Brado (2022)
- michemar

- 25 feb 2023
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 29 mag 2023

Brado
Italia 2022 dramma 1h56’
Regia: Kim Rossi Stuart
Sceneggiatura: Kim Rossi Stuart, Massimo Gaudioso
Fotografia: Matteo Cocco
Montaggio: Alessio Rivellino
Musiche: Andrea Guerra
Scenografia: Carlo Rescigno
Costumi: Marina Roberti
Saul Nanni: Tommaso
Kim Rossi Stuart: Renato
Ilaria Spada: amica di Renato
Viola Sofia Betti: Anna
Federica Pocaterra: Viola
Alma Noce: Rachele
Paola Lavini: cliente
Barbora Bobulova: Stefania
TRAMA: Dopo che il padre si è rotto alcune ossa, il figlio è costretto ad aiutarlo nel ranch di famiglia, addestrando un cavallo per vincere, ma prima devono risolvere l'ostilità e il risentimento che li ha tenuti lontani per così tanto tempo.
Voto 7

Padre e figlio non vanno d'accordo, perché il ragazzo ha deciso di allontanarsi da ormai tanto tempo. Costretti a rientrare in contatto in seguito a un incidente in cui il padre si è fratturato un braccio, i due devono gestire il ranch di famiglia e soprattutto addestrare insieme un cavallo difficile appena acquistato dall’uomo. Il giovane Tommaso (un nome che ricorre, che l’attore-regista riprende dalla sua precedente opera semiautobiografica), pur se contrariato di passare alcuni giorni con quello scorbutico e intrattabile genitore, rinuncia alle due settimane di vacanza dal lavoro (è uno stimato operaio dell’edilizia acrobatica, sempre appeso nel vuoto) per dedicarsi alla fattoria e cercare di addomesticare quel cavallo ribelle, tra litigi e pochi attimi di quiete familiarità, data anche l’assenza della madre che non ha saputo resistere a vivere con quell’uomo. La posta in palio, impensabile all’inizio ma diventata una sfida personale, sarebbe una competizione a cui vorrebbero partecipare, ma ovviamente in questo percorso difficile è in gioco soprattutto il tentativo di ricostruire un rapporto, un legame ostacolato da rancori e scontri del passato che si sono sommati nel tempo fino a costruire un muro di incomunicabilità.

L’operazione è davvero difficile, date anche le enormi difficoltà che Tommaso incontra, nonostante la sua abilità con i cavalli, ad educare l’animale, ma un po’ la sua caparbietà e l’entusiasmo che lo coglie, un po’ l’incoraggiamento burbero di Renato, lo spingono ad insistere e con l’aiuto insperato di Anna, una giovane amazzone istruttrice del vicino addestramento, riescono a preparare il sospirato evento. La trama segue contemporaneamente il filone del lavoro nel ranch “Brado” - posto sperduto nella campagna toscana, staccionate fradice, terreni trascurati, in cui l’uomo vive solitario, trasandato come un barbone, cercando di ricavare qualcosa dalle lezioni nel maneggio che dà ormai all’unica cliente rimastagli, dopo aver trattato male tutti gli altri già fuggiti via – con il faticoso lavoro nelle stalle e l’addestramento del nero cavallo e la preparazione tecnica e il duro allenamento in vista della gara, sempre con la complicità e l’esperienza della bella Anna, che attira non poco le attenzioni di Tommaso. Ma anche l’impiego di quest’ultimo, a cui piace tanto il lavoro che fa e che gli permette di viaggiare anche all’estero, e il sofferto legame con una ragazza di cui egli decide di liberarsi per dedicarsi alla nuova amica.

