Diabolik (2021)
- michemar

- 2 mag 2022
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 9 ago

Diabolik
Italia 2021 thriller 2h13’
Regia: Manetti Bros.
Soggetto: Angela e Luciana Giussani
Sceneggiatura: Manetti Bros., Michelangelo La Neve
Fotografia: Francesca Amitrano
Montaggio: Federico Maria Maneschi
Musiche: Pivio, Aldo De Scalzi
Scenografia: Noemi Marchica
Costumi: Ginevra De Carolis
Luca Marinelli: Diabolik
Miriam Leone: Eva Kant
Valerio Mastandrea: ispettore Ginko
Alessandro Roja: Giorgio Caron
Claudia Gerini: signora Morel
Serena Rossi: Elisabeth
Roberto Citran: direttore dell'albergo
Vanessa Scalera: segretaria di Caron
Pier Giorgio Bellocchio: agente Palmer
Stefano Pesce: procuratore
Massimo Triggiani: avvocato
Daniela Piperno: direttrice della banca
Antonino Iuorio: direttore del carcere
Davide Devenuto: commissario Driskell
TRAMA: Clerville, anni Sessanta. L'infallibile Diabolik, uno spietato ladro di cui si ignora la reale identità, ha sferrato un altro colpo, sfuggendo per l'ennesima volta a un'imboscata della polizia. In città, c'è grande attesa per l'arrivo di Lady Kant, un'affascinante ereditiera che porterà con sé un famoso diamante rosa. Il valore dell'inestimabile gioiello non sfugge all'attenzione di Diabolik, che nel tentativo di mettervi le mani sopra si lascia ammaliare dal fascino irresistibile della donna. La vita dello stesso Diabolik sarà però messa in pericolo: l'ispettore Ginko e la sua squadra hanno finalmente trovato un modo per farlo uscire allo scoperto.
Voto 5,5

Ci sono film provenienti da fumetti classici o da moderni comics che diventano vere trame con personaggi umanizzati, storie quasi realistiche (quasi, perché frequentemente assumono chiare sembianze di kolossal apocalittici e digitali) e poi ci sono film che pur essendo autonomi danno l’idea di scaturire da storie di fumetti moderni. C’è quindi materiale tipo 5 è il numero perfetto (2019) di Igort oppure uno come questo. L’idea dei Manetti Bros. è chiaramente una trasposizione fedele e rispettosa dei personaggi che fecero la fortuna delle sorelle Angela e Luciana Giussani e della casa editrice milanese Astorina. Talmente fedele che i due registi hanno allestito uno scenario che sembra di assistere a vignette disegnate senonché recitate. E ciò è stata la dote ma anche il limite del film.

Come descritto dalle loro ideatrici, il film è un noir ambientato negli anni ’60 in un luogo immaginario dal nome evocativo delle belle avventure d’epoca: Clerville, dal suono che richiama le città della profonda provincia americana ma che invece ha i colori e le atmosfere di territori europei meridionali, non lontani dalla costa mediterranea. Diabolik è un personaggio, come ben sappiamo, inafferrabile, dalla doppia vita (sua moglie Elisabeth ignora la reale attività affaristica del marito), che sferra colpi inimmaginabili per i comuni delinquenti, che non esita ad uccidere con estrema semplicità ogni volta che ciò si renda necessario. Anzi, quest’ultimo aspetto rende inquietante la sua fama e non dà pace all’ispettore Ginko che con calma e flemmaticità anglosassone non desiste nell’intento di acciuffarlo, prima o poi: prepara bene i suoi piani e ha anche l’intelligenza e l’intuito di attenderlo nei posti giusti, tranne poi restare sempre all’asciutto per la prontezza diabolica con cui il criminale riesce a sfuggire ad ogni trappola anche se ben preparata dal poliziotto con tutti i suoi uomini schierati. Ma la figura del ladro (non gentiluomo), un eroe dell’arte criminale senza superpoteri ma molto ingegnoso anche scientificamente, è inquietante pure perché per tradizione fumettistica i grandi ladri non sono mai degli assassini.

