Tokyo Sonata (2008)
- michemar

- 20 lug
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 24 ago

Tokyo Sonata
Giappone, Olanda, Hong Kong 2008 dramma 2h
Regia: Kiyoshi Kurosawa
Sceneggiatura: Kiyoshi Kurosawa, Sachiko Tanaka, Max Mannix
Montaggio: Koichi Takahashi
Musiche: Kazumasa Hashimoto
Scenografia: Tomoyuki Maruo, Tomoe Matsumoto
Teruyuki Kagawa: Ryûhei Sasaki
Kyōko Koizumi: Megumi Sasaki
Yû Koyanagi: Takashi Sasaki
Inowaki Kai: Kenji Sasaki
Haruka Igawa: Kaneko-san
Kanji Tsuda: Kurosu
Kazuya Kojima: Kobayashi-san, insegnante pianoforte
Kōji Yakusho: Dorobô, il ladro
TRAMA: Una normale famiglia giapponese si disintegra lentamente dopo che il suo capofamiglia perde il lavoro.
VOTO 7,5

È facile retorica dire che la famiglia che si sfalda è la fotografia in piccolo della disgregazione della società di cui fa parte. Ma spessissimo è la realtà e il film di Kiyoshi Kurosawa, regista più che altro dedito all’horror nipponico con numerose opere di successo, ne fa un esempio paradigmatico. Realizza un dramma appena appena con qualche venatura che parrebbe spingere l’opera, in qualche scena, verso la violenza, anche familiare. Ma è solo un semplice componente essenziale ed esplicativo del clima che vive la famiglia del protagonista, Ryûhei Sasaki, direttore amministrativo di un’importante azienda che opera nel campo delle attrezzature sanitarie. La società, pur vivendo un periodo florido di affari, si decide a licenziare l’efficiente funzionario ristrutturando il personale, dato che ha scoperto che tre sostituti cinesi costano quanto un giapponese. E così l’uomo si vede buttato fuori da un momento all’altro.


Come si è visto in altri film che iniziano in questa maniera (vedi A tempo pieno di Laurent Cantet, The Company Men di John Wells), anche il nostro personaggio decide, un po’ per la vergogna, un po’ per non far preoccupare la moglie, di non dire nulla e far finta di niente, tanto che il mattino dopo si veste come al solito in giacca e cravatta e si avvia con la sua consueta borsa a tracolla, lasciando perfino del denaro alla sua cara Megumi per le spese correnti, una parte del quale servono al piccolo Kenji a pagare la mensa scolastica. Lui invece se ne va in giro bighellonando riflettendo su ciò che gli è capitato e accodandosi alla fila dei poveri che aspettano un piatto da un ente che offre pasti ai bisognosi. Cerca di mimetizzarsi ma incontra un vecchio compagno di scuola che si atteggia a manager facendo squillare il suo smartphone come fossero chiamate d’affari, quando invece anche lui è stato appena defenestrato. La crisi economica morde i polpacci del ceto medio, il quale si ritrova a scendere di livello senza averlo minimamente previsto.


Si va avanti così per giorni in quella casa a due piani lungo la linea ferroviaria Inokashira, dove, a quanto pare, ognuno ha i suoi segreti, mentre la gentile e paziente Megumi continua a far finta, anche lei, di non aver capito la realtà. Ciononostante, anche se il padrone di casa rientra tutte le sere come da costume per la cena, in presenza del giovane Kenji e in assenza del figlio maggiore Takashi che ha intenzione di arruolarsi nell’esercito statunitense per portare la pace nel mondo (!), il clima diventa sempre più teso. Il nervosismo si sta impadronendo dell’uomo a grandi passi ed è sufficiente anche un piccolo pretesto per animate discussioni. Ryûhei è diventato nevrotico anche perché agli uffici statali preposti non riesce a trovare un lavoro degno delle sue competenze ed esperienze e rifiuta tutto, fino a quando, stremato e con la famiglia in subbuglio, accetta – ovviamente in via segreta – di infilarsi la tuta di una ditta di pulizie di un grande centro commerciale.


