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Proxima (2019)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 23 apr 2021
  • Tempo di lettura: 5 min

Aggiornamento: 29 mag 2023


Proxima

Francia/Germania 2019 dramma 1h47’


Regia: Alice Winocour

Sceneggiatura: Alice Winocour, Jean-Stéphane Bron

Fotografia: Georges Lechaptois

Montaggio: Julien Lacheray

Musiche: Ryuichi Sakamoto

Scenografia: Florian Sanson

Costumi: Pascaline Chavanne, Fanny Rappange


Eva Green: Sarah Loreau

Zélie Boulant: Stella Akerman Loreau

Matt Dillon: Mike Shannon

Lars Eidinger: Thomas Akerman

Sandra Hüller: Wendy Hauer

Aleksey Fateev: Anton Ocheivsky


TRAMA: Sarah è un'astronauta francese addestrata presso l'agenzia spaziale europea di Colonia. Unica donna del programma, vive solo con la figlia Stella, una bambina di nove anni, e si sente colpevole di non riuscire a passare molto tempo con lei. Quando poi viene scelta per prendere parte all'equipaggio di una missione spaziale dalla durata di un anno, la relazione tra madre e figlia ne soffrirà.


Voto 7

Il titolo, qualche immagine, una breve sinossi, uno sguardo superficiale, tutto può trarre in inganno sul contenuto e sul genere di questo film, che tutto è tranne fantascienza. Se proprio sfiora questa caratteristica è solo dovuto al fatto che la protagonista Sarah, col sogno nel cassetto da bambina di diventare astronauta, ora ormai realizzato, è alla vigilia del sospirato volo su un vettore pronto a decollare per raggiungere la ISS, la Stazione Spaziale Internazionale, per soggiornarvi un lungo anno. Tappa ormai intermedia per i viaggi interplanetari che l’uomo sta intraprendendo per Marte e Venere. “Marte è il passato, Venere è il futuro.” Una evoluzione scientifica di livello notevole. L’unico accenno alla fantascienza è proprio questa esile proiezione della trama che guarda al futuro dei viaggi spaziali, ma, per il resto, ciò che interessa alla francese Alice Winocour – nota per aver diretto il thriller Disorder - La guardia del corpo (recensione) e scritto il drammatico franco-turco Mustang – è il complicato rapporto che lega la mamma protagonista e sua figlia, che deve lasciare per tutto il periodo della missione.

Sarah è da tempo impegnata nella preparazione fisica di quella missione battezzata Proxima e, come prevedibile, è una delle poche donne che nella storia dei voli spaziali ha deciso di aderire. Vuoi per motivi fisici, vuoi per quelli sessisti, una donna nel centro di addestramento è vista con scarsa fiducia. Un po’ quello che sta succedendo anche a lei. Sin dal principio, il collega americano Mike la guarda con scetticismo e la osserva con attenzione per scoprire eventuali défaillances durante i durissimi esercizi a cui vengono sottoposti. Anche se riesce bene a mascherare le perplessità, Mike cerca di mostrarsi collaborativo e a instaurare un buon rapporto di lavoro, mentre il terzo uomo dell’equipaggio, il russo Anton è molto più disponibile e amichevole. Comunque, dopo i primi approcci forse non del tutto facili, l’equipaggio entra in sintonia e le difficoltà di Sarah paiono coinvolgerli per darle una mano.

Il problema principale della donna non è tanto quello fisico, anzi la sua determinazione e la sua ferrea volontà sono i suoi punti di forza e lei cerca in ogni modo di non rimanere mai un passo indietro rispetto alla preparazione mentale e corporea dei due colleghi. Il problema principale di Sarah è un altro, tanto importante per lei, che purtroppo interferisce con la sua stabilità psicologica e con la essenziale e indispensabile serenità che il momento richiede. Lei vive separata dal marito, un astrofisico che lavora nello stesso reparto in cui si è affermata professionalmente, cresce quindi da sola la loro figlioletta di 9 anni, Stella. Il loro legame è forte, fortissimo, fino al punto che la mamma fa molta fatica a lasciarla per quel lungo anno in cui si deve assentare per la missione che la attende. La deve affidare al marito che non è molto preparato a questo compito ma lo affronta bene e con impegno, e se la donna si duole distaccarsi dalla figlia, la piccola mostra invece incertezze e disapprovazione all’allontanamento materno. È evidentemente una separazione che la fa soffrire parecchio e, dopo i primi tentennamenti, non lo nasconde più. Quasi si offende per il fatto che sarà lasciata dalla madre, è un fatto che non accetta ben volentieri. Anzi, tutt’altro. Di conseguenza la futura astronauta, avvertendo il disagio della figlia, ne risente a sua volta in misura maggiore.

