Amarcord (1973)
- michemar

- 22 dic 2022
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 20 gen

Amarcord
Italia/Francia 1973 biografico 2h3’
Regia: Federico Fellini
Sceneggiatura: Federico Fellini, Tonino Guerra
Fotografia: Giuseppe Rotunno
Montaggio: Ruggero Mastroianni
Musiche: Nino Rota
Scenografia: Danilo Donati
Costumi: Danilo Donati
Pupella Maggio: Miranda Biondi
Armando Brancia: Aurelio Biondi
Magali Noël: Ninola detta "Gradisca"
Ciccio Ingrassia: Teo
Nando Orfei: Lallo
Luigi Rossi: avvocato
Bruno Zanin: Titta Biondi
Gianfilippo Carcano: don Balosa
Josiane Tanzilli: Volpina
Maria Antonietta Beluzzi: tabaccaia
Giuseppe Ianigro: nonno
Marcello Di Falco: principe
Alvaro Vitali: Naso
TRAMA: A Borgo, nei primi anni '30, l'adolescente Titta cresce subendo condizionamenti dentro e fuori l'ambito domestico. Suo padre Aurelio è un piccolo imprenditore edile, perennemente in discordia con la moglie Miranda. Zio Pataca vegeta alle spalle dei parenti; zio Teo è ricoverato in manicomio. Nella provinciale cittadina vivono anche Gradisca, una procace parrucchiera e Volpina, una ragazza un po' scema e priva di freni inibitori.
Voto 8

“Mi ricordo” in romagnolo, un modo di sentire, una tenerezza senza nostalgia attraverso il suono magico del dialetto natale. Uno dei film meno elaborati e più spontanei di Federico Fellini che ha di diritto un posto d'onore nella memoria del cinema del XX secolo. Le sue scene di vita (stra)ordinarie, per vivacità di colori e per il tono popolare, sono inserite in un tessuto narrativo coerente e lineare. E magari ci risulta anche una delle opere meno moderniste del regista, che è ormai maturo (sono passati 10 anni da 8 ½). E sebbene la figura del giovane Titta sia un esplicito alter ego del regista, come ha spesso fatto con le sue opere, Federico Fellini crea un mosaico ricco e corale, senza un protagonista preciso, ma commentato dalla voce di un vecchio appassionato di storia.

Ci sono alcuni espedienti classici come l'alternarsi delle stagioni per creare una gamma di atmosfere diverse, che vanno dalla comicità alla malinconia o per dipingere quadri della sua memoria. Come succede in molti racconti autobiografici, il film inserisce il punto di vista ristretto e innocente dell'infanzia nel contesto sociopolitico di quell'epoca, cioè il ventennio fascista, facendoci assistere al lento insorgere della violenza e delle discriminazioni razziali, contrapposto all'umanità della vita quotidiana dei giochi dei ragazzi ma anche alla tranquillità del mondo degli adulti.

Il personaggio principale non è una persona ma si può affermare che è la terra dell’autore, quell’hinterland che accompagna la costa dell’Italia settentrionale nei dintorni di Rimini, regione in cui accadono i vari episodi. L'anno è il 1932 (anche se non è mai esplicitamente dichiarato, ma intuibile dai particolari), anno in cui la figura di Mussolini è quasi universalmente venerata, mentre la nazione è scivolata quasi incoscientemente nel fascismo e il ruolo della Chiesa si è assopito nella vita quotidiana quando ha accettato lo status quo. Solo la guerra non è apparsa all'orizzonte. A causa di ciò, l’atmosfera del film e dei tanti avvenimenti narrati è bilanciata da entrambi i poteri (politico e religioso) che predominano la gente comune che molto spesso è anche semplice.

Riconoscimenti
1975 - Premio Oscar
Miglior film straniero
Candidatura miglior regista
Candidatura miglior sceneggiatura originale
1975 - Golden Globe
Candidatura miglior film straniero
1974 - David di Donatello
Miglior film
Miglior regia






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