Attacco a Mumbai - Una vera storia di coraggio (2018)
- michemar

- 4 nov 2022
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 23 feb 2024

Attacco a Mumbai - Una vera storia di coraggio
(Hotel Mumbai) Australia/USA/UK/Singapore 2018 dramma storico 2h3’
Regia: Anthony Maras
Sceneggiatura: John Collee, Anthony Maras
Fotografia: Nick Remy Matthews
Montaggio: Peter McNulty, Anthony Maras
Musiche: Volker Bertelmann
Scenografia: Steven Jones-Evans
Costumi: Anna Borghesi
Dev Patel: Arjun
Armie Hammer: David
Nazanin Boniadi: Zahra Kashani
Tilda Cobham-Hervey: Sally
Anupam Kher: Hemant Oberoi
Jason Isaacs: Vasilij Orčevskij
TRAMA: Nel novembre 2008 un'ondata di attacchi terroristici getta nel caos la città di Bombay. Un gruppo di jihadisti si infiltra all'hotel Taj Mahal, dove una marea di disperati ha cercato rifugio. Una volta all'interno, i terroristi mettono in atto un sanguinoso assalto senza precedenti.
Voto 6,5

Anthony Maras, un pluripremiato regista, scrittore e produttore greco-australiano nato ad Adelaide, ha esordito con un fatto storico tragico e sanguinoso. Il suo film, infatti, si è occupato degli attentati di Mumbai del 26 novembre 2008, quando ci fu una drammatica serie di attacchi terroristici islamici avvenuti simultaneamente nella metropoli indiana e che provocarono 195 vittime e circa 300 feriti, la maggior parte indiani. Gli scontri durarono circa 60 ore e finirono con il sanguinoso blitz per la liberazione dell'hotel Taj Mahal, dove si erano asserragliati gli ultimi terroristi. Il totale degli ostaggi liberati durante le operazioni fu di 610 persone mentre i terroristi uccisi furono nove e solo uno fu catturato vivo.

L’abilità maggiore che il regista ha dimostrato è la maniera in cui egli è riuscito a catapultare lo spettatore sia nel pieno dell’azione terroristica e della conseguente azione di difesa dei tantissimi ospiti stranieri che soggiornavano nel lussuoso hotel, sia nella esauriente esplorazione dei caratteri dei tanti personaggi. Come si agisce abitualmente, l’inizio del film è dedicato alla gioiosa esperienza turistica delle persone agiate che stanno arrivando per il check-in e di chi già vi hanno preso alloggio, tutti carichi di speranza di trascorrere una bella vacanza e godere delle bellezze della enorme e popolosa città indiana. Si scopre così chi è felice di essere lì con la persona amata e chi invece è in fuga sentimentale, chi si trascina dietro i problemi di sempre con la speranza di metterli da parte almeno momentaneamente, chi è gentile e generoso, chi invece è scontroso. Famigliole e uomini d’affari.

Una umanità varia come quella che si incontra nei luoghi di vacanza, tra cui la famiglia britannica-iraniana di Zahra Kashani, che è lì con il marito americano David (Armie Hammer), il figlio Cameron e la tata Sally. Tra gli altri, un altro cliente importante, il russo Vasilij Orčevskij che ha anche organizzato una festa privata nella sua suite. L’albergo è di lusso, per cui il servizio è al massimo dell’efficienza e tanti sono i dipendenti pronti a soddisfare qualsiasi richiesta, anche di alcol. Tra gli inservienti c’è Arjun (Dev Patel) che ogni giorno lascia la casa nel quartiere povero e si reca a lavorare, ma sempre di corsa e rimbeccato dal suo superiore, lo chef Hermant Oberoi, che vuole licenziarlo per la distrazione di come si veste. Ma lui è bravo e disponibile e si rivelerà eroe nello sviluppo della tragedia che di lì a poco si scatenerà. Infatti, si radunarono dieci terroristi armati fino ai denti ed esaltati fino ad immolarsi in nome del loro dio in una serie di sanguinosi attentati in vari luoghi della città, e tra questi la Stazione Chhatrapati Shivaji di Mumbai, un comando della polizia, il Leopold Cafè dove si sono recati altri giovani turisti che si rifugeranno nell’hotel, l'Oberoi Trident Hotel e vari altri posti.

