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Rocky (1976)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 23 dic 2023
  • Tempo di lettura: 5 min

Aggiornamento: 10 ott

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Rocky

USA 1976 dramma/sport 2h


Regia: John G. Avildsen

Sceneggiatura: Sylvester Stallone

Fotografia: James Crabe

Montaggio: Scott Conrad, Richard Halsey

Musiche: Bill Conti

Scenografia: William J. Cassidy

Costumi: Robert Cambel, Joanne Hutchinson


Sylvester Stallone: Rocky Balboa

Talia Shire: Adriana Pennino

Burt Young: Paulie Pennino

Carl Weathers: Apollo Creed

Burgess Meredith: Mickey Goldmill

Tony Burton: Tony “Duke” Evers

Thayer David: Jergens

Joe Spinell: Tony Gasco

Jimmy Gambina: Mike

Joe Frazier: se stesso


TRAMA: Rocky Balboa è un pugile di mezza tacca, che tira a campare nei bassifondi di Philadelphia, tra incontri di poco conto e il suo lavoro di esattore di crediti per uno strozzino. Il più grande colpo di fortuna della sua vita arriva nel momento in cui il celebre campione Apollo Creed, rimasto senza sfidante, decide di dare una chance proprio a Rocky.


Voto 8


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Scrivere a posteriori, dopo anni di fama e di familiarità (alcuni film lo diventano col tempo), di un’opera di mezzo secolo prima è di fatto inutile: tutti la conosciamo bene, l’abbiamo vista decine di volte, se ci capita in TV non ci badiamo, non se ne discute più. Ma ogni volta che viene sott’occhio è innegabile andare con il pensiero all’avventura di un giovane attore che con una ventina di film alle spalle era ancora uno sconosciuto (persino non accreditato in alcuni) ma che un giorno si incaponì su un suo personale soggetto che voleva portare a tutti i costi sullo schermo, fino al punto di volerlo anche interpretare nonostante la contrarietà dei produttori, tra cui la mitica United Artists. Val la penna stare ancora a commentarlo? Non credo, piuttosto potrebbe essere interessante scoprire come nacque il progetto.


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Ci sono essenzialmente tre tipi di film sulla boxe: quelli che offrono una prospettiva cupa della vita sul ring soprattutto ai tempi del cinema in bianco e nero; quelli che si concentrano (spesso in modo esagerato) sugli aspetti commerciali di quel mondo; e quelli che cercano di elevarsi attraverso una storia di affermazione, quasi di formazione, perlomeno dal punto di vista atletico e agonistico, che traccia insomma la scalata al successo e quindi dagli stracci dell’anonimato e della povertà alla ricchezza sperata e mai raggiunta. Questo film, incredibilmente vincitore di diversi premi, tra cui addirittura l’Oscar per il miglior film nel 1977, appartiene sfacciatamente alla terza categoria. Sebbene il film contenga elementi realistici e sia ambientato in un’arena credibile, è essenzialmente una favola su un pugile squattrinato che ha la possibilità di combattere il più grande match della vita e, allo stesso tempo, conquistare definitivamente la sua ragazza. Certamente non ha inventato qualcosa di epocale o i cliché dei film sportivi, dato che erano in circolazione molto prima, ma li ha applicati in un modo magico, indovinato, forse furbo, ma che ha affascinato il pubblico a cui non sembrava esagerato. L’altro aspetto davvero importante è che da quell’anno quasi tutti i film che presentavano un grande ritorno sportivo e un trionfo dal sapore d’avventura si sono ispirati e paragonati all’iconico Rocky. Indipendentemente dal fatto che coinvolgesse o meno la boxe. L’uomo, quindi, lo sport, la vittoria: un trinomio affascinante. Uno schema che nel cinema, se saputo organizzare, diventa un tappeto volante nel cielo del successo.


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A sentire il Sylvester Stallone sceneggiatore, la stesura del copione fu sviluppata nel breve periodo di soli tre giorni. Dopo di che si dedicò al cast artistico e tecnico, attribuendosi in prima persona il ruolo di protagonista, scontrandosi però con la United Artists che invece voleva James Caan, ma siccome Stallone non volle cedere, la produzione dette l’ok e si vendicò stanziando la miseria di un budget irrisorio, circa 1 milione di dollari. Il nostro eroe si rifece con gli interessi. E che interessi! Girarono subito ottime recensioni e in più un passaparola eccezionale ed ecco che arrivarono candidature agli Oscar e ai Golden Globe, e gli incassi andarono alle stelle: il botteghino segnò un guadagno pari a oltre cento volte il costo. Ovvio che poi Hollywood ha sfruttato l’enorme successo e ne seguirono quattro sequel ma del tutto inferiori, i primi tre dei quali hanno incassato più di 100 milioni di dollari ciascuno al botteghino. La serie sembrava infine morta quando però si è ripresa e ha condotto un’altra serie parallela, figlia di Rocky: siamo negli anni di Creed, figlioccio putativo del grande personaggio.