Tutto si svolge attorno al forte e ribelle cavallo Trevor, tutto si concentra sul compito di domarlo e prepararlo per la gara di salto nell’ippodromo importante della zona, non visto semplicemente come un animale, ma come uno scopo preciso di quegli anni solitari per il padre e del ritorno del figlio: Renato è appellabile con ogni tipo di sinonimi di intrattabile, è una persona che ha sempre voluto dominare la famiglia (composta anche da altre due figlie), la moglie con cui ha litigato una intera vita, gli eventi della fattoria, il modo di vivere del figlio momentaneamente tornato. Le esortazioni, gli incoraggiamenti, i rimproveri che egli usa in continuazione verso il giovane, continuamente mortificato, è il suo stile di vita, è la caratteristica caratteriale che lo ha fatto restare solo, ma sia lui che Tommaso, ragazzo sensibile e generoso, non disdegnano di immaginare un riavvicinamento, una rappacificazione che li unisca nell’affetto e nella conduzione del ranch, anche se il secondo non vorrebbe rimanere confinato in quella campagna. Renato è un uomo che vuole dominare la vita e il cavallo (dove il cavallo è in qualche misura una metafora della vita stessa); mentre il figlio è disposto a lasciarsi guidare sia dalla vita che dal cavallo. Loro si accapigliano, si odiano, si azzuffano e si trovano di fronte ad una resa dei conti davvero dura per poi alla fine scoprire che entrambi vogliono la stessa cosa, vogliono riconquistare l’amore che si è perso per strada.

L’ambientazione, le atmosfere, persino la musica, specialmente nel finale, danno un sapore di western moderno e nostrano, da Midwest, come è stato definito in maniera appropriata: le cavalcate fatte assieme, quelle notturne soprattutto, che sanno di avventura e complicità, un amore paterno e filiale difficile da gestire perché sempre in lotta. Ci sono vaghi sentori di Kevin Costner, di Robert Duvall, di storie americane narranti gli aspri rapporti di Hud il selvaggio con il resto dell’umanità. Ecco allora Renato discutere ad alta voce e respingere la moglie che si presenta con il giovane compagno menestrello, cacciare l’unica cliente del maneggio, ma contemporaneamente accogliere con effusione affettiva le figlie e guardare negli occhi il figlio che, anche se non glielo dice mai, vorrebbe accanto a sé. È la storia di un rapporto conflittuale, difficile, viscerale tra due uomini alla ricerca di un legame perduto che dia serenità, una strada in salita che deve essere percorsa, con un buon pretesto: vincere le resistenze del bellissimo Trevor, che poi sarebbe l’esistenza stessa di loro due e forse non solo, da quando sull’orizzonte è apparsa la valente Anna.

Parte anonimo il film, sembra uno schema classico e più volte visto (il padre maledetto, i flashback, certi dialoghi chiarificatori), ma l’energia che vi ha inculcato Kim Rossi Stuart, sia nel dirigere che nell’interpretare quell’uomo rude e antipatico, lo fa diventare un’opera sincera, genuina, in una parola “vero”. Un film onesto che mostra due personaggi forti, che evita ogni forma di retorica e vola alla velocità giusta, toccando corde umanissime, con due personaggi credibili, creati dalla penna dello stesso artista assieme all’esperto Massimo Gaudioso, per una sceneggiatura ben scritta, anch’essa realistica. E siccome si sa che non è una commedia, è d’obbligo attendersi l’evoluzione della trama che spinge verso la tragedia, immancabile per un racconto come questo, che sarà, inevitabilmente, la svolta per una decisione importante per il futuro.

Che Kim Rossi Stuart sia bravo non c’è da verificarlo qui e adesso: è un attore sincero come i suoi tre film da regista, che incarna personaggi molto vicini al suo sentire, è un attore pieno, di sostanza. E non gli è da meno il bravissimo Saul Nanni, che qualche partecipazione l’ha già in attivo, ma credo che questa è l’occasione migliore che gli sia mai capitata, perché hai voglia a dire che il personaggio del padre è ingombrante, ma invece è lui, Tommaso, che si appropria del centro dello schermo e il giovanotto lo tiene saldamente in pugno, senza strafare come poteva capitare. Forte interpretazione alla pari del suo maestro sul set. La giovane Viola Sofia Betti è sicura e spavalda, buonissima presenza, oltretutto ottima cavallerizza anche nella vita.

Una cosa certa è che Kim Rossi Stuart ha diretto solo tre film nell’arco di 15 anni e lui non è stato mai banale, sono tutti interessanti e densi. È sempre una presenza forte, dalla recitazione carnale, che dà impeto ad ogni ruolo, che, ripeto ancora una volta - come mi è capitato a proposito di Cosa sarà (2020), dove recita benissimo - non viene mai premiato a sufficienza, non viene considerato dal grosso pubblico per quello che vale. Spero di poterlo godere nel futuro nuovamente come autore, quando la maturità e l’esperienza lo faranno sicuramente migliorare ancora, data la preparazione che ha già ora.






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