I Bros. hanno voluto tanto restare nei binari della tradizione di quello disegnato e di quello che sicuramente i tantissimi fans si aspettavano che la scelta è stata quella di optare su attori che potessero essere dei veri sosia dei personaggi. Se Diabolik ha spesso il viso nascosto dalla sua nera tuta integrale e aderentissima, una volta spogliato il volto, scopriamo che è quello di Luca Marinelli, dallo sguardo affilato e dalla mente sempre attiva per pianificare le mosse seguenti. Riuscitissime sono le scelte per gli altri due personaggi principali: Eva Kant, l’affascinante e sofisticata lady, vedova di un ricco sudafricano che probabilmente lei stessa ha ucciso (quindi una donna senza scrupoli) è riprodotta per filo e per segno identica alla figura rappresentata sulla carta. Elegantissima e pettinata d’oro come l’abbiamo sempre letta. E Miriam Leone, truccata a dovere, ha una miracolosa somiglianza a ciò che avevamo in mente. Stesso discorso per l’ispettore Ginko, che ha il corpo di Valerio Mastandrea, perfetta riproduzione del giornalino milanese. Il resto, ben organizzato, è nelle mani della scenografa Noemi Marchica che allestisce un eccellente sfondo in cui si muovono poliziotti e furfanti, vestiti perfettamente da Ginevra De Carolis, che cura molto i particolari, specialmente quelli riguardanti lo stile e il fascino della stregante Eva Kant, donna capace di far perdere la testa in un solo secondo al ladro spericolato, tanto che al loro primo incontro egli concede perfino di mostrarle il viso che invece nessuno conosce. Tranne ovviamente la povera e ignara consorte Elisabeth, che gode una vita agiata in una bellissima villa sempre sola, in quanto lui è sempre occupato lontano da casa. Il colmo è che è proprio lei che, scoprendo per caso i sotterranei in cui il marito organizza le malefatte e custodisce le decine di facce di plastica che indossa nei suoi innumerevoli travestimenti (è più abile di un prestigiatore trasformista), chiama la polizia e la mette sulle tracce del marito.

Una volta elogiata anche la fotografia di Francesca Amitrano, carica di bei colori che si intonano benissimo agli anni degli avvenimenti, quindi un giudizio complessivamente molto positivo nelle scelte tecniche, dopo è necessario fare cenno degli aspetti negativi del film, riassumibili principalmente nel modo di far recitare gli attori. Chi se la cava meglio di tutti è senz’altro Valerio Mastandrea che pare a suo agio con il suo personaggio e lo rende al meglio recitando in maniera sobria e trattenuta, che poi è proprio nel suo stile, magari con un tono un tantino solenne ma va bene ugualmente. I guai vengono con tutti gli altri, a cominciare da Luca Marinelli e Miriam Leone, a cui evidentemente è stato chiesto di declamare le battute come se stessero leggendo ad un gruppo di ascoltatori i dialoghi dei fumetti. Forse voleva essere un gioco per rafforzare la natura del soggetto, ma due ore di film recitato in questa maniera, se prima incuriosisce, alla lunga stanca e risulta monotono e troppo artificiale. Addirittura va detto che la riconosciuta bravura di Marinelli naufraga nella freddezza interpretativa, che se poteva essere la caratteristica adottata con scopi precisi dalla regia risulta invece limitante per un attore del suo talento. Fenomeno che si ripete anche nella bella Leone, che però ha la fortuna di far deviare l’attenzione dello spettatore verso la sua abbagliante presenza. Anche la sceneggiatura risente di qualche infortunio, essendo troppo didascalica e ripetitiva.

Peccato, perché il film si poteva anche sviluppare con una interpretazione tradizionale e non così forzatamente finta. Tutto ciò, che non è per nulla secondario, rovina un film che è già di per sé un’opera discreta ma non straordinaria. L’intento era certamente quello di riprodurre lo stile cinematografico del tempo, con alcuni omaggi al maestro Hitchcock (vedi i contrasti dei colori, il gioco degli sguardi, la duplicità dei personaggi) ma l’eccessiva freddezza che domina fa soffrire il film di stenosi emotiva: insomma, dopo gli apprezzamenti iniziali e la sorpresa di “vedere” in carne ed ossa la messa in scena delle prodezze del mitico personaggio, il film non entusiasma, non mi ha colpito particolarmente. Perplessità mi sono sorte anche dopo un paio di inquadrature soggettive (attraverso un bicchiere) che pensavo avrebbero condotto a qualche sviluppo intrigante, ed invece era un’illusione, un orpello inutile. Un vezzo, insomma.


Grosso modo il film è sulla scia delle due precedenti opere del Manetti, Song’e Napule e Ammore e malavita: simpatici ma nulla di speciale. Il coevo Freaks Out, con cui questo film concorrerà per tanti premi ai prossimi David di Donatello, è di tutt’altra stoffa.
Simpatico sì, ma nulla di che.
Riconoscimenti
David di Donatello 2022:
Migliore canzone originale a Manuel Agnelli






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