top of page

Titolo grande

Avenir Light una delle font preferite dai designer. Facile da leggere, viene utilizzata per titoli e paragrafi.

C’è qualcuno nel mio scantinato (2025)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 5 giorni fa
  • Tempo di lettura: 7 min
ree

C’è qualcuno nel mio scantinato

(The Man in My Basement) UK, USA 2025 dramma/thriller 1h55’

 

Regia: Nadia Latif

Soggetto: Walter Mosley (romanzo)

Sceneggiatura: Nadia Latif, Walter Mosley

Fotografia: Ula Pontikos

Montaggio: Mark Towns

Musiche: Robert Aiki Aubrey Lowe

Scenografia: Kathrin Eder

Costumi: Lynn Ollie

 

Corey Hawkins: Charles Blakey

Willem Dafoe: Anniston Bennet

Anna Diop: Narciss Gully

Tamara Lawrance: Bethany

Jonathan Ajayi: Ricky

Gershwyn Eustache Jnr: Clarence

Pamela Nomvete: Irene

 

TRAMA: Charles Blakey, un giovane uomo afroamericano che vive a Sag Harbor, è bloccato in una vita che non gli gira bene e sta per perdere la casa, quando un singolare uomo d’affari bianco con un accento europeo si offre di affittare la sua cantina.

 

VOTO 6,5


ree

Nell’esordio della interessante regista Nadia Latif, Charles (Corey Hawkins) vive due tipi di vita: una in superfice ed una sotterranea, senza minimamente immaginare che un giorno avrebbe dovuto affrontare la seconda. È un giovane di colore rimasto solo dopo la morte degli ultimi parenti di una lunghissima e antica dinastia proveniente dall’Africa, ben otto generazioni che hanno costruito e tenuto degnamente una bella casa su due piani ed una cantina seminterrata in località Sag Harbor, storica enclave afroamericana oggi inglobata nei due Hamptons, zona orientale di Long Island. Dopo che sono dipartiti la mamma ed in seguito lo zio - che non sopportava e che, come scopriremo alla fine, ha trascurato fino allo spegnimento - è restato solo e con un mutuo bancario sulle spalle per effettuare ristrutturazioni di cui però non riesce a pagare le rate, tanto che si sta profilando all’orizzonte, come gli suggeriscono i due amici di bevute e giochi di carte, Ricky e Clarence, la cessione dell’immobile per estinguere il debito. La vita gli va malissimo, è disoccupato e ha zero voglia di cercare lavoro, ma l’idea di vendere casa, andare a vivere in affitto e lasciare così la dimora degli avi, lo sconcerta, ma non lo spinge a prendere iniziative. È sconsolato ma apatico, indolente a qualsiasi progetto di coraggio e cambiamento. Lo notiamo immediatamente, nella sequenza iniziale, nervoso e irascibile, venendo alle mani con un amico che meriterebbe più rispetto. Ed invece.


ree
ree

Quella vita in superfice è un fallimento. Se ne rende conto ma resta inattivo, quando, improvvisamente ed in maniera sconcertante, gli si presenta sull’uscio un uomo, dall’apparenza d’affari, che gli fa una di quelle proposte che non si possono davvero rifiutare nonostante il suo scetticismo: Anniston Bennet (Willem Dafoe), uomo bianco, apparentemente ricco, reticente, che gli propone di offrirgli un affitto altissimo e fuori mercato per vivere, per 65 giorni, nel suo scantinato. 100 dollari al giorno, 65.000 dollari complessivi. Per uno come il giovane rappresenta un’offerta tanto assurda quanto irresistibile, essendo ormai in caduta libera. Ma non accetta immediatamente, un po’ per non avere in prossimità domestica un estraneo, un po’ perché sembra tutto così strano, un po’ perché quella cantina è una sorta di discarica di oggetti abbandonati da decenni. Accetta, prende immediatamente un sostanzioso anticipo con l’arrivo dei pacchi dell’uomo tanto da saldare il conto con la banca, e, ripulendo la cantina, trova molti oggetti antichi provenienti dall’Africa che accendono subito l’interesse della bella Narciss (Anna Diop) che gestisce un negozio di antiquariato e di manufatti tradizionali.


