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1917 (2019)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 28 gen 2020
  • Tempo di lettura: 8 min

Aggiornamento: 8 dic

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1917

UK, USA 2019 guerra 1h59’


Regia: Sam Mendes

Sceneggiatura: Sam Mendes, Krysty Wilson-Cairns

Fotografia: Roger Deakins

Montaggio: Lee Smith

Musiche: Thomas Newman

Scenografia: Dennis Gassner

Costumi: David Crossman, Jacqueline Durran


George MacKay: William Schofield

Dean-Charles Chapman: Tom Blake

Mark Strong: cap. Smith

Andrew Scott: ten. Leslie

Richard Madden: ten. Blake

Colin Firth: gen. Erinmore

Benedict Cumberbatch: colonnello Mackenzie


TRAMA: Al culmine della Prima guerra mondiale, due giovani soldati britannici, Schofield e Blake ricevono una missione apparentemente impossibile. In una corsa contro il tempo, devono attraversare il territorio nemico e consegnare un messaggio che arresterà un attacco mortale contro centinaia di soldati, tra cui il fratello di Blake.


Voto 7,5


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Ragazzi del ’99 furono battezzati i poveri diciottenni che acquisivano l’età prevista per poter essere arruolati e inviati al fronte nel 1917, dopo una frettolosa e approssimativa preparazione militare. Ragazzi come i due protagonisti che Sam Mendes mette in primo piano nel suo film, anzi in primissimo piano, dal momento che la macchina da presa li prende in consegna sin dal primo istante, dal primo frame. Due giovani caporali dei lancieri britannici, William Schofield e Tom Blake, chiamati per una missione quasi impossibile, ordine a cui loro obbediscono ciecamente pur considerandola davvero ardua. Due giovani, ancora con la faccia di adolescenti, a cui la pesante uniforme, gli anfibi, lo zaino, il tascapane, il lungo fucile in dotazione, unitamente all’elmetto, davano protezione e goffaggine nello stesso tempo. Dunque, con un inizio introduttivo ma già dettato dalla frenesia dai tempi ristretti a disposizione per raggiungere lo scopo, assistiamo alle prime riprese della steadycam che un po’ li precede e po’ li segue nella frettolosa corsa nella trincea inglese, facendoci inevitabilmente venire in mente la insuperabile carrellata di Stanley Kubrick. Con la differenza che lì la mdp alterna l’inquadratura sull’espressione inquieta e preoccupata di Kirk Douglas e quella in soggettiva tra le due file di uomini così come li vede lui, fotografando anche le preoccupazioni del colonnello Dax per la sopravvivenza dei suoi soldati, appoggiati alle pareti e in attesa di ordini ma ormai sfiancati e poco fiduciosi, mentre sulle loro teste imperversano le esplosioni dell’artiglieria nemica; mentre qui l’inquadratura (perfettamente ferma, miracolo della steadycam) è a ridosso dei due baldi giovani, che percorrendo perfino contromano il dedalo della tortuosa trincea e rimbalzando tra i commilitoni nervosi poco prima di un attacco, esprimono più che altro curiosità per l’ordine che si apprestano ad ascoltare dal generale Erinmore in persona. Di tutto si aspettano, tranne sicuramente quello che sentiranno dalla bocca dell’alto ufficiale: una missione che rasenta l’impossibilità, almeno per il fatto che il tempo a disposizione è estremamente scarso e i chilometri da percorrere sono tanti. Prima che sia troppo tardi devono raggiungere due battaglioni, composti da 1600 giovani come loro, che si trovano aldilà della terra di nessuno, una perigliosa traversata da percorrere senza pausa, pena il fallimento dell’incarico e di conseguenza la perdita della vita di tutti quei militari.


(Da notare nel video le affascinanti riprese del set e dell'uso della speciale steadycam)



