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Acque profonde (2022)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 28 mar 2022
  • Tempo di lettura: 5 min

Aggiornamento: 22 ott

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Acque profonde

(Deep Water) USA, Australia 2022 thriller 1h55’


Regia: Adrian Lyne

Soggetto: Patricia Highsmith (romanzo)

Sceneggiatura: Zach Helm, Sam Levinson

Fotografia: Eigil Bryld

Montaggio: Andrew Mondshein, Tim Squyres

Musiche: Marco Beltrami

Scenografia: Jeannine Oppewall

Costumi: Heidi Bivens


Ben Affleck: Vic Van Allen

Ana de Armas: Melinda Van Allen

Grace Jenkins: Trixie

Tracy Letts: Don Wilson

Rachel Blanchard: Kristin

Lil Rel Howery: Grant

Finn Wittrock: Tony Cameron

Jacob Elordi: Charlie

Dash Mihok: Fernandez

Kristen Connolly: Kelly

Brendan Miller: Joel Dash


TRAMA: Vic e Melinda sono una coppia il cui matrimonio fallito è tenuto in piedi solo da un accordo: per evitare il divorzio, possono permettersi altri amanti purché non abbandonino la famiglia. Tutto però si complicherà quando gli amanti di Melinda inizieranno a scomparire facendo nascere dei sospetti sul conto del benestante Vic.


Voto 6 -


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A Little Wesley, in Louisiana, Vic e Melinda Van Allen sono una coppia con una bambina intelligente e vivace il cui matrimonio che, nonostante le moine affettuose, pare proprio senza amore ed è tenuto insieme solo da un accordo precario in base al quale, al fine di evitare il disordine del divorzio, a lei viene tacitamente concesso di avere continuamente amanti purché non abbandoni la sua famiglia. Lui accetta la strana ed anomala situazione sopportando le esuberanze della moglie, provocante e libertina senza ritegno, anche in presenza dei numerosi amici. Quando uno degli uomini entrati nelle grazie di Melinda sparisce, egli, per spaventare fino alla fuga l’ultima conquista, Joel, si vanta di averlo fatto fuori con una martellata. Salvo poi, sorridere quando i notiziari rivelano che il tizio era stato assassinato altrove con un colpo di pistola, ma intanto la fama di giustiziere si era cresciuta. Il rasoio, sul cui filo si sviluppa l’intero film, è lungo e molte cose accadranno sulla affilatissima lama.


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A cavallo tra gli anni ’80 e ’90 la critica ufficiale, quando scriveva di Adrian Lyne, utilizzava un termine che andava molto di moda nel cinema di quei decenni: patinato. Dava l’idea delle lisce pagine delle belle e costose riviste dalla carta liscia e consistente su cui si (s)parlava di quello che poi è stato definito gossip: chi lasciava chi e perché. Coppie che scoppiavano o che nascevano soprattutto sui set di cinema e TV. Quella TV che imperava nei soggiorni della media-bassa borghesia. Il regista fu la fortuna delle produzioni stuzzicanti e pseudoerotiche che vedevano begli uomini e belle attrici in primo piano, a cominciare dalla meravigliosa Kim Basinger, che con il clamoroso 9 settimane e ½ aprì le porte del successo e della notorietà. Il filone sembrava portare fortuna: Attrazione fatale, Proposta indecente, e altri titoli continuarono la carriera di Adrian Lyne. Carriera che, dopo il goffo tentativo del remake dell’intoccabile Lolita (nessuno può permettersi di replicare il Maestro!) e dell’infelice Unfaithful - L'amore infedele (2002), conobbe la pausa di riflessione. Solo dopo 20 anni riecco il regista affacciarsi con i temi a lui cari: eros e tensione.


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Diciamo pure thriller, se si può azzardare un vocabolo del genere fermandosi però quello ibrido, a metà tra quello classico e quello psicologico. Se ci mettiamo nei panni di un partner continuamente tradito per pura gioia del sesso non è che ci sia ampia scelta di reazione: o pianti in asso il partner e sparisce o sopporti la situazione come uno smidollato/a (non è una questione di genere). E anche queste due scelte possono avere mille motivazioni e risvolti. Il Vic di questo romanzo datato di Patricia Highsmith è raccontabile solo se ci tornano in mente le inespressività tipiche di Ben Affleck, attore e regista (sicuramente più bravo come secondo, oltre che più volte premiato sceneggiatore) che viene spesso accusato di immobilità facciale. Ma stavolta va detto che la caratteristica diventa funzionale e serve al protagonista per nascondere le sensazioni che prova e reprimere le istintive reazioni alle scene provocatorie (in tutti i sensi) della moglie Melinda. Pensa davvero che farà fuori l’ennesimo amante? Quello che il regista ci mostra è davvero ciò che sta commettendo o è solo ciò che vorrebbe?


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L’andazzo delle faccende domestiche non può durare e ogni passo in più della donna è una spinta in più per la rabbia dell’uomo. Geloso o no, conta poco: è la sopportazione dell’oltraggio umano e familiare che diventa insopportabile. Anzi, credo che il regista punti proprio sulle reazioni degli spettatori per creare le aspettative, che voglia farli spingere a tifare Vic: dai, reagisci! O vai via o dalle una lezione! È lì che punta Adrian Lyne? Certo è che alza il livello di tensione, tra un episodio dubbio e la morte reale di un giovanotto che stava al gioco della signora. È la creazione del dubbio, il gioco al massacro che conduce il regista, è il continuo andirivieni della donna che gioca col fuoco seducendo un nuovo uomo e provocando eroticamente il marito, che pare la perdoni sempre ogniqualvolta lei si riavvicina con l’innocenza di una colpevole.


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Quanto potrà durare l’elastico? A furia di tendere si rompe! E si rompe quando scopriamo che Vic sa passare dalla innocente e naturalistica passione per le lumache – che prima di essere mangiate devono prima spurgare – all’azione violenta, alla vendetta, al goffo tentativo di occultazione del cadavere che non può portare che ad altre complicazioni.


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Perché Melinda non badi mai alla loro bella e intelligente bambina non ci viene dato di sapere, come faccia a pescare i nuovi pesci al suo amo non viene mai mostrato, che ci faccia il loro amico di famiglia Don Wilson nei dintorni della gola sovrastante il torrente occultatore non ci viene spiegato: la sceneggiatura di Zach Helm e Sam Levinson (quest’ultimo, figlio del celebre Barry e già sceneggiatore di Euphoria e regista dell’interessante Malcolm & Marie) evita molte spiegazioni per puntare decisamente sul rapporto straniante tra i due coniugi. Fino al punto che il finale li lascia ancora assieme. Melinda che sorride compiacente a Vic, che sa che lei sa, irridendosi a vicenda.


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Un gioco al massacro psicologico dove al termine qualcosa, forse, è cambiato ma per non cambiare nulla, con uno schema che andava bene solo in quegli anni ’80. Tensione minima, curiosità poco sollecitata, emotività fredda. Che il film si faccia vedere è un conto, che rimanga nella memoria, anche per l’esibizione di Ben Affleck e Ana de Armas (sempre bellissima), dal faccino rotondo come la mela omonima, è difficile. L’acqua, in fondo, non è così profonda come dice il titolo: quella del torrente non basta neanche a sommergere del tutto il cadavere dell’ospite scomodo, e quella della piscina solo dove non si tocca.



 
 
 

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Il Cinema secondo me,

michemar

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