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Anatomia di una caduta (2023)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 27 feb 2024
  • Tempo di lettura: 8 min

Aggiornamento: 4 mag 2024

Anatomia di una caduta

(Anatomie d'une chute) Francia 2023 thriller 2h31’

 

Regia: Justine Triet

Sceneggiatura: Justine Triet, Arthur Harari

Fotografia: Simon Beaufils

Montaggio: Laurent Sénéchal

Scenografia: Emmanuelle Duplay

Costumi: Isabelle Pannetier

 

Sandra Hüller: Sandra Voyter

Swann Arlaud: avvocato Vincent Renzi

Milo Machado Graner: Daniel Maleski

Antoine Reinartz: pubblico ministero

Samuel Theis: Samuel Maleski

Jehnny Beth: Marge Berger

Saadia Bentaïeb: avvocato Nour Boudaoud

Camille Rutherford: Zoe Solidor

Anne Rotger: presidente della corte

Sophie Fillières: Monica

 

TRAMA: Sandra, Samuel e il loro figlio di 11 anni, Daniel, ipovedente, vivono da un anno in una località remota in montagna. Un giorno Samuel viene trovato morto ai piedi della loro casa e Sandra diventa una sospettata.

 

Voto 8



Guardando un thriller, qualche volta ci si accorge che non si sta seguendo semplicemente un giallo classico con tanto di omicidio e di alcuni sospettati su cui la polizia prima e il dibattito in aula poi indagano e provano ad arrivare alla verità e alla condanna dopo un verdetto ineccepibile e certo. No, alcune volte si avverte che il risvolto materiale è passa abilmente in secondo piano ed emerge prepotente l’aspetto psicologico dei personaggi implicati e le indagini del regista e dello sceneggiatore si concentrano sui moventi mentali e sul territorio morale dei rapporti tra i personaggi, tralasciando l’evento fisico per concentrarsi totalmente sull’aspetto mentale in tutte le sue variazioni dei vari attori presenti nella storia. Alcune volte, addirittura - e questo film ne è un esempio – l’esplorazione condotta dagli autori assurge ad una sorta di indagine metafisica, che va oltre le competenze di un’autorità giudiziaria.



La storia narrata dalla regista francese Justine Triet inizia quando lo scrittore Samuel (Samuel Theis) viene trovato morto nella neve fuori dallo chalet isolato dove viveva con la moglie Sandra (Sandra Hüller), scrittrice tedesca, e il figlio undicenne Daniel, ipovedente. L’indagine che ne segue porta alla conclusione di una morte sospetta dove non è possibile sapere con certezza se il morto si sia tolto la vita o sia stato ucciso. La donna viene per forza di cose incriminata e ne segue un processo che descrive la relazione della coppia che era in una fase cruciale di involuzione. Daniel, come può succedere ad un minore che si trova nel mezzo a questioni di questo genere, è un ostaggio tra il processo e la loro vita familiare, facendo sorgere in lui i dubbi anche sul suo rapporto con la madre.



Siamo sulle innevate montagne che circondano Grenoble (in realtà il film è stato girato in Savoia), dove in uno chalet vivono da un anno una scrittrice tedesca, il marito francese e il loro figlio che, a causa di un incidente stradale, imputato ad un momento di distrazione dell’uomo, è rimasto danneggiato al nervo ottico ed è divenuto ipovedente. Assieme a loro vive un bellissimo cane, Snoop, che non solo è il miglior amico del ragazzino ma diventa nel finale il protagonista di una prova importante che porta alla conclusione delle indagini. Essi hanno vissuto precedentemente in Inghilterra, da cui si sono trasferiti nella patria dell’uomo cercando una maggiore e migliore comodità per concentrarsi nella attività di scrittori di entrambi gli adulti. Questa mistura di nazionalità e di cultura porta i personaggi a parlare tre lingue: più frequentemente dialogano in inglese, con il disappunto di Samuel che preferisce il linguaggio francese, idioma che egli trova più consono all’ambiente, che però mette in difficoltà la volontà di Sandra di essere più chiara nell’esprimersi con la gente. Saltuariamente questa si esprime anche in tedesco, sua lingua madre. Quindi si assiste a passaggi frequenti tra i due principali modi di espressione, con indifferenza, tranne mei momenti apicali del processo in tribunale quando la donna, ormai accusata come sospetta autrice della morte del marito, chiede alla corte di esprimersi in inglese per fugare ogni dubbio sulla chiarezza delle sue dichiarazioni.