ree
ree

La seconda vita di Charles ha inizio e quella in superficie, quella condotta con gli amici, le avances di Bethany, l’attrazione provata verso Narciss e qualche party, diventa secondaria e riservata, nel senso che tiene segreto il contratto che ha stipulato con il misterioso uomo ora quasi coinquilino. È una svolta inquietante, destabilizzante e assurda quanto il canone di affitto, perché nella prima visita sotterranea trova Anniston autorinchiusosi in una grande gabbia a mo’ di cella (pare Hannibal) bloccata da un grosso lucchetto la cui chiave gli viene consegnata: l’uomo è lì di propria volontà per restare prigioniero di se stesso e pretende di essere servito. Perché? Perché vuole essere rinchiuso, servito e controllato? Un esperimento? Una penitenza? Una provocazione? Per Charles, la discesa al piano inferiore segna l’inizio di un viaggio sempre più opprimente tra allucinazioni, rivelazioni e dinamiche di potere che ribaltano ogni schema.


ree
ree

La regia e la scrittura di Nadia Latif, artista che nasce regista teatrale e che colma lo sguardo dello spettatore con un arredamento riempitivo come un palcoscenico, sono le basi validissime per una sceneggiatura ricca di dialoghi anche concitati tra i due protagonisti in scena. Dopo lo sconcerto dei primi giorni, che con il trascorrere del tempo diventano difficili e insopportabili, sorgono i primi dubbi di Charles sull’aver accettato il patto e, a causa del peggioramento fisico e psichico dell’ospite indesiderato e delle provocazioni che il giovane subisce, i rapporti peggiorano di volta in volta, incontro dopo incontro, fino a precipitare in un pozzo mentale in cui mentre quello di Anniston è voluto e autopunitivo, Charles vi si trova trascinato. Tra i significati intrinsechi ed estrinsechi degli oggetti antichi ritrovati, il cui valore di mercato ipotizzato da Narciss (specialmente per le tre maschere) si rivela inimmaginabile, le mezze verità anche smentite successivamente da parte di Anniston, le mancate ammissioni dal Charles provocato, si scontrano i passati mai chiariti dei due uomini, vera causa dell’isolamento cercato dal primo e dai malinconici silenzi del secondo.


ree
ree

Mai lo spettatore avrebbe pensato di trovarsi al cospetto di due persone così sofferenti a livello psicologico. Ognuno di loro ha molto da nascondere, chi per essere stato spietato per motivi razziali, chi per esserlo stato con i familiari. I ricordi di Charles riaffiorano come incubi presenti e visibili, quelli dell’altro sono solo vagamente descritti, allusivi, criptati, poi smentiti e poi ancora ampliati, ma espressi con una tale forza ed efficacia da Willem Dafoe che è come se li vedessimo con gli occhi davanti a noi. I primi confusi ed onirici, i secondi chiari e immaginabili. Nei tanti momenti teatrali dei dialoghi, sale il livello di astio e di duello, fino a far invertire, in molte occasioni, le parti dell’accusatore e dell’accusato, e con linguaggio ora spietatamente chiaro ora enigmatico, con riferimenti reali e simbolici, e, in un’atmosfera che si fa sempre più asfissiante, lo scantinato del titolo diventa una zona di guerra, uno spazio liminale - quindi reale e nello stesso tempo immaginario - in cui il passato ed il presente si scontrano come i due duellanti. Uno è l’incarnazione della colpa bianca, l’altro quella della negazione di se stesso, ma l’autocondanna che l’uno si vuole infliggere (il finale è tragico proprio per questo) vuole essere anche una sentenza inevitabile per l’altro.