Quando si scatena l’inferno, l’imponente edificio in cui si svolge la maggior parte del film diventa un enorme labirinto dove la gente cerca riparo nelle infinite stanze e i tanti corridoi dove ogni angolo è adatto alla cruenta battaglia che vede terroristi pronti ad uccidere chiunque, stranieri e dipendenti disperati. Nel frattempo, la polizia circonda il monumentale albergo nel tentativo di intervenire e salvare le vite delle persone. Una tranquilla giornata si è trasformata in un incubo di fuoco e morte per gli ospiti, dove ognuno, egoisticamente, cerca di far valere la propria ricchezza per prevalere sugli altri e salvare la pelle, sperando che alla fine dell’incubo le forze dell’ordine li portino in salvo.

La vacanza diventa così un film d’azione e il buon Anthony Maras gira sequenze palpitanti degne dei migliori registi dediti a questo genere, a cominciare da quell’abilissimo cineasta chiamato Paul Greengrass che meglio di altri ha saputo trasmettere l’ansia e l’inquietudine della gente bloccata e sotto la minaccia delle armi terroristiche in aerei (vedi United 93), navi (Captain Phillips - Attacco in mare aperto) o in isolotti (come il bellissimo e poco conosciuto 22 luglio), tutti riguardanti eventi realmente accaduti. Lunghissimi minuti di terrore e sangue che terminano con una terribile statistica di vite perse, tra stranieri e locali. Per più di tre giorni e tre notti, dodici diversi siti sparsi per tutta Mumbai furono presi d'assalto dai giovani jihadisti, che ricevevano istruzioni via telefono. Polizia e forze di sicurezza furono impegnate a fare del loro meglio mentre turisti e gente del posto cercarono rifugio dalla città letteralmente in fiamme. In molti si riversarono nell'unico posto della città che per loro era sicuro: il leggendario Taj Mahal Palace Hotel, che invece era l'obiettivo principale dei terroristi, tanto che in poco tempo lo storico edificio di sette piani divenne presto una zona di guerra. Ospiti e personale furono colpiti da bombe a mano, sparati e cacciati per tutti i corridoi dell'albergo. Cercare di sopravvivere divenne un'estenuante lotta. E se in tanti si salvarono fu per le geniali iniziative dell’indomabile chef Oberoi, che rimase calmo e lucido. Lo spettatore è proiettato nel cuore del ciclone terrorista tramite gli occhi e le acrobazie di Arjun, che diventa la guida del film.

Tutti i dipendenti si comportarono come dei piccoli eroi: per gran parte di loro, provenienti da contesti estremamente poveri, il lavoro al Taj Mahal rappresentava una promessa di vita migliore ed era un motivo di orgoglio. Delle 32 vittime, 15 erano dipendenti dell'albergo. A sole tre settimane dall'attacco, lo chef e la sua squadra riaprirono il primo dei dodici ristoranti all'interno dell'hotel. Il segnale che diedero fu forte e chiaro: niente e nessuno poteva intimidirli. Ventuno mesi dopo, l'albergo tornò al suo antico splendore e la cerimonia di riapertura – con cui si chiude il film -, in cui staff e clienti si ritrovarono, è molto emozionante: individui appartenente a razze, etnie e religioni diverse (dai clienti più ricchi ai componenti più giovani dello staff) diventano un tutt'uno dando l'esempio di come si vincano conflitti e violenze.
Il film non è un blockbuster ma è girato come se lo fosse, abilmente preparato e filmato da un regista dalle idee chiare che ci fa immergere in questa tragedia come fossimo anche noi barricati.
Buon film.
Premi ovunque: in Australia e in alcun festival.





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