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Son of a Gun (2014)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 11 ago
  • Tempo di lettura: 2 min
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Son of a Gun

Australia, UK, Canada 2014 azione, thriller 1h48’

 

Regia: Julius Avery

Sceneggiatura: Julius Avery, John Collee

Fotografia: Nigel Bluck

Montaggio: Jack Hutchings

Musiche: Jed Kurzel

Scenografia: Fiona Crombie

Costumi: Terri Lamera

 

Ewan McGregor: Brendan Lynch

Brenton Thwaites: Jesse Ryan “JR” White

Alicia Vikander: Tasha

Jacek Koman: Sam

Matt Nable: Sterlo

Tom Budge: Josh

Nash Edgerton: Chris

Damon Herriman: Wilson

 

TRTAMA: JR esce di prigione con Brendan Lynch, il criminale più famoso d’Australia, e si unisce alla sua banda per una rapina d’oro che presto mette i due uomini l’uno contro l'altro.

 

VOTO 6


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Arrestato per un reato minore, il diciannovenne JR si scontra rapidamente con la dura vita carceraria e accetta la protezione offertagli da Brendan Lynch, il nemico pubblico numero uno australiano. Poiché la protezione ha un prezzo, una volta tornato a piede libero JR è chiamato a restituire il suo debito, aiutando Lynch a ritrovare la sua libertà con un’audace fuga. Come ricompensa, potrà prendere parte a una serie di rapine milionarie che porteranno JR in rotta di collisione con il suo ex mentore non appena le cose inizieranno ad andare male.



Si può senz’altro notare come questo thriller sia abbastanza influenzato dal cinema movimentato di Michael Mann, con una forte enfasi sulle sparatorie ed un buon ritmo incalzante. Il film segue JR, interpretato da Brenton Thwaites, un giovane che cerca di farsi strada nel mondo criminale sotto la guida di Brendan Lynch, interpretato da Ewan McGregor, il boss del carcere. Sebbene il film sia ricco di azione e momenti adrenalinici, manca di profondità emotiva e originalità ma è comunque apprezzabile.



Non si può però fare a meno di osservare che Julius Avery sia un regista all’esordio, e quindi inesperto e alla ricerca di un suo modo di fare cinema d’azione, tanto che l’utilizzo di cliché tipici del genere thriller vengono abbondantemente evidenziati. Tutto gira principalmente sul rapporto che nasce in cella tra un “padrino” e il suo figlioccio, plot visto molte volte e che prima o poi porta alla resa dei conti quando il giovane cerca la sua strada e vuole rompere il difficile legame con il protettore, come sempre soluzione mai semplice.



In buona sostanza manca di originalità, ma ciò non compromette più di tanto la visione e ci si appassiona presto alle vicende turbolente, risultando alla fine una godibile proiezione, un discreto intrattenimento. Qualche osservazione negativa va fatta per le scene d’azione che risultano, a tratti, eccessive.


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La mai assente componente femminile è rappresentata da Alicia Vikander, che si era rivelata anni prima come attrice interessante nel bel Royal Affair, ma all’epoca era ancora alla ricerca di un’affermazione vera e propria: questo film non è il suo momento ma l’anno seguente la si vedrà nel bellissimo Ex Machina.



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