Tre piani (2021)
- michemar

- 8 feb 2022
- Tempo di lettura: 6 min
Aggiornamento: 20 mag 2023

Tre piani
Italia/Francia 2021 dramma 1h59’
Regia: Nanni Moretti
Soggetto: Eshkol Nevo (romanzo)
Sceneggiatura: Nanni Moretti, Federica Pontremoli, Valia Santella
Fotografia: Michele D'Attanasio
Montaggio: Clelio Benevento
Musiche: Franco Piersanti
Scenografia: Paola Bizzarri
Costumi: Valentina Taviani
Margherita Buy: Dora
Riccardo Scamarcio: Lucio
Alba Rohrwacher: Monica
Adriano Giannini: Giorgio
Elena Lietti: Sara
Alessandro Sperduti: Andrea
Denise Tantucci: Charlotte
Nanni Moretti: Vittorio
Anna Bonaiuto: Giovanna
Paolo Graziosi: Renato
Stefano Dionisi: Roberto
Tommaso Ragno: Luigi
Teco Celio: Saverio
TRAMA: Una serie di eventi trasformerà radicalmente la vita dei residenti di un edificio romano, rivelando le loro difficoltà nell'essere genitori, fratelli o vicini di casa in un mondo dove il risentimento e la paura sembrano aver avuto la meglio sul vivere insieme. Mentre gli uomini sono prigionieri della loro caparbietà, le donne cercano - ognuna a modo loro - di risanare le fratture e di trasmettere quell'amore creduto scomparso per sempre.
Voto 6,5

“Le piante perfettamente potate all'ingresso. Il citofono appena rinnovato. Le caselle della posta, nemmeno una rotta. Nessuna con più di due cognomi. Le biciclette sorprendentemente ordinate. Sorprendentemente legate. Il silenzio che tanto ci piaceva. Un'isola di pace, chiamavo sorprendentemente la nostra periferia. In quel momento mi è apparsa un'isola di ottusità e di conservatorismo... abbiamo vissuto nel Borghesistan.”
Questa è la descrizione del piccolo condominio a tre piani così come ce lo presenta il romanzo dello scrittore israeliano Eshkol Nevo, che già fa apparire la palazzina come un luogo poco attraente. È il libro da cui ha preso spunto la sceneggiatura di Nanni Moretti, Federica Pontremoli e Valia Santella per il film che invece è stato ambientato nel quartiere residenziale di una città, presumibilmente Roma. La prima sequenza è proprio quella con l’obiettivo puntato verso l’ingresso dell’edificio – sicuramente meno triste di quello della scrittura -, con l’inquadratura fissa nel buio illuminato dai lampioni della tarda serata. La luce di una finestra al primo piano si accende un istante prima che si illumini anche l’atrio del portone posto a pochissimi metri dal cancello d’ingresso. Ne esce una giovane signora chiaramente sofferente con un trolley a rimorchio: ha il pancione, ed evidentemente sola, sta cercando disperata un taxi che la conduca in ospedale, quando all’improvviso dal fondo della strada appare un’auto che corre troppo veloce, sbanda, è fuori controllo, investe una donna che sta attraversando sulle strisce pedonali e finisce dritta contro la vetrata situata a fianco dell’ingresso della palazzina, sfondandola. L’autista è un giovane chiaramente alterato dall’alcol, ora ferito al volto: frantumando la vetrata, la macchina è entrata nella casa della famiglia che abita al primo piano, locale che a primo sguardo pare lo studio dell’appartamento, a livello stradale, dove si intravede una bimba rimasta illesa ma bloccata dallo spavento.

Nanni Moretti in pochi istanti ci ha presentato il condominio a tre piani e due dei personaggi della trama, che vede come protagoniste tre famiglie, tre nuclei che abitano lì, su tre livelli differenti.
La prima famiglia che conosciamo è appunto quella che ha subito l’invasione dell’auto, i cui coniugi, Lucio e Sara, si sono precipitati nella stanza preoccupati dal frastuono e dalle condizioni di salute della loro Francesca.
Al piano superiore vive Monica, la donna che era uscita di casa per andare a partorire proprio quella notte, e dove è tornata con la piccolissima bimba: è sola, appunto, sempre e troppo sola, con un marito, Giorgio, che lavora spesso lontano, anche all’estero, e questa solitudine la sta distruggendo mentalmente. È sperduta, ha allucinazioni, è convinta di non riuscire a crescere la figlia.
Al terzo piano abitano da 30 anni due giudici, Vittorio e Dora, ormai maturi, e il loro figlio Andrea, un giovanotto irrequieto e insofferente, una famiglia borghese dalla vita tranquilla se non fosse per la scarsissima comunicabilità tra il giovanotto e il padre, dal carattere serio e composto, che mal sopporta le inquietudini e le disobbedienze del figlio.

Le incomprensioni e le problematicità di queste famiglie esplodono ben presto, prima di tutto perché il giovane che ha combinato il disastro iniziale è proprio quello del terzo piano e poi, dopo qualche giorno, quando la piccola Francesca, che frequentemente la mamma affida alla coppia di attempati signori che abitano sullo stesso pianerottolo, uscita a comprare il gelato con l’anziano, armai malato di Alzheimer, si perde con lui nel parco non molto distante, poi ritrovati entrambi dal padre, trascorse alcune ore. Mentre il giovane Andrea, dimesso dall’ospedale ma indagato per omicidio stradale, è agli arresti domiciliari in attesa del giudizio, la cui convivenza forzata in casa con i genitori fa esplodere ancor di più la convivenza impossibile, Lucio, ossessionato da quello che sarà potuto succedere alla piccola che è rimasta ore con un anziano che forse fa finta di essere rimbambito per poter approfittare di lei, non si dà pace e vuole arrivare alla verità facendo domande insistenti alla piccola e aggredendo l’anziano signore nell’ospedale dove lo hanno ricoverato. Egli vive malissimo i dubbi che nutre verso il vecchio e non si accontenta neppure che la moglie, più serena e riflessiva, lo tranquillizzi e che la piccola figlia non mostri conseguenze psicologiche della disavventura. Non basta neanche consultare una psicologa infantile e un medico che l’ha visitata. Niente: è convinto che Francesca abbia subito delle molestie. Intanto all’ultimo piano si consuma il dramma di un figlio che non ha mai sopportato la rigidità, anche se a scopo puramente educativo, del padre nei suoi confronti, motivo per il quale si ubriaca ogni volta con gli amici e, dopo l’ennesimo e violento diverbio, lo aggredisce fisicamente.

