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Tutti giù per terra (1997)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 18 ott
  • Tempo di lettura: 2 min
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Tutti giù per terra

Italia 1997 commedia 1h36’

 

Regia: Davide Ferrario

Soggetto: Giuseppe Culicchia (romanzo)

Sceneggiatura: Davide Ferrario

Fotografia: Giovanni Cavallini

Montaggio: Claudio Cormio, Luca Gasparini

Musiche: Consorzio Suonatori Indipendenti

Scenografia: Franca Bertagnolli

Costumi: Cristiana Bruguier Pacini, Emanuela Pischedda

 

Valerio Mastandrea: Walter Verra

Carlo Monni: Vittorio Verra

Benedetta Mazzini: Valeria

Caterina Caselli: Caterina

Sergio Troiano: direttore Lupo

Anita Caprioli: Beatrice

Luciana Littizzetto: impiegata ufficio postale

Elisabetta Cavallotti: professoressa

 

TRAMA: Il giovane Walter non ha un lavoro, una ragazza e neanche convinzioni chiare. Rifiuta i valori convenzionali, in particolare l’accettazione sottomessa da parte di suo padre di una vita di lavoro in una fabbrica.

 

VOTO 6,5


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Torino, metà anni ‘90. Ventidue anni, padre operaio in fabbrica, madre fortemente depressa, senza un lavoro e un soldo in tasca, Walter passa le sue giornate andando in giro da solo per la città. È tornato controvoglia in famiglia a Torino, dopo aver passato l’adolescenza a Roma da sua zia Caterina. Dotato di feroce ironia, ma senza lavoro, senza soldi e soprattutto senza alcuna prospettiva, non fa altro che ciondolare per le vie del centro. Osserva gli odiati simboli della ricchezza, fantasticando di una storia d’amore che valga la pena di essere vissuta.


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Ritratto generazionale disilluso e sarcastico, che rispecchia il racconto del disagio esistenziale di fine secolo. Diretto da Davide Ferrario e tratto dal romanzo omonimo di Giuseppe Culicchia, il film è una commedia drammatica che si muove tra alienazione urbana e ricerca identitaria.


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Il protagonista, Walter (interpretato da un giovane Valerio Mastandrea), è uno studente di filosofia a Torino, disorientato e apatico, che si barcamena tra lavori precari, relazioni instabili e un senso costante di inadeguatezza. Il film è costruito con sequenze brevi e frammentarie, volutamente scollegate, che riflettono il caos interiore del personaggio. Questa scelta stilistica, audace e spiazzante, crea un effetto di straniamento che coinvolge lo spettatore in modo diretto.


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Con questa impostazione stilistica, il regista esplora il conflitto generazionale, la crisi dell’identità, la disillusione politica e il rapporto con il mondo adulto. Walter è un antieroe moderno: inconsistente ma pieno, distaccato ma profondamente espressivo. Il film non cerca soluzioni né consolazioni, ma mostra con onestà le contraddizioni della società italiana di quegli anni ‘90.


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La musica, firmata dal Consorzio Suonatori Indipendenti (ex CCCP/CSI), è un elemento centrale: ruvida, evocativa, perfettamente in sintonia con il tono del film. Accompagna e sottolinea il senso di spaesamento e ribellione che permea la narrazione.

 

Una particolarità importante, dal punto di vista artistico: Ferrario dedica il film a Lindsay Anderson, maestro del Free Cinema e ne eredita infatti lo spirito anarchico e la critica sociale. Alcuni critici dell’epoca, proprio per questo, non hanno esitato – pur nei dovuti limiti – ad accostare il film al mitico “Giovane Holden”: non noto ed importante come quello ma certamente graffiante e sincero. Opera intensa e personale, che racconta con stile e coraggio il vuoto e la rabbia di una generazione.


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Riconoscimenti

Ciak d’Oro 1997

Miglior montaggio

Migliore colonna sonora

 


 
 
 

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