Misery non deve morire (1990)
- michemar

- 3 mar 2022
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 8 ott

Misery non deve morire
(Misery) USA 1990 thriller 1h47’
Regia: Rob Reiner
Soggetto: Stephen King (romanzo)
Sceneggiatura: William Goldman
Fotografia: Barry Sonnenfeld
Montaggio: Robert Leighton
Musiche: Marc Shaiman
Scenografia: Norman Garwood
Costumi: Gloria Gresham
James Caan: Paul Sheldon
Kathy Bates: Annie Wilkes
Richard Farnsworth: sceriffo Buster McCain
Frances Sternhagen: Virginia McCain
Lauren Bacall: Marcia Sindell
Graham Jarvis: Libby
Jerry Potter: Pete
TRAMA: Un famoso scrittore di romanzi viene tratto in salvo da un'ex-infermiera, sua fanatica ammiratrice, dopo essere rimasto vittima di un incidente stradale. Ma presto le cure che riceve si trasformano in un incubo.
Voto 8

“Tu, brutto bastardo. Come hai potuto? Lei non può morire. Misery Chastain non può morire!”
Se normalmente lo spettatore, sebbene a volte maleficamente attratto dal personaggio che rappresenta il cattivo, spera che il villain alla fine del film perisca con tutto il suo male, in questo film la Annie Wilkes della straordinaria Cathy Bates diventa insopportabile sin dai primi minuti, il tempo necessario per capire che questa donna è davvero un pericolo per chi ci passa vicino. Il sospetto che questa infermiera (il che è già una anomalia) abbia problemi mentali lo si intuisce ben presto, perché quando lo scrittore di best-seller Paul Sheldon sta tornando a casa dal suo rifugio in Colorado dopo aver completato il suo ultimo libro, perde il controllo dell’auto ed esce fuori strada durante una furiosa bufera di neve, restando gravemente ferito, Annie lo salva e invece di portarlo in ospedale, lei che è a suo dire la sua fan numero uno, lo trasporta nella sua remota casa in montagna, senza preoccuparsi di dirlo a nessuno. E questo è già un segnale che destabilizza e insospettisce. La situazione si complica allorquando la donna scopre che nell’ultimo dattiloscritto che il romanziere ha con sé, la protagonista del libro, Misery, la sua eroina, muore ed ha una reazione che scatena la sua mente malata una: non glielo perdonerà mai. La complicazione diventa precipizio.

Tra soggetti romantici (impareggiabile il suo Harry ti presento Sally), commedie piacevoli, drammi giudiziari, storie di formazione (indimenticabile Stand by Me - Ricordo di un'estate), quindi spesso ispirato dallo scrittore più portato sugli schermi (Stephen King, proprio come questa volta), Rob Reiner affronta un racconto che è un pesante thriller, quasi un horror, che tiene pietrificato lo spettatore sin dalle prime sequenze senza mai mollare la tensione terrorizzante. Atmosfera creata a causa di una donna che nessuno vorrebbe mai frequentare, ma neanche incontrare. Merito del libro e della mente creativa di un grandissimo scrittore ma anche della abilità del regista è quello di creare una sorta di incrocio tra una commedia romantica e un thriller che mette ansia. Sembrerebbe strana una dinamica del genere se non fosse per il fatto che, se si focalizza bene quello che le passa per la testa, in fondo Annie Wilkes è davvero innamorata dell’uomo che tiene prigioniero: il problema è che è un amore più che esigente. Non si accontenta di averlo, ma pretende che scriva come fa piacere solo a lei. Altrimenti…

Il crescendo appassionante (si può dirlo?) è poi dovuto alla reazione che Paul Sheldon riesce ad avere una volta che può permettersi qualche movimento nella stanza dove è tenuto prigioniero: la sua non è una resistenza passiva ma è solo apparentemente arrendevole e non manca di iniziative che però non fanno altro che scatenare ancor più le azioni repressive dell’infermiera. Diventa allora una partita tattica tra le violenze dell’una e gli espedienti dell’altro che cerca di liberarsi nonostante le condizioni fisiche non gli permettano più di tanto. Lo spettatore capisce che le vie d’uscita si esauriscono quando soccombe anche lo sceriffo Buster McCain. Era l’ultima occasione per dare speranze al prigioniero ed invece la donna non esita neanche un istante davanti al pericolo di essere scoperta. Il suo martello è come la motosega di Tobe Hoper: a quella porta lo sceriffo non doveva bussare. E quando lo vediamo usare sulle caviglie di Sheldon lo spettatore lo sente sulle proprie, avverte lo stesso dolore. “Shhh, tesoro, fidati di me. È per il tuo bene. Ho quasi fatto. Ne manca uno solo. Quanto ti amo.” Non è amore? Si sa, spesso l’amore fa male.

Rob Reiner ha un sorriso simpatico e tante volte ci ha fatto divertire e resta forse il migliore adattatore di King, in quanto ha un’abilità non comune nel trasportare in immagini le sue pagine, lavoro che sa fare con molto mestiere, senza scostarsi troppo come invece hanno sempre voglia di fare i cosiddetti “autori”. Anzi, la critica lo ha sempre elogiato per come è riuscito negli anni a non scontentare mai nessuno, né gli appassionati dello scrittore né i cinefili. Un film anche e per buona parte claustrofobico, con i due asserragliati in una casa da dove è impossibile uscire, sebbene fuori ci sia tanto spazio e tanto candore dovuto alla neve e al ghiaccio del Colorado (in verità è stato girato nel Nevada). Il regista è quindi abilissimo e molto si deve a lui per la riuscita del film, ma non è l’unico eroe dell’opera.

Kathy Bates, dopo una lunga carriera nelle serie TV degli anni ’80, si stava ritagliando una carriera nel cinema e questa occasione non la sbagliò. Il film fu per lei un’affermazione clamorosa e dopo cinque anni Taylor Hackford gli fornì l’assist per una grande interpretazione che la consacrò definitivamente: L’ultima eclissi. Strepitosa in un ruolo antitetico a questo. Qui significò per lei Oscar e Golden Globe. Di fronte a lei un altro interprete all’altezza, James Caan. Che doveva essere, immagino, il pezzo forte del film, ma forse non si tenne conto della potenza recitativa della partner. Lui veniva da grandi successi personali e da personaggi dal forte impatto: il Sonny Corleone di Coppola, il Frank di Strade violente di Michael Mann, e poi decine e decine di ruoli in opere importanti. Lui era già importante. Eppure, questa fu l’ultima sua grande occasione, perché i tanti personaggi che sono seguiti non sono mai stati all’altezza di questo. Bravissimi entrambi, quasi soli per tutta la durata del film, a prescindere da una luminosa apparizione di Lauren Bacall e da un adatto Richard Farnsworth.


Una menzione necessaria anche per lo sceneggiatore William Goldman, firma di tantissimi film di gran successo. Tanto che: “Andrà tutto bene. Penserò io a curarti. Io sono la tua ammiratrice numero uno.”
Riconoscimenti
1991 - Premio Oscar
Miglior attrice a Kathy Bates
1991 - Golden Globe
Miglior attrice in un film drammatico a Kathy Bates





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