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Inizia così drammaticamente un film costituito da due lunghissimi long shots (ovviamente finti perché costruiti magnificamente in sede di montaggio), due interminabili piani sequenza, interrotti solo dallo svenimento e conseguente buio cerebrale del coraggioso Will Schofield, coincidente tra l’altro con l’avvento della notte. Buio dentro e buio fuori dal corpo del militare, che servono a dare anche una pausa meritata all’esausto spettatore che assiste quasi senza respirare allo sviluppo di una trama che non conosce sosta. Sosta impensabile dal momento che gli avvenimenti filmati si svolgono in tempo reale, partendo dal momento in cui i due (che stavano tranquillamente riposando all’ombra di un albero) vengono chiamati ed iniziano il loro accidentato percorso tra trincee nemiche, fili spinati, enormi buche scavate dalle artiglierie di entrambi i fronti, e tanti tantissimi cadaveri che marciscono tra fango e topi enormi, corpi gonfiati dall’acqua, deformati dalla sofferenza prima della morte, oppure scarniti fino allo scheletro. In tempo reale li accompagniamo per tutta la durata del tragitto e del film, fino all’arrivo, con l’unico momento di un momentary lapse of reason nella pausa su citata. I due lunghissimi piani sequenza, pur se non reali, hanno perciò richiesto una lunga ed adeguata preparazione degli attori, durata ben sei mesi, per poter poi iniziare le riprese a mo’ di teatro, senza poter sbagliare battuta o movimento, per non ripetere l’”action” del regista. Un lungo approccio nelle trincee amiche e nemiche, quindi una lunga galoppata nei campi e nei villaggi della campagna nei pressi della tanto temuta Linea Hindenburg, il vasto sistema difensivo tedesco nel nordovest della Francia, ed un finale disperato ancora nelle strette trincee dove gli inglesi erano pronti a sferrare l’attacco che il messaggio del generale voleva fermare a tutti i costi. Il film inizia in trincea e in quegli stretti cunicoli praticamente finisce, dando maggior risalto a quella tecnica che caratterizzò la Prima Guerra Mondiale, che fu appunto detta “di posizione”.


Ma attenzione: in realtà la missione dura ben più delle due ore del film, in quanto inizia nel primo pomeriggio, arriva a sera e dopo la pausa della notte si trascina fino all’alba concludendosi in pieno giorno, ma siccome le intenzioni del regista erano quelle di farci vivere in un unico lasso di tempo l’intera avventura, Sam Mendes allaccia la successione dei fatti in una progressione continua. Ancora una volta assistiamo al miracolo del cinema che ci offre la magia di cui è capace: farci vivere quello che si vuole raccontare, facendoci partecipare con passione e tensione senza un attimo di sosta, facendoci credere che tutto ciò che vediamo possa essere vero.


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Girato interamente in esterni nella campagna inglese, la storia si svolge quasi totalmente in quella terra di nessuno che è lo spazio tra gli schieramenti nemici barricati negli scavi fortificati, un'area proibita, mortifera, recintata, insidiosa e completamente esposta: in pratica una vera e propria trappola a cielo aperto. Trappola che si rivela tale in ogni momento, con i tanti pericoli in agguato che attendono i protagonisti, pericoli che ben presto si rivelano fatali per uno dei due, lasciando così da solo il coraggioso Will a portare a termine il gravoso compito. Sembra, come hanno notato giustamente in tanti, un moderno videogame in cui egli deve schivare proiettili di cecchini, nuotare in un fiume impetuoso, attraversare ponti in rovina, litigare con i commilitoni che inconsapevolmente lo ostacolano nella corsa affannosa.


Tutto perfetto? Tutto magnifico? Dal punto di vista cinematografico e tecnico sì, indubbiamente. E questo rappresenta uno dei maggiori pregi del film, ma a mio parere ci sono anche alcune critiche da muovere, nonostante tutto. Per esempio sono evidenti gli strattagemmi della sceneggiatura che servono ad agevolare lo spirito avventuristico ed epico del giovane caporale: chi aveva appena munto il latte trovato nel secchio nella disabitata fattoria ormai totalmente distrutta in cui pascolava placida una mucca? e il latte addirittura fresco? Latte che una volta versato nella borraccia (che Will aveva appena svuotato dall’acqua per lavarsi gli occhi sporchi) servirà nella notte a sfamare il bimbo della povera giovane che vive da sola nella casa dove lui passerà la notte, dove lascerà anche i vasetti di cibo che aveva trovato nel bunker dei tedeschi, che normalmente distruggevano tutto e lasciavano terra bruciata. Davvero incredibile poi attraversare il fiume camminando come un equilibrista da circo sulla stretta ringhiera del ponte distrutto mentre un cecchino non riesca mai a colpirlo, come anche sopravvivere alle rapide e alle cascate una volta caduto in acqua. Più che una missione spericolata in tempo di guerra pare un film d’azione in cui l’eroe non deve morire, al massimo ferirsi, come appunto un videogame in cui si vincono le “vite” in una sorta di corsa a tappe con traguardi a premi.


