Tori e Lokita (2022)
- michemar

- 20 mag 2023
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 24 ago

Tori e Lokita
(Tori et Lokita) Belgio, Francia 2022 dramma 1h28’
Regia: Jean-Pierre e Luc Dardenne
Sceneggiatura: Jean-Pierre e Luc Dardenne
Fotografia: Benoît Dervaux
Montaggio: Marie-Hélène Dozo
Scenografia: Igor Gabriel
Costumi: Dorothée Guiraud
Pablo Schils: Tori
Joely Mbundu: Lokita
Alban Ukaj: Betim
Charlotte de Bruyne: Margot
Marc Zinga: Firmin
Tijmen Govaerts: Luckas
Nadège Ouedraogo: Justine
TRAMA: Un ragazzo e una adolescente che hanno viaggiato da soli dall'Africa fanno appello alla loro solida amicizia per far fronte alle crudeli condizioni legate al loro esilio.
Voto 7,5

Ogni giorno ascoltiamo dai notiziari storie di sbarchi, affogamenti, respingimenti di migranti provenienti dall’Africa, ma cosa sappiamo delle loro vicende private, di cosa li ha spinti ad affrontare i pericoli della traversata sui barchini, di come cercano di sopravvivere una volta arrivati in Europa? Di quali espedienti vivono? I fratelli Dardenne, nonostante l’età, continuano imperterriti, sin dagli inizi della loro carriera, ad esplorare le vite degli ultimi, dei diseredati, degli emarginati. Rosetta, L’enfant, Lorna, Sandra, sono i nomi di alcuni dei tanti personaggi che hanno descritto nelle loro storie dolorose. Gente disposta a tutto pur di cavarsela e riuscire ad ottenere cibo e casa, a volte, come nello struggente Due giorni, una notte, a non perdere il posto di lavoro.

T
ori e Lokita, provenienti dal Benin e dal Camerun, si erano conosciuti a bordo di una di quelle tante barche inaffidabili ed erano sbarcati in Sicilia. Ora vivono in Belgio e cercano di farsi passare per fratello e sorella, l’unico modo, ritengono, per far ottenere la regolarizzazione e i documenti per la ragazza, dato che il primo ne è già dotato. Lei spera così di poter avere un visto lavorativo per la loro sopravvivenza, ma anche per ripagare il debito contratto con chi li ha aiutati a giungere lì e soprattutto per poter mandare denaro alla madre che, in patria, deve badare ad altri cinque figli. Ovviamente si barcamenano nel sottobosco delle attività illegali, affidandosi a Betim, un ristoratore della città che in cucina organizza un traffico di droga per il quale Tori e Lokita fanno da corrieri. Spesso, lei, deve anche sottostare alle ricattatorie richieste sessuali dell’uomo. Nel frattempo, aiutata dai volontari che li hanno accolti in una struttura, si presenta vanamente presso la commissione preposta a controllare i requisiti per essere regolarizzata, ma ogni volta non riesce a farsi credere davvero sorella del ragazzino. Corrono sempre dei grandi rischi alla ricerca di maggiori guadagni, molto spesso requisiti dal loro esigente creditore.

Mai conosciamo i nomi della gente, di varie nazionalità ed età, che si aggira nelle periferie alla ricerca di un riparo notturno e un po’ di cibo. Nulla. I Dardenne invece girano un film intitolato in maniera secca, con il nome dei due protagonisti, come per dire che sono persone, non numeri, non fantasmi che vagano per le strade. Un titolo perentorio per farceli conoscere e metterci al corrente delle loro esistenze precarie. Sono inseparabili, si vogliono bene come due fratelli veri, anche di più. Non sanno vivere l’uno senza l’altra, dormono nella stessa cameretta, si recano assieme dagli stessi clienti a cui consegnano la “roba”, cantano in coro nel ristorante “Alla fiera dell’est” che avevano imparato in Sicilia. Se si separano anche per poco li lega il cellulare: una connessione continua tra due giovani che sono più che fratelli. Il coraggio, o meglio, la disperazione non manca e li spingerà pericolosamente oltre il consentito, lì dove la criminalità detta regole senza sconti. Non c’è il paradiso all’orizzonte.

Come hanno sempre fatto, Jean-Pierre e Luc Dardenne usano la loro traballante camera da presa a mano per stare addosso ai due, da vicino, cogliendo le ansie di Lokita e la vivacità attiva di Tori, che non si perde mai di coraggio e se ne inventa sempre una per non staccarsi dall’altra e per aiutarla in ogni situazione. “Mi sento sporca.” “Ti ha costretta. È lui che è sporco.” “Vorrei che mia madre fosse qui.” “Ci sono io.”. È un rapporto fortissimo e bellissimo in un mondo bruttissimo ed inospitale. Ma i registi non cercano di presentare i due profughi come vittime, sicuramente lo sono ma in maniera commovente e nello stesso tempo asettica loro badano al sodo, puntano l’obiettivo sui protagonisti e ci dicono quale situazione si possa creare e quante volte succeda veramente. Insomma, non vuole essere un film politico, piuttosto essi porgono una visuale umanistica, ci espongono il problema e ci chiedono quali soluzioni ci possano essere. La burocrazia dei funzionari dell’immigrazione dimostra che è già un ostacolo all’accoglienza ma loro non sono severi: la scena introduttiva non li inquadra ma dal tono di voce si capisce che non sono prevenuti ma devono applicare le leggi previste. Certo, possono decidere anche positivamente, ma non lo fanno.

Ancora una volta il bosco, le strade, il traffico, gli agenti di polizia, elementi ricorrenti nelle pellicole della coppia belga. Luoghi per nascondersi e ambienti all’aperto dove si può essere scoperti, e quindi fughe, stratagemmi, bugie necessarie, ma soprattutto il sogno di vivere alla luce del sole e dignitosamente, lontani dai ricatti di gente senza scrupoli, provando la gioia di aiutare i parenti lontani. Per dimostrare tutto ciò, i Dardenne scelgono la strada del cinema del dettaglio, correndo dietro ai fratelli di fatto, tenendoli sempre nel fuoco del mirino nella corsa della sopravvivenza, che vuol dire anche libertà e aria aperta senza pericoli. Basti osservare lo spavento di Lokita quando accetta di lavorare nella piantagione di cannabis in un grande hangar e si accorge che rimarrà prigioniera in un posto claustrofobico. Non è un film sul razzismo, è la fotografia minimale di due delle tante persone che cercano un posto nel mondo per vivere, dove quasi mai va a finire bene.

Straordinari i due giovani attori: Pablo Schils e Joely Mbundu sono così naturali e spontanei che si fa fatica a credere che stanno recitando. Sul viso malinconico ma intelligente e reattivo di Tori e su quello sempre triste e preoccupato di Lokita c’è tutto il loro smarrimento.
Il cinema dei Dardenne, come quello di Ken Loach, è insostituibile, è imprescindibile, anche quando, come in questa occasione, si prova la sensazione che questo sia un film minore, quasi indie, ma loro sono sempre qui a raccontare le storture di un occidente distratto.

Riconoscimenti
2022 - Festival di Cannes
Premio del 75º anniversario
Prix du Cinéma positif






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