Nosferatu - Il principe della notte (1979)
- michemar

- 26 ago
- Tempo di lettura: 3 min

Nosferatu - Il principe della notte
(Nosferatu - Phantom der Nacht) Germania, Francia 1979 horror 1h47’
Regia: Werner Herzog
Soggetto: Bram Stoker
Sceneggiatura: Werner Herzog
Fotografia: Jörg Schmidt-Reitwein
Montaggio: Beate Mainka-Jellinghaus
Musiche: Popol Vuh, Florian Fricke
Scenografia: Henning Von Gierke
Costumi: Gisela Storch
Klaus Kinski: conte Dracula
Isabelle Adjani: Lucy Harker
Bruno Ganz: Jonathan Harker
Roland Topor: Renfield
Walter Ladengast: dr. Van Helsing
Carsten Bodinus: Schrader
Martje Grohmann: Mina
Jacques Dufilho: il capitano
TRAMA: Jonathan Harker, incaricato di trattare l’acquisto di una vecchia casa di Wismar, lascia l’Olanda e raggiunge la Transilvania. Solo la moglie Lucy, che di notte ha sinistri incubi, si dimostra contraria alla sua partenza. Arrivato sul posto, Jonathan viene sconsigliato dal proseguire dagli zingari accampati nelle vicinanze del castello, ma nulla riesce a vincere la sua testardaggine. Capirà presto cosa minaccia la regione.
VOTO 7,5

Nel vasto universo delle trasposizioni cinematografiche di Dracula, il film di Werner Herzog del 1979 si impone come un’opera unica e tutt’oggi molto apprezzata: non solo un omaggio al capolavoro muto di F.W. Murnau, ma una reinvenzione profonda e malinconica del mito del vampiro. Il mito di questo mostro non muore mai ed anche nel 2024 ne è uscita ancora una versione (col semplice nome di Nosferatu), quella dell’emergente Robert Eggers. Ma in un’epoca in cui il genere horror tendeva al sensazionalismo, Herzog scelse la via opposta: quella della lentezza, della contemplazione, dell’inquietudine che si insinua lentamente sotto la pelle.
Klaus Kinski, attore tanto geniale quanto imprevedibile che ha dato più di un grattacapo ai vari registi con cui ha lavorato, ma soprattutto a Herzog - sono leggendari e fanno parte di un rapporto di odio-amore basato su una reciproca provocazione, culminata in minacce di morte e atti di estrema violenza, come il tentativo di Herzog di dare fuoco alla casa di Kinski, che tuttavia hanno generato opere cinematografiche uniche come Aguirre, furore di Dio e Fitzcarraldo - dà vita a un Dracula lontano dagli stereotipi. Niente charme aristocratico, niente romanticismo gotico: il suo conte è una creatura deformata, condannata a un’esistenza di solitudine e desiderio inappagato. Leggo (non avendo mai visto l’originale) che visivamente ispirandosi al Max Schreck del primo Nosferatu, il Conte Orlok, Kinski riesce a trasmettere una gamma emotiva sorprendente: il suo vampiro non incute solo paura, ma anche compassione.
Lucy Harker, interpretata da una magnetica Isabelle Adjani, è il contraltare perfetto alla figura del conte. La sua bellezza eterea e la sua determinazione la rendono l’eroina tragica del film. Vanamente è stata imitata da Lily-Rose Depp nel remake citato. Il sacrificio finale, in cui cede se stessa per distruggere Dracula, è carico di simbolismo: l’amore come arma, la purezza come condanna. Herzog gioca con il sottotesto erotico e spirituale, suggerendo che l’abbraccio del vampiro è al tempo stesso desiderio e morte.
Bruno Ganz, nei panni di Jonathan Harker, incarna la fragilità dell’uomo comune di fronte all’ignoto. Il suo viaggio nei Carpazi, la prigionia nel castello, la febbre che lo consuma: tutto contribuisce a una trasformazione inquietante, che culmina in un finale sorprendente e ambiguo. Herzog non cerca la redenzione, ma la metamorfosi. E si tenga presente che Nicholas Hoult non è paragonabile a Ganz.
Uno degli elementi più disturbanti del film è l’associazione tra Dracula e la Peste Nera. L’arrivo del conte a Wismar porta con sé un esercito di ratti (veri, e ben 11.000!), che invadono la città e diffondono la morte. Le immagini di bare che sfilano per le strade, di festini macabri tra moribondi, sono tra le più potenti mai viste in un horror. Herzog non cerca il cosiddetto jump scare come si usa oggi, ma costruisce un’atmosfera opprimente e visivamente ipnotica.
Nosferatu il vampiro rifiuta la frenesia tipica del cinema di genere. Il ritmo è lento, quasi rituale. Le sequenze si dilatano, la musica avvolge, le immagini parlano. Herzog ci invita a guardare, a sentire, a lasciarci trasportare in un mondo dove il terrore è silenzioso e la bellezza è inquietante. È molto più di un film horror: è una riflessione sulla condizione umana, sulla solitudine, sul desiderio e sulla morte. Herzog e Kinski ci regalano un Dracula che non si dimentica: non perché fa paura (anche in verità), ma perché ci somiglia. È un mostro che soffre, ama e muore. Come tutti noi.
In conclusione, tengo a precisare che questo film non ha nulla a che fare col remake che è meno bello: il presente non ha quell’atmosfera così cupa e buia con una fotografia carica di colore, inquadrature troppo finalizzate allo spettacolo, con un eccesso di ricerca stilistica. Qui, quel gran regista che è Herzog preferisce un colore più naturale e un’aria dominante che non cerca l’effetto ma la narrazione appassionante. Poi, i tre attori completano l’opera tramite una eccellente interpretazione.
Caposaldo del genere e del romanzo. Disturbante a volte ma decisamente riuscito.
Film completo in lingua originale
Trailer originale




























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