American History X (1998)
- michemar

- 10 mar 2019
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 30 giu 2023

American History X
USA 1998 dramma 1h59'
Regia: Tony Kaye
Sceneggiatura: David McKenna
Fotografia: Tony Kaye
Montaggio: Gerald B. Greenberg, Alan Heim
Musiche: Anne Dudley
Scenografia: Jon Gary Steele
Costumi: Doug Hall
Edward Norton: Derek Vinyard
Edward Furlong: Danny Vinyard
Beverly D'Angelo: Doris Vinyard
Jennifer Lien: Davina Vinyard
Ethan Suplee: Seth Ryan
Fairuza Balk: Stacey
Elliott Gould: Murray
Avery Brooks: dr. Bob Sweeney
Stacy Keach: Cameron Alexander
TRAMA: Spinto dal desiderio di trovare qualcosa su cui scaricare la sua rabbia, Derek diventa il leader di un movimento razzista che sostiene la supremazia dei bianchi. Le spedizioni punitive del suo gruppo e le risse continue culminano in un brutale omicidio. In prigione si ravvede, ma ad aspettarlo all’uscita c’è il fratello Danny, che lo vede come un modello da imitare.
Voto 9

Parlare e scrivere di questo film, che io personalmente trovo meraviglioso per contenuti trama argomentazioni morale ecc., si potrebbe iniziare in molti modi: uno è ricordare la scena più difficile che è anche una delle scene più forti che si possano vedere in un film, quella in cui i denti un giovane nero vengono frantumati sullo spigolo di un marciapiede allorquando lo stivaletto del nazista Derek lo schiaccia sul cranio. Quel rumore, quel fotogramma non fa a tempo a essere assimilato dal nostro cervello e piove giù come un sasso direttamente nel nostro stomaco e qui non riusciamo neanche a digerirlo perché ci prende un sussulto. Tremendo. Vuole provocarci il regista Tony Kaye? Vuole scuoterci? Non credo, lui ci vuole (di)mostrare con una sola sequenza il viaggio del pensiero nazifascista che percorre la mente del protagonista, muscoloso e determinato. Direi perfino radicalizzato. Una scena cruda e crudele, ma gli stessi aggettivi vanno bene anche per quei tanti giovani che il nazismo non lo hanno vissuto (e meno male per loro) ma lo esaltano per quel senso di potere di cui godono nella democrazia in cui vivono.

Il film alterna il bianco e nero al colore, intervalla i colori degli anni con gli stivali e della malvagità disumana con i giorni nostri, dove negli USA la legge permette di comprare armi in ordinari negozi e in cui la scuola non è ancora capace di far convivere studenti di vario colore. In questo ambiente vive un giovanotto muscoloso e dallo sguardo fiero, nella cui testa e nel cui corpo pulsa sangue razzista con la svastica ben in evidenza, con l’idea della supremazia bianca come stella polare. Fin quando si accorge che c’è sempre qualcuno più a nord, qualcuno più bianco, qualcuno che si sente superiore a lui. e questo succede in carcere, dove non puoi fare sgarbi a quelli più potenti e sei nel contempo un bel ragazzo. Ricordiamo come il bel Monty de La 25ª ora (recensione) volle farsi picchiare ferocemente prima di entrare in galera: ecco, qui succede davvero nel carcere e quell’esperienza Derek non solo non la dimentica più ma diventa per lui una lezione di vita e di ravvedimento.

Il percorso di rinsavimento che segue Derek è illustrato dal regista Tony Kaye con un salto temporale: lui esce dal carcere e subito lo ritroviamo con un diverso atteggiamento. Lo sguardo è più sereno e il sorriso non è più perfido. Adesso la vera sfida è quella di affrontare diversamente i suoi vecchi amici che non hanno cambiato idee, ed è lì che Derek deve ancora giocare una partita molto difficoltosa, che è su due fronti. Da una parte la compagnia che lo ha atteso e dall’altra il fratellino Danny che lo aveva da esempio e che vuol ripercorrere le orme del fratello maggiore. Duplice missione piuttosto impegnativa e dagli esiti incerti. E dal sicuro epilogo drammatico.

Potremmo trovarci comodamente nello schema solito della perdizione e della redenzione e invece questo film è una storia densa e drammatica che colpisce e fa rumore, come quelli dei denti che sbattono sullo spigolo del marciapiede. Questo eccezionale esordio nella regia, capolavoro di Tony Kaye, si rivela un trionfo di cattivi sentimenti e malessere neonazista e si riassume tutto nel corpo scolpito e tatuato del suo protagonista Edward Norton: filo spinato sui bicipiti, una svastica sul petto, cranio rasato e sguardo da folle: basta poco per diventare indimenticabili. Tutto il valore di Norton viene a galla evidente (poi verrà esaltato appunto ne La 25ª ora di Spike Lee) e quel sorriso beffardo su un corpo muscoloso rimane impresso nella nostra mente. Il regista Tony Kaye ama i temi difficili, tant'è che dopo girerà, tra gli altri, il bellissimo Detachment - Il distacco.
Un film duro, durissimo ma strepitoso e indimenticabile, istruttivo e quasi edificante, di certo indimenticabile. Con un Edward Norton strepitoso!
Riconoscimenti
1999 - Premio Oscar
Candidatura miglior attore protagonista a Edward Norton






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