Rapsodia in agosto (1991)
- michemar

- 11 ago
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Rapsodia in agosto
(八月の狂詩曲?, Hachigatsu no kyōshikyoku) Giappone 1991 dramma 1h38’
Regia: Akira Kurosawa
Soggetto: Kiyoko Murata (romanzo ‘Nabe no Naka’)
Sceneggiatura: Akira Kurosawa, Ishirô Honda (non accreditato)
Fotografia: Takao Saitô, Shôji Ueda
Montaggio: Akira Kurosawa
Musiche: Shin’ichirō Ikebe
Scenografia: Yoshirō Muraki
Costumi: Kazuko Kurosawa
Sachiko Murase: Kane
Hisashi Igawa: Tadao
Narumi Kayashima: Machiko
Tomoko Otakara: Tami
Mitsunori Isaki: Shinjiro
Toshie Negishi: Yoshie
Hidetaka Yoshioka: Tateo
Choichiro Kawarazaki: Noboru
Mieko Suzuki: Minako
Richard Gere: Clark
TRAMA: La storia di Kane, una donna anziana che vive in Giappone, e il suo rapporto con i quattro nipoti nell’estate del 1990, portando alla luce ricordi dolorosi legati al bombardamento atomico di Nagasaki.
VOTO 7,5

I grandi eventi storici si commemorano con solennità oppure con piccoli racconti per esprimere i sentimenti che provocano sulla popolazione o nel privato. Alla stessa stregua, Akira Kurosawa ha raccontato la Storia del suo Paese con colossal di grande impatto visivo e con minimali racconti come l’indimenticabile Dersu Uzala - Il piccolo uomo delle grandi pianure e come in questo meraviglioso caso: la storia di una famiglia che qui vediamo rappresentata da tre generazioni. La vecchia vedova Kane (che meraviglia Sachiko Murase!), una hibakusha, cioè una sopravvissuta alla bomba atomica lanciata dagli americani il 9 agosto del 1945, in cui morì suo marito maestro nella scuola dove insegnava, i suoi quattro nipotini adolescenti Tadao, Machiko, Tami e Shinjiro, e le due coppie di genitori che le hanno lasciato i figli per recarsi negli USA, alle Hawaii, dove vive da tempo il fratello della donna Suzushiro, ormai un anziano morente.

Ai quattro, la nonna, con piccoli accenni dolorosi, narra di quell’immane tragedia accaduta 35 anni prima e di quanto avesse segnato la sua vita – con la perdita del marito – e quella di tutti gli abitanti della città. Ora, sparsi qui e là, ci sono ancora i segni degli effetti della bomba affinché non si dimentichi la gravità e la brutalità delle guerre, a futura memoria. In particolare il resto di quella scuola rappresentato da sbarre contorte di ferro, unica testimonianza della sciagurata incursione aerea del ‘45. I bimbi trascorrono quella parte di estate e di vacanza con l’affettuosa nonna, ubbidienti e gentili, dandole una mano anche a cucinare e a passare nella quiete della campagna i giorni in attesa che i genitori tornino dal viaggio.

Come molti altri bambini della loro età, i quattro ragazzi non sanno quasi niente dei bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki e cosa abbiano significato per la comunità giapponese, e in particolare per chi, come la loro nonna, li ha vissuti in prima persona. Dopo aver meglio compreso i sentimenti di Kane, e desiderando di esaudire l’ultimo desiderio dello zio morente di rivedere per un’ultima volta la propria sorella, Tadao e gli altri iniziano una corrispondenza con i propri parenti d’America, e in particolare con il loro nuovo cugino Clark. Lentamente, i ragazzi riescono a rompere il muro dei ricordi offuscati dalla vecchiaia di Kane e, prima che i propri genitori ritornino a casa, a convincerla faticosamente, in quanto restia a viaggiare così lontano, a recarsi nella Hawaii anche lei per vedere un’ultima volta il proprio fratello. Progetto che purtroppo non si realizza a causa della morte improvvisa di Suzushiro.