ree
ree

La cantina è un luogo fisico le cui pareti sono parallele a quella della cella di sbarre costruita ma pare un pianeta di un’altra galassia, estranea al piano del terreno sotto cui è stata scavata e ogni volta, come un astronauta, Charles risale in superfice mascherando il disagio psicofisico che lo devasta mentre si costringe a non accorciare le distanze dalla bella Narciss che gli sta offrendo, oltre sé, il progetto comune di un museo dei preziosi oggetti che ha portato alla luce, a cominciare dalle tre preziose maschere di legno (?) con il realizzo delle quali potrebbe fare a meno di riscuotere la pigione dell’autorecluso che nasconde suo malgrado. L’imbarazzo, intanto, è più che evidente e la ragazza non è in grado di capirne le cause, come tutti gli altri.


ree
ree

Quanti temi! Il principale difetto del film, che comunque trovo prezioso, è giusto l’enorme mole degli argomenti, per giunta mai approfonditi adeguatamente, ma lanciati nel verbo dialettico che domina il lungometraggio, e non sarebbe neanche possibile esplicarli a fondo, data la quantità e la profondità: afflitti entrambi i personaggi da traumi personali, emergono: il problema generazionale, il modo con cui la storia personale li ha condizionati, la colpevolizzazione che si è conformata nell’intimo e che vogliono (o volevano) nascondere, il condizionamento delle scelte di vita. Ed infine il denaro (e il modo) che entrambi hanno realizzato prima l’uno – con la sua attività criminale - e poi l’altro con il patto. Anniston si sotterra fisicamente, Charles moralmente. Ma i ruoli si invertono continuamente, in un gioco pericoloso più voluto dall’uomo per trascinare con sé il giovane. Troppo materiale per essere chiarito con risposte esaustive in meno di due ore, e il dramma, che è sostanzialmente un thriller psicologico, a volte molto vicino all’horror psicologico, crea tante domande che però lascia allo spettatore.


ree
ree

La regia di Nadia Latif, elogiabile dal punto di vista della messa in scena, pur nei suoi limiti, ha il grande pregio di affrontare tematiche complesse che forse solo con la scrittura esauriente si potrebbe completare e il film finisce come se le tante risposte le troveremo in un altro libro. Forse l’unico argomento chiarito è che il passato è passato ma quando non è sepolto nella mente, riaffiora a galla. Se Willem Dafoe dimostra ancora una volta che sia un grandissimo attore (una carriera piena di ruoli tra i più differenziati come pochi possono vantare, e con tanti registi importanti), un maestro di recitazione che con l’ambiguità ha un rapporto diretto, magnetico e sottile, è normale e gli siamo sempre grati: con quel suo sorriso, l’interlocutore non sa mai se può fidarsi o meno, come stavolta. Se poi una bella scoperta è anche Anna Diop, bellissima ed espressiva, la vera rivelazione è l’eccellente Corey Hawkins, un attore capace di incarnare una disperazione trattenuta, mai espressa pienamente, ma sempre sul punto di esplodere, dalla espressività dello sguardo tagliente che parla da solo, dalla mimica facciale che non ha bisogno di parole, che la Latif sfrutta pienamente fornendogli la possibilità di dare il massimo. Spero di poterlo vedere e ammirare di nuovo quanto prima.


ree

Non è facile condurre un thriller così difficile e difatti non è perfetto, per giunta con qualche sbavatura di sceneggiatura (per esempio, tra altre discrepanze, come fa un camion a scaricare i bagagli di Anniston senza che venga notato dalla affezionata, ma respinta, vicina Irene?), ma è comunque un esordio sul grande schermo apprezzabile e, contrariamente alla tanta critica che si è espressa scettica e poco generosa, lo ritengo un film da guardare con interesse ed il mio voto è giustificato dalle interpretazioni che valgono un giudizio più che positivo, almeno per i due coprotagonisti. Perché se è vero che il personaggio principale è Charles, Dafoe si prende la scena e, quindi, come si fa a scegliere il padrone del set?

Promosso e consigliato.

 


 
 
 

Commenti


Il Cinema secondo me,

michemar

cinefilo da bambino

bottom of page