Quella mattina succede che, dopo un’intervista che Sandra rilascia ad una giornalista - che risulta pressoché fallimentare in quanto Samuel, dal sottotetto in cui sta lavorando di falegnameria, ascolta il brano PIMP dei Bacao Rhythm & Steel Band ad un volume così alto che risulta evidente come sia sua intenzione quella di far sì che l’intervista sia disturbata o che non avvenga affatto, tanto da farla rinviare altrove e in un altro momento – il piccolo Daniel esce per una passeggiata con il suo Snoop e quando torna trova il corpo del padre in una pozza di sangue caduto dal terzo piano, dopo essere rimbalzato sul tettuccio della legnaia. Morto. Per forza di cose e dopo diversi sopralluoghi, la polizia accusa Sandra di aver ucciso il marito. Qual è il movente? Ma soprattutto, l’uomo è stato veramente ucciso? È caduto accidentalmente? Si è suicidato (solo in seguito si scoprirà che prendeva antidepressivi)? In realtà, nulla può dare certezza che sia stata la donna, non esiste alcuna prova materiale schiacciante che lo possa dimostrare. Eppure, i sospetti cadono su di lei, più per assenza di altre soluzioni che per evidenze chiare. Questo è il principale motivo per cui il pubblico ministero (difficile trovare in altri film una figura più antipatica, indisponente, sprezzante e sessista in questo ruolo) punta decisamente, tramite le sue domande e insinuazioni continue, a scoprire il lato più egoista e interessato dell’accusata, presentata come gelosa del successo (ormai finito) del marito e come bisessuale abituata a tradirlo. Per quel magistrato, la donna ha agito per reazione ai continui litigi dovuti anche alle rinunce dell’uomo, che non trovava tempo per scrivere a causa del figlio bisognoso di assistenza. Più che puntare su prove materiali come moventi plausibili, il pubblico ministero tende a rovinare la reputazione della donna.



Il materiale necessario per seguire questa strada, la magistratura ha nelle mani una serie di registrazioni vocali che Samuel raccoglieva sullo smartphone ogni volta che scoppiava un diverbio, che una volta ascoltate in aula durante il dibattito dipingono Sandra come una persona assolutamente negativa. Facile immaginare le reazioni psicologiche del giovanissimo Daniel che vuole assistere al processo. Per questi motivi, il film non è un classico thriller in cui si deve giungere al verdetto di assoluzione o condanna, ma lo svolgimento è completamente sul livello psicologico mediante l’approfondita esplorazione dei caratteri dei coniugi e principalmente al pensiero, alla mentalità, alla presunta amoralità di una persona bisessuale, al comportamento scorretto e all’assenza di affetto verso il marito di questa donna, continuamente messa in difficoltà dall’accusa. Per sua fortuna, Sandra si avvale di un giovane e appassionato avvocato, Vincent Renzi (Swann Arlaud), che, come sempre succede ai difensori degli accusati, non dà alcuna rilevanza al fatto che creda o meno alla innocenza proclamata della cliente, ma punta decisamente a provarla in aula, sia con evidenze materiali che stando al gioco psicologico adottato dall’accusa. Il legale riesce molto spesso a rintuzzare gli attacchi del pubblico ministero, avversario davvero ostico, ma non perde fiducia ed ottimismo, dando un minimo di conforto a Sandra, sempre impassibile tanto da sembrare gelida e lontana da considerarsi condannata. Solo qualche momento di cedimento la scalfisce, dimostrando che non è un robot anaffettivo. A lei, la regista dedica non solo primi piani, ma anche inquadrature ingrandite di parte del viso apparentemente insensibile.



Il lavoro di Justine Triet si concentra sul suo scopo di elaborare uno sviluppo tutto cerebrale, tutto basato sulla sceneggiatura, che è finemente studiata nei minimi particolari. È un film di scrittura e di lettura, nel senso che è completamente basato sulla eccezionale sceneggiatura a quattro mani della regista e del suo compagno di vita e di lavoro, Arthur Harari, costituita da un’ossatura solida e inattaccabile, fitta di dialoghi sempre essenziali per capire il rapporto tra i due personaggi centrali e per dimostrare ciò che avrebbe spinto o meno la donna a comportarsi in un certo modo, il suo mondo interiore, il motivo per cui è così tranquilla anche quando tutto pare rivoltarsi contro, la sicurezza con cui reagisce alle incalzanti domande di chi vuol provare la colpevolezza. Lo ha colpito con un oggetto pesante alla tempia o quella ferita è stata causata dalla caduta sulla legnaia? Lo ha spinto o è stato un gesto volontario del morto? È una ricostruzione lenta e sfavorevole da parte dell’insopportabile pubblico ministero ma l’avvocato Renzi ribatte colpo su colpo, mentre il piccolo soffre la scomoda posizione di trovarsi in mezzo ad una situazione che non può comprendere. È la scrittura l’arma più potente del film e spetta allo spettatore leggere i minimi particolari in un film non breve ma molto appassionante, che costringe alla massima attenzione alle parole e agli atteggiamenti, lasciandolo nel dubbio per tutta la durata. Non si può neanche escludere che il verdetto non sia del tutto appagante o giusto, lasciando intatte le perplessità nonostante il pronunciamento finale.