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Da qui e da questi fatti, ad arrivare agli Oscar vinti il passo è stato veramente lungo se non proprio esagerato: basti pensare che quell’anno, il 1977, erano in corsa ben altri film che avrebbero meritata la statuetta. Tutti gli uomini del presidente di Alan J. Pakula, Questa terra è la mia terra di Hal Ashby, Quinto potere di Sidney Lumet, Taxi Driver di Martin Scorsese. Fu impensabile e lo è ancora oggi.


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Ciò che rende speciale questo film è che si concentra sui personaggi, non sullo sport. Sarebbe ipocrita dire che l’incontro di boxe culminante non è importante – lo è, dopo tutto, è il fulcro del film - ma non è tutto ciò di cui parla la trama. Ci sono solo due combattimenti: uno all’inizio e uno alla fine. Nel mezzo, ogni momento sullo schermo viene utilizzato per sviluppare Rocky come persona, che non è un eroe tradizionale. È rozzo, stupido, ha aspirazioni limitate, tuttavia, c’è qualcosa di simpatico in questo ragazzo e ha la sua radice nel modo gentile e premuroso con cui tratta Adriana. Ed è questa relazione la chiave per rendere trionfale il finale di Rocky. Può perdere la battaglia, ma guadagna molto di più. Le scene panoramiche ben scelte, la musica di Bill Conti che è entrata nella leggenda, la regia di John G. Avildsen sono stati gli altri elementi che hanno concorso alla riuscita dell’operazione.

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Pochi, però, conoscono la vera storia e delle difficoltà immense che l'attore incontrò per realizzare il film della svolta della sua vita.

La storia dietro la nascita del film, infatti, è quasi epica quanto il film stesso. Sylvester Stallone, all’epoca un attore sconosciuto e in difficoltà economiche, scrisse la sceneggiatura in soli tre giorni, ispirato dal match tra Muhammad Ali e Chuck Wepner. Aveva appena 106 dollari in banca, la moglie incinta e fu costretto persino a vendere il suo cane per poter mangiare. I produttori gli offrirono 360.000 dollari per acquistare la sceneggiatura, ma a condizione che non interpretasse Rocky. Egli, ovviamente, rifiutò, deciso a essere il protagonista. Alla fine, accettarono, ma con un budget ridotto di 1 milione di dollari, e lui fu scritturato. Il cane che aveva venduto, Butkus, fu poi riacquistato per 15.000 dollari e apparve nel film stesso. Il film fu girato in 28 giorni, con attori poco noti e mezzi limitati. Eppure, trasformò Stallone e il suo film in una leggenda.


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Le curiosità.

La maggior parte delle scene di corsa sono puro cinema metropolitano. La troupe filmò senza permesso, per le strade, catturando la vera vita di Philadelphia così come si svolgeva. Nella scena del mercato alimentare, per esempio, i passanti lanciano sguardi curiosi. Non c'è da stupirsi: non hanno idea che siano in corso delle riprese. Per loro, è solo un tizio sudato che corre accanto a un furgone nel rumore mattutino. Quanto poi al famoso lancio dell'arancia, non era nemmeno previsto nella sceneggiatura: il venditore, divertito, improvvisò il gesto. Questo piccolo momento spontaneo divenne uno dei tocchi più autentici del film.



Riconoscimenti

1977 - Premio Oscar

Miglior film

Migliore regia

Miglior montaggio

Candidatura miglior attore protagonista a Sylvester Stallone

Candidatura miglior attrice protagonista a Talia Shire

Candidatura miglior attore non protagonista a Burgess Meredith

Candidatura miglior attore non protagonista a Burt Young

Candidatura migliore sceneggiatura originale

Candidatura migliore sonoro

Candidatura miglior canzone (Gonna Fly Now)

1977 - Golden Globe

Miglior film drammatico

Candidatura migliore regia

Candidatura miglior attore in un film drammatico a Sylvester Stallone

Candidatura miglior attrice in un film drammatico a Talia Shire

Candidatura migliore sceneggiatura

Candidatura miglior colonna sonora



 
 
 

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