Al primo piano Monica vive malissimo la solitudine, nonostante l’arrivo della neonata e nonostante le visite, pur rare, dell’affettuoso marito Giorgio, consapevole dei problemi mentali della moglie, angosce che aumenteranno allorché il fratello di lui, con cui è in totale rotta, fa giungere un grosso regalo per la bimba, facendolo arrabbiare maggiormente. Ogni famiglia è in ambasce, vieppiù per il fatto che ognuno non è in grado di risolvere ciò che lo cruccia. Ma per ironia della sorte ci pensa il destino, sotto forma di nemesi, di karma: qualche tempo dopo, chi stava vivendo l’ossessione della violenza sulla figlia si fa abbindolare da un’adolescente in vacanza nel condominio che si lascia volutamente sedurre; la donna che soffriva di solitudine peggiora proprio quando il marito è tornato a casa e, nel frattempo, con un secondo figlio da crescere; infine, il giovane Andrea del terzo piano, ormai in guerra con il padre e sordo alle implorazioni della madre che cerca una mediazione tra i due, dopo aver scontata la pena in carcere, sparisce per sempre.

No, un condominio ordinato e pulito non è detto sia abitato da gente che ha risolto i problemi esistenziali, che ha trovato pace e serenità: può essere tranquillamente un sepolcro imbiancato dentro il quale vivono persone, un paravento dietro cui si celano sofferenze di vario tipo, un palcoscenico sul quale si recita una vita diversa da quella realmente vissuta. Sono storie tristi, quelle scritte da Nanni Moretti e collaboratori, molto tristi, tanto da aver girato un film in cui il destino si accanisce contro quelle famiglie già in difficoltà. Ma allora, a questo punto, per mettere a tacere i rimorsi e i ripensamenti, è sufficiente chiedere perdono per aver ucciso una donna per strada? basta ammettere le proprie colpe e le mancanze dovute ad errori comportamentali o caratteriali? è adeguato promettere di cambiar vita e atteggiamento verso gli altri? Il tempo, si dice, guarisce ogni ferita e allora succede che chi è rimasto vedovo quella maledetta notte si acquieta; la bambina è diventata signorina e parte per una vacanza all’estero, non prima di aver tolto il macigno del dubbio al padre; Giorgio, rimasto solo con i due figli, dà inizio ad una esistenza che faccia a meno della moglie; la signora Dora, forse la più positiva di tutti i personaggi, decide di abbandonare dopo 30 anni l’appartamento e avvicinarsi al figlio ormai diventato padre anch’egli. La vita passa, come una milonga itinerante. Si balla e si cammina lungo il tragitto che è davanti, per nuovi incroci, nuove vie, nuove piazze. Non si torna indietro.


Non è il miglior film di Nanni Moretti e lui non è più quello dei tempi d’oro o forse è solo un periodo di transizione. Certamente è stato attratto da un romanzo che però è ambientato altrove e lo si è adattato al nostro ambiente, un romanzo certamente triste, anzi pessimista, che apre per fortuna ad un finale migliore. E Moretti vi si è adeguato, scegliendo il ritmo che oggi gli è più congeniale, lento – come lui stesso interpreta - e per qualche tratto profondamente infelice, come buona parte dei personaggi. È un’opera che dimostra anche l’età del regista, l’epoca che stiamo vivendo, le apprensioni, i nervosismi, le ansie che affliggono i nostri tempi. Ed è comunque la conferma del suo cinema attuale, da uomo positivista e osservatore della realtà: i vicini, le ripicche, il senso di colpa, insomma gli spettri che abitano l’animo della specie umana. Lui, dopo tanto cinema morale e di sentenze sociopolitiche esposte con i temi che ha privilegiato, si assume il ruolo di giudice, uno vero (ma avrebbe potuto essere un professionista qualsiasi), che rientra preciso nella figura del genitore rigoroso che non muove neanche un dito per trovare scorciatoie per salvare il figlio sotto processo. Affiancato dalla fidata Margherita Buy, che conosce bene cosa Moretti si aspetta da lei, ha scelto un buon cast tenendo a freno l’esuberanza istintiva di alcuni componenti: Riccardo Scamarcio ne è un esempio lampante, mentre Monica non poteva che essere interpretata da Alba Rohrwacher, che, come la collega, è tra le poche italiane che sa esternare le discrepanze intime e gli sbandamenti mentali, i dubbi, le sconfitte. Ottima Elena Lietti, alla pari di Adriano Giannini. Denise Tantucci, la stuzzicante Charlotte, è forse al suo primo ruolo importante e sarà il caso di prestarle attenzione per il futuro. Gli altri, Anna Bonaiuto e Stefano Dionisi, hanno solo qualche minuto, ma sono ben scelti.
Buon film che raggiunge di certo la sufficienza e anche qualcosa in più per la stima verso un vero autore.

Riconoscimenti
2022 - David di Donatello
Candidatura per la migliore sceneggiatura non originale






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