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Cosa sarà (2020)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 29 mar 2021
  • Tempo di lettura: 6 min

Aggiornamento: 5 nov

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Cosa sarà

Italia 2020 dramma 1h41’


Regia: Francesco Bruni

Sceneggiatura: Francesco Bruni

Fotografia: Carlo Rinaldi

Montaggio: Luca Carrera, Alessandro Heffler

Musiche: Ratchev & Carratello

Scenografia: Ilaria Sadun

Costumi: Maya Gili


Kim Rossi Stuart: Bruno Salvati

Lorenza Indovina: Anna

Giuseppe Pambieri: Umberto

Barbara Ronchi: Fiorella

Raffaella Lebboroni: dottoressa

Nicola Nocella: infermiere

Fotinì Peluso: Adele

Tancredi Galli: Tito

Antonino Bruschetta: produttore

Elettra Dallimore Mallaby: madre di Bruno

Stefano Rossi Giordani: Umberto giovane


TRAMA: Bruno Salvati è un regista di scarso successo, reduce dalla separazione dalla moglie Anna da cui ha avuto due figli, la ventenne Adele e il diciassettenne Tito. A seguito di un malore improvviso, a Bruno viene diagnosticata una patologia che richiede l'intervento di un donatore. Tutti i suoi rapporti familiari vengono rimessi in discussione, compreso quello con suo padre Umberto, depositario di un segreto che costringerà Bruno ad affrontare un viaggio alla ricerca di qualcuno che lo possa aiutare.


Voto 7


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Per chiarire immediatamente il tema del film, vale più di ogni altra cosa ciò che ha dichiarato il regista Francesco Bruni, manifestandone così l’esperienza personale e il soggetto autobiografico: “Nel marzo 2017 mi è stato diagnosticato un tumore del sangue, la mielodisplasia, che è stato affrontato e (spero) risolto, con un trapianto di cellule staminali ricevute da mio fratello, nel febbraio del 2018. Da questa vicenda drammatica ho tratto questa storia, che tuttavia ho voluto complicare ad arte, perché non fosse un semplice resoconto medico. Il coinvolgimento dei familiari e del padre del malato, infatti, sono al centro della vicenda: la malattia diventa così una resa dei conti con la moglie ed i figli del protagonista ed un viaggio in compagnia del padre alla scoperta di qualcosa che è successo molti anni prima. Un segreto che contiene la possibile salvezza per il mio protagonista.


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E cosa sarà! Tante volte si affronta con scetticismo un problema serio di salute, confidando non solo nell’efficacia delle medicine e degli interventi chirurgici, ma anche della bravura, e quindi della fiducia che riponiamo, del nostro medico curante che ci indirizza nel miglior modo per uscire sani e salvi da una qualsiasi malattia. E cosa sarà! Perlomeno lo dicono i più sfrontati, i più coraggiosi, perché quelli che invece se la fanno addosso dalla paura si spaventano e corrono ad accendere un cero, coinvolgendo parenti e amici intimi nelle preoccupazioni conseguenti. E cosa sarà, però, tantissime volte, lo si chiede quando viene diagnosticata una malattia dal nome astruso e incomprensibile. E in questo caso diventa una domanda inquietante, la cui risposta va affrontata con coraggio. Eh, una parola! D’altronde, il coraggio, come scriveva il Manzoni per il tramite di don Abbondio, uno, se non ce l'ha, mica se lo può dare! Che tipo è Bruno Salvati, di professione regista cinematografico, l’ammalato in questione? È un uomo spiritoso, allegro ma facilmente umorale, anche perché il lavoro non gli gira bene (il produttore non gli trova i finanziamenti per il prossimo film), si è separato dalla moglie (però i figli preferirebbero stare con lui), ma soprattutto perché un banale incidente gli fa scoprire di avere una grave malattia ematica. Il primo elemento ci fa presto capire che i suoi film non sono di grande successo, anzi li guardano in pochi: opere brillanti che a quanto pare non fanno ridere nessuno. Il secondo non viene mai affrontato fino in fondo, tanto che il regista non ci spiegherà mai quali sono state le ragioni dei dissidi coniugali, ma addirittura noteremo che la moglie Anna sarà costantemente vicino a lui durante la malattia. Il terzo elemento è il vero tema della trama.