Il titolo fa inevitabilmente tornare il ricordo di un altro molto simile, quello di Otto Preminger, e ne sembra una versione più moderna parafrasi sebbene se ne distingua per una maggiore lucidità e ampiezza di scrittura. Il candore di quel paesaggio innevato è macchiato dalla rossa chiazza di sangue e dalle strisce lasciate lungo la parete del capanno, ma è anche un lungo dibattito ora sottile ora guascone, i cui colpi sono retti con fermezza dalla donna, che resiste con dignità senza cedere alle insinuazioni di una vita dissoluta, confermando le scelte di vita come opzioni di libertà, anche sessuali. È la precisa analisi ipotetica di una caduta fisica e  anche la descrizione del tracollo di un rapporto di coppia, in cui la sopraffazione è la colpa di entrambi: si potrebbe giungere alla conclusione che non importa se ci sia stata la mano della donna nella disgrazia ma che invece l’obiettivo principale del film sia la degenerazione di una relazione umana ammalata di prevaricazione e rivalità che conducono ad uno squilibrio nell’ambito della coppia, nonostante sia lampante come i due si amino veramente. L’amore tra i due, infatti, non viene mai smentito né da parte della donna né da parte dell’uomo, da come si deduce dai diverbi verbali registrati e poi ascoltati in aula. Discussioni che si possono anche definire persino onesti.



Per la riuscita del film ed il successo che ne è derivato necessitavano una regia e da una sceneggiatura eccezionali ma il merito va per forza spartito con gli attori, in primis da una Sandra Hüller che in questi anni è migliorata a dismisura: è una performance di altissima eccellenza, una interpretazione dominata dalle straordinarie qualità di un’attrice capace di esprimersi in un inglese perfetto, con le pause e la minima gestualità che sono appannaggio solo di pochi artisti, capace di passare al francese con estrema facilità. E lo si nota a maggior ragione nei frequenti colloqui con il suo avvocato, interpretato dal bravissimo Swann Arlaud (apprezzatissimo e premiato protagonista in Petit paysan - Un eroe singolare, e poi in Grazie a Dio) il cui inglese ha, giustamente, un forte accento francese. Mai la regista viene tentata di far nascere un sentimento, facilitato dalla infelice situazione, tra i due, piuttosto un sincero accostamento per la battaglia condotta in totale e sincera solidarietà. E poi, ai fini stretti e contingenti del film poco contava: lo scopo della superlativa Justine Triet è tutt’altro e lo raggiunge ampiamente. Ottimo il resto del cast tecnico con elogi per la scenografia, il montaggio (importante per i ricordi riportati mediante qualche flashback) e la presa diretta del sonoro. Ma su tutti emerge la bravura cristallina di Sandra Hüller. Una particolarità da annotare: nei dialoghi dei due scrittori più di una volta viene evidenziato che spesso nei romanzi si fa riferimento a fatti personali e che, di contro, nella vita ci si comporta come nei romanzi e in questa diatriba di fiction / non fiction non si può evitare di accorgersi che sia Sandra che Samuel hanno lo stesso nome degli attori.



Gran film e premi a pioggia sicuramente meritati, macchiato solo dal marchiano errore della commissione francese di non candidarlo come rappresentante della nazione per la lista degli Oscar, dove però vi è rientrato in quella più importante dei dieci migliori film dell’anno. In compenso il bel border collie Messi, che nel film si chiama Snoop, è diventato un divo e anche lui ha ricevuto un riconoscimento!



Riconoscimenti

2024 - Premio Oscar

Miglior sceneggiatura originale

Candidatura per il miglior film

Candidatura per la miglior regia

Candidatura per la miglior attrice protagonista a Sandra Hüller

Candidatura per il miglior montaggio

2024 - Golden Globe

Miglior film straniero

Miglior sceneggiatura

Candidatura per il miglior film drammatico

Candidatura per la migliore attrice in un film drammatico a Sandra Hüller

2023 - European Film Awards

Miglior film

Miglior regista

Miglior attrice a Sandra Hüller

Miglior sceneggiatura

Miglior montaggio

European University Film Award

2023 - Festival di Cannes

Palma d'oro

Dog Palm al Border Collie Messi nel ruolo di Snoop

2024 - Premio César

Miglior film

Miglior regia

Miglior attrice a Sandra Hüller

Miglior attore non protagonista a Swann Arlaud

Miglior sceneggiatura originale

Miglior montaggio

Candidatura per il miglior attore non protagonista a Antoine Reinartz

Candidatura per la migliore promessa maschile a Milo Machado-Graner

Candidatura per la migliore fotografia

Candidatura per il miglior sonoro

Candidatura per la migliore scenografia

2024 – David di Donatello

Miglior film internazionale



 
 
 

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