Importanti diventano allora i fuggevoli contatti durante l’ultimo periodo di addestramento in cui i tre piloti spaziali curano i dettagli fisici e tecnici finali, prima della partenza. Fughe vietate dal centro spaziale da parte di Sarah, brevi visite da parte dell’ex marito e della figlia: ogni minima occasione diventa il pretesto per la donna per far giungere il messaggio importante alla figlia, per farla stare tranquilla, per rassicurarla che il periodo di assenza passerà velocemente, che non la dimenticherà, che si riuniranno al ritorno. È come un secondo parto, però visto come una partenza ed un allontanamento: a nulla servono, se non momentaneamente, gli abbracci molto affettuosi, le carezze, i baci. Stella fa tante domande e Sarah la rincuora. In queste condizioni lei necessita di tutta la comprensione dei due colleghi Mike e Anton, i quali fanno sì che la fiducia che loro pongono nella donna non sia mal riposta: il perfetto funzionamento del trio, la concordia e l’armonia tra di loro, sono elementi più che necessari affinché il viaggio riesca senza intoppi ed errori. Sanno molto bene che nello spazio gli sbagli si pagano cari.

Non è un film di fantascienza, è un dramma e Alice Winocour coglie l’occasione per trattare temi molto umani e molto importanti soprattutto per un pianeta ben diverso, quello della donna. Dei problemi che in genere la donna deve superare quando ha un lavoro molto impegnativo, che la allontana dalla casa, dell’indipendenza che una donna deve raggiungere alla pari dell’uomo, del fatto che l’essere femminile non deve essere un ostacolo alla carriera e in tutte quelle attività che ha intenzione di intraprendere. Ma è anche l’occasione per trattare il piano affettivo nei momenti difficili della convivenza, allorquando cioè la vita richiede un’assenza anche lunga: cosa succede ad un minore dal punto di vista psicologico? Come soffre un infante o un adolescente alla notizia della partenza del genitore? È un momento che va affrontato con giudizio e se serve anche con il supporto dello specialista, come infatti succede in questa trama, in cui la piccola Stella (bel nome, vero, per la figli di un’astronauta? il gioco lessicale continua anche con la gatta chiamata Laika!) viene affidata alle cure di una psicologa che per controllarne le reazioni e trattarla nella maniera adeguata.

Un film dedicato ad una donna firmato da una donna e il tocco femminile si nota, perché la brava Alice Winocour ha la giusta sensibilità nel raccontarlo e nel fotografare continuamente il viso e le (im)percettibili emozioni sul volto di Eva Green, che con i suoi occhioni mobili ci trasmette con efficacia tutto ciò che le passa per la mente. La sua interpretazione è ragguardevole, dosata al punto giusto, senza eccessi melodrammatici, mostrando la fatica e la sofferenza che prova nei momenti davvero difficili, come anche la determinatezza, ben espressa, con cui combatte le situazioni momentanee di sconforto e di abbattimento per qualche prova non del tutto riuscita. Eva Green dà spesso l’idea di essere un’attrice fredda e forse lo è anche stavolta, ma è davvero funzionale: la eccessiva emozionalità non è adeguata in una persona che si accinge a prove psicofisiche che travalicano le normali attività delle persone comuni. Lo spazio fa paura solo a guardarlo, figuriamoci a immergervisi in totale assenza di gravità, con la persona che più ami, nel caso Stella, che vive su quella palla lontana che si chiama Terra. A proposito, la piccola Zélie Boulant se la cava benissimo.

Buon film per un argomento che forse non era mai stato trattato prima nel cinema, sufficientemente riuscito e narrato con la delicatezza di una donna. Oltretutto in maniera attendibile, tanto da essere stato girato nelle locations perfette, una parte addirittura nella Città delle Stelle (il nome della bimba?) situata nella Russia europea centrale, una città chiusa e controllata dall’esercito, essendo un centro militare di addestramento e ricerca spaziale. Meglio ambientato di così è impossibile.

Un’ultima annotazione: la musica è di Ryuichi Sakamoto.



 
 
 

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