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Il film era apparso sul grande schermo solo per 48 ore, poi è arrivato il lockdown e, siccome quando il destino vuole colpire duro lo fa puntualmente, è dovuto arrivare anche un cambiamento nel titolo originario, che era Andrà tutto bene, che di questi tempi non era la cosa più adatta, anche se si tratta di un bell’augurio (fin troppo abusato). È stato definito piuttosto un dramedy, che altro non è che un perfetto esemplare di quella vecchia, gloriosa commedia all'italiana con cui Bruni, allievo della regina degli sceneggiatori Suso Cecchi D'Amico, ha voluto scrivere la sceneggiatura: non c'è commedia senza tragedia, non c'è comicità senza dramma, diceva Mario Monicelli. E il dramma qui è la malattia improvvisa che stravolge la vita di Bruno Salvati, nevrastenico ma buono di cuore, regista quarantacinquenne con il volto di Kim Rossi Stuart: la mielodisplasia, un tumore del sangue che rende necessario trovare un donatore di midollo. Francesco Bruni con brillantezza domina una materia tanto incandescente e potenzialmente ricattatoria: lo fa costruendo con gentilezza di tocco la personalità del protagonista, maschio fragile e delicato circondato da donne forti (l'ex-moglie, il medico che l'ha in cura, la figlia) in modo da rendere sopportabile allo spettatore tutto il suo calvario di paziente.


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Sì, son proprio le donne il lato chiaro e punto fermo della trama: la ex moglie Anna (la brava e sicura Lorenza Indovina) non lo abbandona mai e furbescamente nel finale il regista apre perfino uno spiraglio per la riunione mai completamente esclusa; la primaria dell’ospedale (Raffaella Lebboroni) che si palesa immediatamente come una donna di polso che interviene nella vita di Bruno, a cui non mente mai e che cerca di tenere in riga, convincendolo sempre alle giuste decisioni; Adele, la figlia, che lascio per ultima per un motivo molto plausibile: è interpretata in maniera magistrale da Fotinì Peluso, una giovane attrice romana che mi ha lasciato di stucco. Se nelle varie sequenze se la cava benissimo, quando arriva il suo momento principale si impadronisce della scena e recita il suo monologo di sfogo con una intensità e una spontaneità che stupiscono, come meglio non avrebbero fatto in tantissime. Se le daranno altre possibilità sentiremo parlare ancora di lei, a cui auguro una luminosa carriera. Da applausi! A queste è doveroso aggiungere Fiorella (una bella sorpresa Barba Ronchi), un bel personaggio timido e sorridente che stravolgerà la vicenda e cambierà la vita a Bruno, come una stampella per farlo rialzare, come un aiuto definitivo e determinante. Completano il buon cast il formidabile Giuseppe Pambieri, grande attore di televisione e teatro che ogni tanto si cimenta nel cinema, nel ruolo del nonno Umberto, benestante e fighetto; il giovane Tancredi Galli nel ruolo di Tito, il fintamente anaffettivo figlio che invece tiene tanto al padre; ed infine il noto caratterista Nicola Nocella, che invece di fare il solito tonto nei film di Pupi Avati, torna alle sue origini e fa il simpatico infermiere barese.


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Aiutato da una eccellente e luminosa fotografia, il regista Francesco Bruni dimostra ancora una volta la mano felice di cui è dotato, la delicatezza nel saper affrontare situazioni anomale (vedi Tutto quello che vuoi [recensione]), la predisposizione a saper dirigere gli attori, la bravura ad evitare stereotipi sullo schema dei film sulle malattie serie. Come scritto prima, è una commedia abitata da un dramma, si sorride anche se si viene assaliti dalla tragedia di una trama verosimile, anzi vera verissima, per buona parte autobiografica, mai lacrimevole ma sempre seriosa con venature sarcastiche, dal momento che una delle reazioni psicologiche del Bruno protagonista più frequenti è la battuta tagliente diretta a chi sul momento non gli offre ciò che lui cerca, trovando conforto però continuamente nella vicinanza dei due figli, in particolar modo in Adele, la figlia che ogni padre potrebbe desiderare.


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Bravo davvero Francesco Bruni, per tutto l’insieme, anche, ripeto, a saper evitare ogni trappola del cinema delle malattie, del patetismo, della facile commozione, grazie principalmente al bel personaggio di Bruno, sulle spalle solide dell’ottimo Kim Rossi Stuart, un attore che ogni volta che capita di vedere fa venire in mente che non ha ottenuto i giusti riconoscimenti che meriterebbe. Qualche momento di sovra-recitazione gliela si può perdonare, questa volta: fa parte del nervosismo del suo personaggio (e vorrei vedere!).


Un film che ci ricorda che quello che si dona agli altri, tante volte nella vita ci ritorna con maggiore quantità e soddisfazione, come quando un bimbo ti chiede di vedere le tue automobiline e se le porta via e tu ci rimani male, e ti sorprendi quando vedi che lui ritorna restituendole, portando anche la sua. Per giocare assieme.


Riconoscimenti

2021 – David di Donatello

Candidatura a miglior attore protagonista per Kim Rossi Stuart

Candidatura a migliore sceneggiatura originale

2021 – Nastri d'argento

Migliore sceneggiatura

Migliore attore protagonista per Kim Rossi Stuart

Candidatura a miglior film

Candidatura a miglior regista

Candidatura a migliore attrice non protagonista per Raffaella Lebboroni

2021 – Premio Flaiano

Migliore sceneggiatura



 
 
 

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