Elysium (2013)
- michemar

- 28 ago
- Tempo di lettura: 3 min

Elysium
USA, Canada, Sud Africa, Messico 2013 fantascienza 1h49’
Regia: Neill Blomkamp
Sceneggiatura: Neill Blomkamp
Fotografia: Trent Opaloch
Montaggio: Julian Clarke, Lee Smith
Musiche: Ryan Amon
Scenografia: Philip Ivey
Costumi: April Ferry
Matt Damon: Max Da Costa
Jodie Foster: Jessica Delacourt
Alice Braga: Frey Santiago
Sharlto Copley: agente C.M. Kruger
William Fichtner: John Carlyle
Emma Tremblay: Matilda Santiago
Diego Luna: Julio
Wagner Moura: Spider
Brandon Auret: Drake
Josh Blacker: Crowe
Jose Pablo Cantillo: Sandro
Faran Tahir: presidente Patel
Adrian Holmes: Manuel
TRAMA: Nell’anno 2154, la classe più ricca della popolazione vive nel lusso su una stazione spaziale orbitale mentre il resto dell’umanità vive in povertà sulla Terra. Un uomo intraprende una missione per ristabilire l’equilibrio tra questi due mondi.
VOTO 6

Nell’anno 2154 la popolazione umana è divisa in due grandi categorie: da un lato le persone molto ricche, che vivono in una stazione spaziale incontaminata chiamata Elysium, e dall’altro il resto della gente, costretta a vivere in un pianeta Terra sovrappopolato e in rovina. Jessica Delacourt (Jodie Foster), una rigida funzionaria governativa, non si ferma davanti a nulla nel far rispettare le severe leggi anti-immigrazione atte a preservare il lussuoso stile di vita degli abitanti di Elysium. I terrestri, però, tentano di emigrare con ogni mezzo possibile e lo sfortunato Max Da Costa (Matt Damon), messo alle strette, si impegna a portare a termine una difficile missione, che in caso di successo cambierebbe molte vite e porterebbe la parità tra i due mondi.
Ancora una volta il regista sudafricano Neill Blomkamp conferma il suo talento nel coniugare azione e allegoria sociale, già emerso con forza nel suo acclamato District 9, film che la ha lanciato in maniera definitiva. Il film si presenta come un blockbuster ad alto tasso di adrenalina, ma sotto la superficie esplosiva pulsa un universo narrativo ricco di spunti, che facilmente dà l’idea di una potenziale serie, come oramai va di moda.
Ambientato nel 2154, qui si immagina una Terra devastata dall’inquinamento e dalla sovrappopolazione, abbandonata dai ricchi che si sono rifugiati su una stazione spaziale orbitante: Elysium, un paradiso high-tech dove regnano salute, ordine e benessere. I poveri, rimasti sul pianeta, vivono in condizioni disperate, guardando con desiderio la grande ruota nel cielo. Il contrasto visivo tra la Los Angeles degradata e la perfezione lontana che mostra il film è uno degli elementi più riusciti, capace di evocare con forza il divario sociale e ambientale. Ecco spiegato il contenuto sociale.
Matt Damon interpreta Max Da Costa, ex criminale redento, che dopo un incidente sul lavoro scopre di avere pochi giorni di vita. L’unica speranza è raggiungere quella piattaforma e accedere alle sue strutture mediche. Ma il viaggio è tutt’altro che semplice: tra colpi di stato, agenti deviati e missioni suicide, si ritrova coinvolto in un intrigo che mette in discussione l’intero sistema. Al suo fianco, Alice Braga nel ruolo di Frey, madre di una bambina malata, e Diego Luna come amico tentatore Julio. Sul fronte opposto, Jodie Foster incarna la glaciale Segretaria alla Difesa Jessica Delacourt, mentre l’immancabile (per il regista) Sharlto Copley dà vita all’agente Kruger, un villain cibernetico tanto folle quanto magnetico.
Le sequenze d’azione, pur ben coreografate, seguono schemi familiari e non sempre riescono a sorprendere. La struttura ricorda quella della conosciuta storia supereroistica, con Kruger nel ruolo del supercriminale. Tuttavia, è proprio Sharlto Copley a rubare la scena, con una performance sopra le righe che oscura persino Matt Damon. Il personaggio di Max, pur credibile, risulta meno incisivo, mentre la Delacourt avrebbe meritato maggiore approfondimento, soprattutto per il potenziale politico che il film lascia solo intravedere.
Sottile propaganda liberal? Non si può negare, ma Blomkamp si muove nel solco della tradizione fantascientifica, dove le allegorie sociali sono il suo pane, sempre rivestito da alieni ed esseri robotizzati pane quotidiano. Di certo l’eco del Sudafrica post-apartheid è evidente per un regista come lui, ma senza mai forzare la mano. Oggi il film fa sicuramente riflettere su quanto sta succedendo con le migrazioni dai paesi poveri verso il ricco Occidente, basti guardare il Mediterraneo e le politiche migratorie restrittive dell’Europa. Piuttosto, il vero punto debole è che lo spettatore deve accettare anche aspetti poco credibili. Per questo motivo il film è rimasto solo nel campo della sufficienza.
Il cinema fantascientifico si è sempre occupato di società distopiche e neanche questa vola si sfugge alla regola, dove la lotta per la sopravvivenza si intreccia con il sogno di giustizia sociale. Lo conosciamo bene lo schema.
Non è proprio il mio tipo di cinema preferito, ma per gli appassionati è d’obbligo non perderlo. Difatti qualche premio di secondaria importanza è arrivato.


































Commenti