La Vie en rose?), buonissima come di consueto la performance di Louis Garrel, incarnazione della figura romantica come gli capita spesso e sorprende anche positivamente l'attore ispanico Àlex Brendemühl, commovente come marito, che diventa martire consenziente, silenzioso e appassionatamente innamorato della moglie.






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