L’altro personaggio importante è il piccolo Kenji, che il padre sta cominciando a maltrattare e lui, rientrando un giorno dalla scuola, passando davanti alla casa di Kobayashi-san, un’insegnante di pianoforte, vi entra e chiede di voler seguire anche lui lezioni di musica e paga la donna con il denaro che serviva a pagare la mensa scolastica. Pur se non ha mai suonato uno strumento, è davvero dotato per la musica e la maestra scopre nel giovanissimo un talento raro da coltivare e portare ai massimi livelli. Ma quando il padre, sempre più irascibile, scopre che fine hanno fatto i soldi che il figlio aveva ricevuto, si scatena picchiandolo e ferendolo in tale modo da portarlo al pronto soccorso.


La mamma Megumi, nel frattempo, subisce l’irruzione in casa di un rapinatore (Kōji Yakusho) che non trovando soldi la rapisce e la mette alla guida di un’auto rubata. Kenji vaga per la città, il padre viene scoperto sul posto del nuovo lavoro vergognandosi nell’incontro fortuito con la moglie, Takashi rientra dall’esercito deluso dalla violenza e dalla falsità degli americani. Ognuno coi suoi problemi e segreti, tutti svincolati dagli altri componenti della famiglia, comprensione zero – fatta eccezione per la devota madre che, a furia di essere servizievole e comprensiva verso tutti, accetta il rapimento come una sorta di ribellione e fuga da quei maschi egoisti. Che fine ha fatto la famiglia Sasaki! Tale e quale alla società prossima alla disfatta sociale, adeguatamente rappresentata dalla fila dei senza lavoro che si allunga alla distribuzione dei pasti. Ricchi grattacieli e capannoni per gli aiuti solidali, centri commerciali sfavillanti e ladri disperati, centro città pieno di negozi e periferia con la ferrovia che sfiora le case. I contrasti sociali si riflettono in quelli familiari, che vedono quattro persone che non si intendono più. Imprenditori che badano solo al profitto e persone sole ritenute superflue e quindi licenziate, lasciate indietro: ognuno per sé.


Una casalinga modello, un padre con (non più) un lavoro borghese per campare dignitosamente, un figlio ribelle ora disilluso, un ragazzino che si accorge che, nonostante l’affetto della mamma, deve cominciare a badare a se stesso, anzi, deve dedicarsi a quello strumento che sente sempre più suo, il pianoforte. È l’unico che raggiungerà l’obiettivo imposto: l’esame finale per l’ammissione alla scuola media annessa al College of Music. Lì, alla prova pratica, ci sono Ryuhei e Megumi seduti fianco a fianco, commossi dall’enorme talento del figlio. C’è anche la maestra Kobayashi-san e sotto l’occhio severo della giuria e del pubblico, Kenji esegue la meravigliosa Claire de Lune di Claude Debussy in modo esemplare, da brividi. Come il finale.


Kiyoshi Kurosawa, con una regia impassibile ed esplicativa, dopo vent’anni di thriller e horror, si dedica al dramma familiare e sociale. Secondo il regista, il vero orrore non sono i fantasmi, ma una società che impone valori e poi esclude chi non riesce ad adattarsi. Menomale che la risoluzione catartica ci porta verso un umanesimo sospirato e commovente, ché la vicenda pareva sconsolante.


Ottimi gli attori, ma il giovanissimo Kai Inowaki, che sfida l’autorità del padre per inseguire il suo sogno, suona veramente il celebre brano. La sua interpretazione è straordinaria per sincerità e intensità emotiva, e, esibendosi al pianoforte, ha contribuito a rendere il finale del film particolarmente toccante, rendendo il momento ancora più autentico e potente. Una scelta estremamente significativa: questa composizione evoca malinconia, delicatezza e speranza, riflettendo perfettamente il momento di riconciliazione e rinascita della famiglia. La scena è girata in modo sobrio e potente: la telecamera si sofferma sul volto dei genitori, visibilmente commossi, mentre Kenji suona con una maturità sorprendente per la sua età. È il culmine emotivo del film, dove il talento del ragazzo non è più negato, ma finalmente riconosciuto e celebrato.


Riconoscimenti
Cannes 2008
Premio della giuria nella sezione Un Certain Regard




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