Nella corrispondenza, Tadao scrive pure della bomba come ha sentito dalla nonna e degli effetti che ha avuto sulla loro famiglia, provocando la rabbia dei genitori, una volta tornati, che pensavano che in quella maniera i parenti americani, in primo luogo Clark, si sarebbero offesi. Ed invece all’improvviso arriva quel giovane (Richard Gere) che è costernato venendo a conoscenza della vicenda familiare e a nome di tutti gli americani le chiede perdono, lasciando tutti meravigliati da tale gentilezza e facendo nascere un breve ma forte legame tra lui e Kane. Oramai, sono vicine le cerimonie in città per commemorare la data e sotto un forte temporale, simile ad un ciclone, la nonna fugge di casa tra la disattenzione di tutti per avviarsi alla cerimonia: sotto un temporale di forte intensità escono così come sono e si mettono a rincorrerla, mentre Kurosawa fa partire una dolcissima nenia di voci bianche.
Film dolcissimo, in cui la maggior parte è costituita da piccoli racconti della nonna alla sua nidiata di pulcini spensierati per i quali l’attentato è un fatto lontano, noto ma solo vagamente significativo: essi sono affascinati dall’America e dal suo mito, indossano persino magliette delle università americane. Ma attraverso la loro ava diventano altrettanto curiosi di quel momento cruciale del passato del loro Paese e della loro famiglia. Ciò che sorprende è quanto tutto questo sembri leggero nella narrazione. Il metodo che Kurosawa sceglie è vivace e mai enfatico, lavorando con semplicità, tutta orientale, e tanta grazia, ma anche se i racconti della nonna sono pensati per essere commoventi, non li rende tali, piuttosto come brutte fiabe lontane e sfortunate, perché lei ha superato il trauma e rimpiange solo la prematura perdita del consorte e della felicità che li teneva uniti. Il momento più suggestivo e potente arriva quando i bambini si recano in pellegrinaggio nel cortile della scuola dove è stato ucciso il nonno e dove il metallo contorto della palestra si erge come un monumento. La singola immagine di questa struttura deformata è il simbolo più vivido del film. La sua semplicità è un monito eterno.
Anche se la tragedia di cui Kurosawa si occupa è stata un’azione americana, il suo atteggiamento è senza rancore, tranne quando nella sua sceneggiatura (suo anche il montaggio) si suggerisce che l’attentato è un evento che gli americani preferirebbero dimenticare. E quindi viene affrontato come dovrebbe: come un terribile esempio di miseria umana, un capitolo umano oscuro pianto sia dagli americani che dai giapponesi. Difatti, quando arriva, il cugino americano Clark (interpretato da Richard Gere, che parla giapponese nella versione originale) viene inizialmente accolto con risentimento. In precedenza, la famiglia, per cortesia, aveva deciso di non menzionare l’attentato, ma è proprio lui che insiste per visitare il memoriale e, commosso dall’esperienza, si scusa con la nonna.
A parte la straordinaria regia di Akira Kurosawa che sa cogliere e mostrare ogni minimo sentimento espresso dai vari personaggi (superlativi i quattro piccoli attori, spontanei ed espressivi), la performance di Sachiko Murase è un gioiello: sembra di materializzare la coscienza del regista, gli fa da portavoce. L’attrice era praticamente una figura leggendaria per il cinema giapponese, avendo registrato più di 130 presenze tra cinema e TV e morì due anni dopo. La presenza di Gere, invece, essendo un vero divo, ha lo sfortunato effetto di distogliere un po’ la nostra attenzione dalle questioni in oggetto. Importante il compito dei quattro nipotini, in quanto è come se il regista cerchi di educare una generazione di giovani che potrebbero, a suo avviso, non avere adeguata familiarità con questa cicatrice nella loro storia, che, con il tempo, potrebbe svanire nell’oblio: presenta la storia sulla bomba come una lezione di storia.

Dolce e bellissimo film in cui ci si innamora di questi bimbi e della loro nonna, al contrario degli adulti della generazione mediana che risultano opportunisti, egoisti e poco sensibili. Proprio il contrario degli altri cinque personaggi. Avete mai sentito una nonna che dice: “La luna è un occhio gentile.”? Che poesia! Invece, l’osservazione di una delle due bimbe, Tami, è esplicativa: “È carina Nagasaki vista così, ma si sa che sotto c’è un’altra Nagasaki, quella distrutta dalla bomba atomica.”
Riconoscimenti
Premi dell’Accademia Giapponese 1992
Miglior fotografia
Miglior scenografia
Miglior sonoro
Miglior illuminazione
Candidatura miglior film
Candidatura miglior regia
Candidatura miglior attrice protagonista Sachiko Murase
Candidatura miglior attore non protagonista Hisashi Igawa
Candidatura miglior sceneggiatura
Candidatura miglior colonna sonora




















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