Source Code (2011)
- michemar

- 26 gen 2023
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 2 set

Source Code
USA, Canada 2011 thriller fantascientifico 1h33'
Regia: Duncan Jones
Sceneggiatura: Ben Ripley
Fotografia: Don Burgess
Montaggio: Paul Hirsch
Musica: Chris Bacon
Scenografia: Barry Chusid
Costumi: Renée April
Jake Gyllenhaal: Colter Stevens / Sean Fentress
Michelle Monaghan: Christina Warren
Vera Farmiga: Carol Goodwin
Jeffrey Wright: dr. Rutledge
Russell Peters: Max Denoff
Michael Arden: Derek Frost
Cas Anvar: Hazmi
TRAMA: Il capitano Colter Stevens è costretto, suo malgrado, a rivivere gli ultimi 8 minuti di vita del passeggero di un treno che esploderà. Si risveglia all'improvviso senza sapere dov'è. Di fronte a lui c'è Christina che gli sorride, ma lui non ha la più pallida idea di chi sia. In uno specchio vede il volto di un altro uomo e in tasca ha la carta d'identità di un tranquillo insegnante di scuola. Nel frattempo una donna in uniforme gli impartisce ordini da un monitor. A sua insaputa è impegnato in una missione militare ad alto rischio per scoprire il colpevole di un attentato che poche ore prima ha fatto migliaia di vittime. Ogni volta che ci proverà avrà solo 8 minuti!
Voto 6,5

Le cose iniziano abbastanza normalmente. Sean (Jake Gyllenhaal) si sveglia da un pisolino su un treno di pendolari diretto a Chicago. Seduta di fronte a lui c'è quella che si definisce una sua bella amica, Christina (Michelle Monaghan). Ma c'è un problema: Sean è disorientato e, soprattutto, è convinto di non essere Sean. Il suo vero nome è Colter Stevens e dovrebbe essere in tuta mimetica in Afghanistan, non scambiare convenevoli con una donna molto carina mentre il funzionario del treno chiede il suo biglietto. Otto minuti dopo, il treno esplode e Colter si ritrova legato ad un sedile in una specie di capsula spaziale. No, non si sente in forma, mentre uno schermo lampeggia di fronte a lui da cui una donna in divisa, Carola Goodwin (Vera Farmiga), gli sta fornendo spiegazioni e indicazioni ambigue. Lui è, infatti, Colter Stevens, ma attraverso una magia della realtà virtuale gli viene inserito un certo codice cosiddetto “sorgente” con cui gli viene permesso di prendere il controllo della mente e del corpo di Sean durante gli ultimi otto minuti della sua vita. Ogni volta che entra nel sofisticato meccanismo, si avventura in una realtà alternativa. Il suo compito ha un obiettivo ben preciso: scoprire chi ha piazzato la bomba sul treno, perché lì ci sono indizi che possono portarlo ad evitare che una bomba pericolosissima esploda nei pressi del centro di Chicago. Oltre a completare la sua missione, Colter decide sul momento di salvare Christina e capire meglio perché qualcuno che dovrebbe essere in Afghanistan è intrappolato in qualcosa che sembra essere stato creato per una storia di fantascienza.

Ha senso tutto questo? Non proprio, ma ci sono alcune idee interessanti nella sceneggiatura di Ben Ripley. A parte i difetti logici fondamentali, molti dei quali sono facilmente identificabili per chiunque presti attenzione, il film ha un difetto che forse è anche il suo pregio: esagerare, che è un'affermazione che pochi film possono permettersi. A volte avvengono fatti parecchio intriganti, in altre occasioni diventa, va ammesso, assurdo. Il finale, sebbene non esasperante come quello di Inception, offre una ripetizione ossessiva ed infinita che sconvolge la mente e fornisce un esempio di ciò che si intende per “un numero infinito di universi”. Una sorta di macchina del tempo che riavvolge quanto volte vuoi ma anche una macchina dei luoghi. Chi si poteva permettere di girare un film di questo tipo?

Il talentuoso regista Duncan Jones, figlio di David Bowie, dopo il clamoroso successo del bellissimo e affascinante Moon, prova col cinema americano e trova un buon soggetto, sempre nel genere fantascientifico. Non è così efficace come nell'esordio per quanto riguarda l'aspetto psicologico, ma il film è interessante e spettacolare nella fase ripetitiva, diventando quasi un film d'azione ma con il pepe dello sci-fi, ma soprattutto mettendo lo spettatore nell'attesa di vedere cosa succederà di diverso ad ogni ripetizione della sequenza.


A tratti ansiogeno, sicuramente frenetico, si rimane fino alla fine a guardare, anche perché c'è l’attore jolly che va sempre bene, anzi meglio: Jake Gyllenhaal, sempre a palla su ogni tipo di ruolo. Accanto a lui, o meglio di fronte, la carinissima Michelle Monaghan.






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