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I figli degli uomini (2006)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 1 set 2022
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 7 dic 2023


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I figli degli uomini

(Children of Men) UK/USA 2006 fantascienza 1h49'


Regia: Alfonso Cuarón

Soggetto: P.D. James (romanzo)

Sceneggiatura: Alfonso Cuarón, Timothy J. Sexton, David Arata, Mark Fergus, Hawk Ostby

Fotografia: Emmanuel Lubezki

Montaggio: Alfonso Cuarón, Alex Rodriguez

Musiche: John Tavener

Scenografia: Jim Clay, Geoffrey Kirkland

Costumi: Jany Temime


Clive Owen: Theolonius Faron

Julianne Moore: Julian Taylor

Michael Caine: Jasper Palmer

Claire-Hope Ashitey: Kee

Chiwetel Ejiofor: Luke

Charlie Hunnam: Patric

Pam Ferris: Miriam

Danny Huston: Nigel

Peter Mullan: Syd


TRAMA: In una Londra lacerata dalla violenza e dalla guerra civile, il burocrate Theo Faron conduce un'esistenza disillusa, apatica e priva di aspettative. La speranza si riaccende quando la sua ex moglie Julian lo contatta per una missione importantissima: proteggere Kee, una giovane immigrata che è miracolosamente rimasta incinta e condurla al sicuro al "Progetto uomo" per poter partorire e consentire alla scienza di trovare una soluzione a questa infertilità generale.


Voto 8

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2027: il grande problema di tutto il pianeta è l'infertilità congenita degli umani. La popolazione invecchia senza riuscire a riprodursi, con evidente e conseguente probabilità della sua stessa estinzione. Il più giovane cittadino del mondo è appena morto all'età di 18 anni: la popolazione piange la morte per l'assassinio di Baby Diego, l'ultimo essere umano nato sul pianeta, diventato una sorta di idolo mediatico. Ci risiamo, riecco il futuro pessimistico e per giunta, come capita spesso al cinema fantascientifico di oggi, distopico, in cui la libertà di azione e di pensiero è limitata dal potere. A peggiorare la situazione, socialmente controllata dall’esercito che non concede spazio ai cittadini di comportarsi liberamente, c’è appunto l’afflizione della mancanza di procreazione, peggiorata dalla dittatura militare.

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Il protagonista Theolonius Faron non crede più in niente, lavora da burocrate ed è attraverso il suo disincanto che entriamo pian piano nella storia, dal suo viso spaventato e prudente. Assiste sbigottito agli eventi, agli attentati, correndo ogni giorno il rischio di essere arrestato o di essere coinvolto in esplosioni causate da frange che cercano nella resistenza la libertà preclusa. Il compito rischiosissimo che gli ha affidato la ex moglie Julian non sa neanche se riuscirà a portarlo a termine ed è quello di procurare un lasciapassare per un'immigrata speciale, Kee, che è, incredibilmente, come un miracolo divino o naturale, incinta! Theo accoglie il pesante incarico con preoccupazione ma anche con grande impegno e vuole provarci a costo di rimetterci la pelle, fidandosi solo del vecchio amico Jasper Palmer, un ex vignettista politico che vive nel bosco, coltivando cannabis e accudendo la moglie, giornalista d'assalto ammalata e rimasta catatonica per le torture subite in passato. È a lui che si rivolge nei momenti di bisogno, mettendo a repentaglio quel rifugio e la vita della coppia una volta scoperto anche dalla banda guerresca in cui milita appunto la sua ex consorte: loro sono i “Pesci”, un gruppo terroristico che si batte per i diritti degli immigrati. Il punto drammatico è che non si può fare affidamento di nessuno e tutti sono potenziali nemici. L’importante, adesso, è scortare e accompagnare la ragazza e il suo bimbo, il cui parto è avvenuto in circostanze drammatiche, nel suo viaggio verso la nave “Domani” (nome altamente simbolico e beneaugurante) che traghetterà verso la salvezza del “Progetto umano”. Solo così si potrà sperare in qualche cambiamento positivo. Il viaggio sarà avventuroso e pieno di pericoli, con molte avversità, come tutta la trama.

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La storia, ambientata nel futuro di quella società distopica tanto narrata dalla letteratura e dal cinema, è tratta dall'omonimo romanzo della scrittrice britannica P.D. James in cui domina la visione di un futuro molto cupo e angosciante. Come il compatriota Iñárritu, da lui non dissimile nel dinamico virtuosismo registico, il messicano Alfonso Cuarón dichiarò di non aver voluto fare un semplice e solito film di sci-fi su un tetro mondo del futuro, ma qualcosa che rispecchiasse il nostro presente, il mondo attuale, esasperato sugli enormi temi dell’oggi: emigrazione, terrorismo, ambiente, deriva totalitaria del mondo occidentale. L’eccezionale bravura del regista si esplica in diversi momenti e sfida la sua abilità non solo con una macchina da presa a mano, ma anche con un uso studiato del piano sequenza, esplicitato da una palpitante ripresa durata oltre sei minuti e realizzata con la cinepresa collocata nell’abitacolo di un’auto, dentro e fuori la quale succede di tutto. Uno dei momenti topici di tutto il film, oltre ad alcune altre scene in cui sembra che da un momento all’altro la missione di salvezza debba fallire perdendo la vita lui, la donna e il neonato.

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Cinematograficamente, il film viene esaltato dalla fotografia grigia e naturale di un virtuoso della macchina, il celebre e premiato Emmanuel Lubezki, artefice anch’egli della bellezza del film. Sia nelle riprese interne che in quelle esterne, in cui pare di stare nei palazzi e nelle strade che purtroppo abbiamo visto nelle recenti guerre vicine e lontane: Beirut, Sarajevo, Baghdad e, come proprio nei giorni in cui sto scrivendo, le città dell’Ucraina. Macerie e sparatorie. È una storia di un futuro che è già alle porte ma è anche già storia di questi mesi.

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Il cast è notevole, l’attore protagonista Clive Owen è fantastico soprattutto nei suoi silenziosi sguardi attoniti. E se Julianne Moore ha un ruolo meno appariscente del solito, chi si esalta è Michael Caine, soave e chimicamente allegro/lisergico ma malinconico personaggio in forma hippy, mai visto prima. Inoltre, da segnalare la presenza di un soldato schizzato: Peter Mullan. Attori molto bravi ma il film gode di una regia non comune: Alfonso Cuarón, che si era già fatto notare per alcuni film in maggior parte di produzione messicana, si affermerà definitivamente in seguito con due film premiatissimi. I suoi Gravity e Roma sono nell'elenco dei Premi Oscar.






Riconoscimenti

2006 – Festival di Venezia

Premio Osella per il migliore contributo tecnico a Emmanuel Lubezki

2007 - BAFTA

Migliore fotografia

Migliore scenografia

Candidatura per i migliori effetti speciali

2007 - Premio Oscar

Candidatura per la migliore sceneggiatura non originale

Candidatura per il miglior montaggio

Candidatura per la migliore fotografia



 
 
 

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