28 settimane dopo (2007)
- michemar

- 14 lug
- Tempo di lettura: 4 min

28 settimane dopo
(28 Weeks Later) UK, Spagna 2007 horror 1h39’
Regia: Juan Carlos Fresnadillo
Sceneggiatura: Rowan Joffe, Enrique López Lavigne, Jesus Olmo, Juan Carlos Fresnadillo
Fotografia: Enrique Chediak
Montaggio: Chris Gill
Musiche: John Murphy
Scenografia: Mark Tildesley
Costumi: Jane Petrie
Robert Carlyle: Donald “Don” Harris
Rose Byrne: Scarlett Ross
Jeremy Renner: sergente Doyle
Harold Perrineau: Flynn
Catherine McCormack: Alice Harris
Mackintosh Muggleton: Andy Harris
Imogen Poots: Tammy Harris
Idris Elba: Stone
Shahid Ahmed: Jacob
Emily Beecham: Karen
Amanda Walker: Sally
Garfield Morgan: Geoff
Raymond Waring: Sam
TRAMA: Un tremendo virus ha infettato la maggior parte della popolazione inglese, trasformata in mostri rabbiosi assetati di sangue. Sei mesi dopo, l’esercito americano ritiene che la situazione sia ormai sotto controllo e fa rientrare i pochi sopravvissuti. Ma il cessato allarme è prematuro: infatti il virus è ancora attivo, ed è perfino divenuto più resistente e micidiale
VOTO 6

La sceneggiatura del sequel di 28 giorni dopo è alquanto ripetitiva e gran parte ne è solo l’allungamento, anche se contiene alcuni elementi interessanti e offre abbastanza sangue che i fan dell’horror potrebbero essere in grado di apprezzare se non fosse per l’approccio stilistico impiegato dal regista Juan Carlos Fresnadillo. Apparentemente, il regista crede che il modo corretto di filmare qualsiasi scena d’azione sia quello di scuotere violentemente la telecamera e spostarla selvaggiamente avanti e indietro, rendendo così praticamente impossibile capire cosa stia succedendo e spingendo gli spettatori con il mal d’auto sull’orlo della nausea.
Come se non bastasse, in sala di montaggio, si è assicurato che nessuna singola inquadratura durasse più qualche secondo. Inoltre, la lotta culminante si svolge nell’oscurità, rendendo molto più difficile decodificare l’azione. Sfortunatamente, è un problema sempre più comune. È un buon modo per coprire gli errori e incoraggia la pigrizia. Che importanza ha se un combattimento è ben coreografato se il pubblico non riesce ad avere un’immagine chiara? In pratica, è fonte di frustrazione perché l’approccio del regista priva così della capacità di apprezzare qualsiasi scena in cui c’è un combattimento, un inseguimento o un’altra forma di azione.
Un altro aspetto particolare è che, pur essendo un sequel, nessuno dei personaggi del primo film è tornato. Invece, seguiamo un nuovo gruppo di individui dai loro primi preoccupanti incontri con gli infetti dalla rabbia, durante l’iniziale terrore della Gran Bretagna, fino ai loro tentativi di ripopolare Londra sei mesi dopo. Don (Robert Carlyle) e Alice (Catherine McCormack) hanno due figli, Tammy (Imogen Poots) e Andy (Mackintosh Muggleton). I due adolescenti erano stati mandati in Spagna durante l’epidemia, mentre padre e madre si erano nascosti in casa. Quando il loro nascondiglio viene scoperto da un gruppo pericoloso, il codardo marito scappa, supponendo che la moglie sia stata uccisa. 28 settimane dopo, appunto, i figli tornano a casa, ma non passa molto tempo prima che diventi evidente che la crisi non è finita.
I membri dell’esercito americano, tra cui il medico capo Scarlett Ross (Rose Byrne), un tiratore scelto sergente Doyle (Jeremy Renner) e un pilota di elicotteri Flynn (Harold Perrineau), cercano di contenere la nuova epidemia, che però si diffonde troppo velocemente e troppo violentemente, innescando la soluzione definitiva: il Codice Rosso. Che sarebbe il tipo di allarme con gradi successivi di severità, fino all’ordine di eliminare anche senza pietà tutti coloro che sono in giro.
La prima e migliore metà del film è principalmente dedicata all’impostazione e allo sviluppo dei personaggi. È qui che ci viene data la possibilità di conoscere i nuovi protagonisti e di avere un’idea del piano per riportare Londra a una città viva e pulsante dalla città fantasma che è stata negli ultimi sei mesi. Quando il film si avvicina al traguardo di un’ora, tuttavia, si trasforma in un lungo inseguimento, con persone che sparano, urlano e vengono fatte a pezzi dagli infetti mentre corrono in corridoi e tunnel bui e lo spettatore cerca disperatamente di ricostruire cosa stia succedendo. Certo, ci sono dei limiti a ciò che si può fare in un film di zombie, ma un pizzico di originalità o coerenza sarebbe stato apprezzato.
Scene d’azione a parte, l’aspetto del film è fedele a quello del suo predecessore. Londra appare sudicia e sbiadita, una città morta e decadente che a volte sembrerebbe adattarsi comodamente al mondo sviluppato da Alfonso Cuaron ne I figli degli uomini. Le riprese dall’alto e a lunga distanza di strade vuote ed edifici abbandonati sono inquietanti, ma non più che nell’altro film.
Anche se non molto originale, il primo film era comunque ricco di suspense e coinvolgente. Questo non è né l’uno né l’altro e i personaggi non sono così simpatici o interessanti. I ragazzi sono trattati in modo superficiale e la sceneggiatura non si preoccupa molto degli adulti. Robert Carlyle, Catherine McCormack e Rose Byrne sono in ruoli praticamente sottoutilizzati e il confronto con quelli di Cillian Murphy, Naomie Harris e Brendan Gleeson è impietoso avendo avuto personalità più sviluppate e più empatiche. La tensione deriva solo dal fatto che gli spettatori si preoccupano di ciò che accade ai nuovi personaggi e solo l’attrazione eventuale del pubblico con i protagonisti del primo film lo rende interessante. In caso di mancanza di tale connessione il tutto si riduce a una serie di sequenze caratterizzate da momenti shock, azione frenetica (e spesso caotica) e gore stilizzato, senza eccessiva suspense.
È un peccato, perché l’idea fondamentale di estendere la trama introdotta 5 anni prima poteva essere intrigante. Il problema è che le persone a cui è stata affidata la responsabilità di portare questo film sullo schermo hanno preso decisioni che hanno prodotto un’opera di portata media. La tecnica e lo stile sono i più colpevoli di qualsiasi altro problema nel ridurre l’efficacia di questo thriller sugli zombie. Il vero problema principale è che si avverte fortemente l’assenza dell’ottimo Alex Garland alla scrittura e questo pesa molto.




































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