Prova d’orchestra (1978)
- michemar

- 22 feb
- Tempo di lettura: 3 min

Prova d’orchestra
Italia/Germania 1978 dramma 1h12’
Regia: Federico Fellini
Sceneggiatura: Federico Fellini, Brunello Rondi
Fotografia: Giuseppe Rotunno
Montaggio: Ruggero Mastroianni
Musiche: Nino Rota
Scenografia: Dante Ferretti
Costumi: Gabriella Pescucci
Balduin Baas: direttore d’orchestra
Clara Colosimo: arpista
Elisabeth Labi: pianista
Ronaldo Bonacchi: controfagotto
Ferdinando Villella: violoncello
Giovanni Javarone: tuba
David Mauhsell: primo violino
Francesco Aluigi: secondo violino
Andy Miller: oboe
Sibyl Mostert: flautista
Franco Mazzieri: tromba
Daniele Pagani: tromba
Luigi Uzzo: violino
Cesare Martignoni: clarinetto
Umberto Zuanelli: copista
Filippo Trincia: responsabile dell’orchestra
Claudio Ciocca: sindacalista
Angelica Hansen: violino
Heinz Kreuger: violino
Barbara Herrera: violino
Adelaide Aste: violino
Federico Fellini: voce dell’intervistatore
TRAMA: Gli orchestrali sono arrivati nella cappella del Duecento dove devono provare un concerto. Ci sarà anche la televisione e tutti si affannano a chiedere spiegazioni al direttore e al sindacalista, che indice uno sciopero contro l’autoritarismo del maestro. L’azione viene interrotta dalla demolizione di un muro: appena la nube di polvere si è dissolta le prove riprendono, ma il direttore inizia a fare un comizio in italiano e in tedesco.
VOTO 7

Il Federico Fellini più profondo e sociologico di sempre in un’opera per la TV che vuole essere una riflettuta allegoria della società di quei tempi e per questo ci trasporta nel microcosmo di un’orchestra, un esempio mentale che dipinge la società moderna attraverso l’armonia e il caos dei musicisti. Pubblicato nel 1978, il film abbandona i protagonisti tipici – nessun personaggio ha un nome, ma viene definito in base allo strumento che suona - per focalizzarsi sull’insieme, rappresentando il conflitto tra l’identità individuale e la funzione collettiva.
Il grande regista utilizza l’espediente documentaristico, tramite la presenza di una troupe televisiva che intervista i musicisti, svelando la complessità delle loro relazioni con gli strumenti e tra di loro. In tale modo il film si sviluppa in un crescendo di tensioni, dal sottile dissenso alla ribellione aperta, culminando in un’esplosione di rabbia e gioco che lascia dietro di sé solo fumo e muri crollati. La distruzione, insomma. Questo confronto riflette i conflitti reali nella società: l’autoritarismo del direttore d’orchestra tedesco riecheggia il passato fascista dell’Italia (mi piacerebbe vedere Fellini ragionare sull’oggi…), mentre l’influenza minacciosa del sindacato dei musicisti rappresenta l’oppressione delle strutture sociali.
Nonostante il caos, l’orchestra si riorganizza e riprende le prove, segno di una resilienza innata. L’Autore sembra suggerire che, nonostante le forze conservatrici e oppressive della società, c’è spazio per l’auto-espressione e la creatività individuale. L’assenza sullo schermo in un film di musicisti del compositore Nino Rota – che ovviamente ha scritto la colonna sonora - sottolinea ulteriormente il tema della lotta per l’indipendenza artistica.
È l’affermazione potente dell’arte come specchio della società, dove la musica funge da metafora per la ricerca del significato individuale all’interno di una struttura collettiva. Egli ci invita a riflettere su come i cambiamenti nelle dinamiche sociali e culturali influenzino l’equilibrio tra disciplina e libertà, autorità e ribellione.
Il film, con il suo messaggio profondo e la sua esecuzione artistica, continua a risuonare come un commento sagace sulla natura della società moderna e sul ruolo dell’arte nel navigare le sue complessità. Belle facce di belle donne e uomini piacevoli, brutte facce di mostri felliniani. Rime sboccate e voglia di sfasciar tutto. Necessità di coordinamento e personalismi. Ribellione e distruzione.
La voce fuori vampo dell’intervistatore è sua, il cast tecnico è quello storico dei grandi nomi.






























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