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È un thriller e non un vero film di guerra, anche perché scene di guerra non se ne vedono, non si assiste ad alcuna battaglia, se non per le operazioni propedeutiche per gli assalti, se non per una piccola battaglia aerea. Ed invece tanta distruzione, tanti morti disseminati nei campi lasciati marcire, pezzi di corpi tra cui barcamenarsi per andare avanti. Non era intenzione di Sam Mendes parlare di guerra, infatti, non ha voluto girare un war movie o fare una lezione di Storia, ma un film per rendere onore ai tanti giovani che si sono sacrificati per la Patria e che sopravvivendo hanno testimoniato la follia bellica, raccontando - come ha fatto il nonno del regista a cui è dedicato il film con un pensiero nei titoli di coda - al nipote le dure esperienze che ha dovuto vivere nella Grande Guerra. Un thriller quindi, un thriller in tempi di guerra, con gli stilemi del racconto ansiogeno e adrenalinico: non ci sono atti di eroismo, ma una giusta dose di gesto epico, di coraggio, di abnegazione militaresca di giovani che ubbidiscono ciecamente, quindi inevitabilmente un tantino retorico. Nonostante tutto ciò mi sento di dire che però, oltre alla grande ed apprezzabile tecnica, il film non va molto oltre: manca il cuore, manca l’anima di una trama vera, non racconta molto di più di questa forsennata corsa tra macerie e corpi inanimati, ufficiali guerrafondai e migliaia di soldati destinati al macello, spesso sacrificati solo per motivi strategici. Il film invece si concentra principalmente sulle peripezie di Will Schofield, novello Filippide che corre da un fronte all’altro con un dispaccio di importanza vitale, con lo stile esasperato di Harold Abrahams in Momenti di gloria.


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Più in generale va detto che è un’opera che conferma il virtuosismo di Sam Mendes, bravissimo in questo che è un vero esercizio di stile, di esibizione tecnica di elevato mestiere, migliorato nelle scene di azione con le impegnative prove degli ultimi due Bond-movies. È una regia decisamente moderna, che sfrutta le capacità tecnologiche di cui oggi si può disporre, che dimostra le idee chiare che aveva sin dall’inizio, di una ottima preparazione in fase istruttoria. A cui va aggiunto la felice scelta di un eccellente commento musicale degno di un thriller ad alta tensione ad opera del multicandidato Thomas Newman e soprattutto di un maestro della pellicola. La sublime fotografia di Roger Deakins, storico collaboratore di Mendes e già premio oscar (Blade Runner 2049), ci fa addentrare in una geografia martoriata e distorta, frutto del logorio bellico della Prima Guerra Mondiale: una geografia in cui non è possibile distinguere i cadaveri dal fango, anzi essi sono parte integrante dei luoghi, a volte diventano addirittura punti di riferimento (come il corpo dell'uomo morto sul filo spinato che segna l'inizio di un passaggio). Un mondo estraniato dall’Umanità, arido, ostile, conturbante, a tratti fantasmagorico o infuocato come l'inferno, pari alla Geenna citata dal generale che ordina ai due caporali di intraprendere la missione. Sam Mendes è stato felice anche nella scelta dei due attori principali, Dean-Charles Chapman e specialmente George MacKay (costantemente in scena), già notato in Captain Fantastic e Come vivo ora. Una bella faccia interessante che vedremo sempre più spesso dopo questa occasione d’oro ben sfruttata, perché se l’è cavata in maniera notevole. Non li ha scelti tra le stars famose, perché a suo dire ci saremmo altrimenti aspettati due eroi invincibili e immortali.


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Il voto complessivo risente quindi della straordinaria regia, dei bravi attori impiegati (a cui si aggiungono gli importanti camei di Colin Firth, Mark Strong, Benedict Cumberbatch e Richard Madden), del valore complessivo del cast tecnico e artistico e anche dei falli della sceneggiatura che ho prima elencati. Che poi il film possa essere il probabile vincitore dei più importanti prossimi premi Oscar (10 candidature!) mi sembra decisamente esagerato, così come è successo con i Golden Globe: secondo me non è affatto il miglior film del 2019, ce ne sono di sicuro altri che metterei volentieri davanti. Senza nulla togliere al valore oggettivo del bel film che rimane.


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Riconoscimenti

Premio Oscar 2020

Migliore fotografia

Migliori effetti speciali

Miglior sonoro

Candidatura miglior film

Candidatura miglior regista

Candidatura migliore sceneggiatura originale

Candidatura migliore scenografia

Candidatura migliore colonna sonora

Candidatura miglior trucco

Candidatura miglior montaggio sonoro

Golden Globe 2020

Miglior film drammatico

Miglior regista

Candidatura miglior colonna sonora originale

Premi BAFTA 2020

Miglior film

Miglior film britannico

Miglior regista

Migliore fotografia

Migliore scenografia

Miglior sonoro

Migliori effetti speciali



 
 
 

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