Humane (2024)
- michemar

- 6 ago
- Tempo di lettura: 6 min

Humane
Canada 2024 thriller 1h33’
Regia: Caitlin Cronenberg
Sceneggiatura: Michael Sparaga
Fotografia: Douglas Koch
Montaggio: Orlee Buium
Musiche: Todor Kobakov
Scenografia: Brian Garvey
Costumi: Hanna Puley
Jay Baruchel: Jared
Emily Hampshire: Rachel
Sebastian Chacon: Noah
Alanna Bale: Ashley
Enrico Colantoni: Bob
Peter Gallagher: Charles York
Sirena Gulamgaus: Mia
Uni Park: Dawn
Martin Roach: Tony
Blessing Adedijo: Grace
TRAMA: Sulla scia di un collasso ambientale che costringe l’umanità a eliminare il 20% della sua popolazione, una cena di famiglia scoppia nel caos quando il piano del capofamiglia di arruolarsi nel nuovo programma di eutanasia del governo va storto.
VOTO 7

Di thriller se ne girano a migliaia ogni anno ma di carattere distopici non sono tanti, quelli di qualità sono perfino rari. Ci prova all’esordio una figlia d’arte, Caitlin, che di cognome fa Cronenberg, secondogenita fotografa ed ora anche regista come il fratello Brandon. Una stirpe di autori che non tradiscono le preferenze che hanno in comune o, evidentemente, che il papà ha trasmesso come gene. A vedere questo film si deduce presto come il sangue non mente. Distopico, tagliente, satirico, perfino assurdo, qualità che la distopia ha come legge naturale. Scontato che sia anche horror, altrimenti non si chiamerebbe Cronenberg.


La situazione è infatti assurda in partenza o, se vogliamo, fortemente preoccupante per la Terra che è messa malissimo con conseguenze destabilizzanti. Nel bel mezzo di una crisi ambientale che ha indotto i governi del mondo a imporre l’eutanasia volontaria e utilizzata come mezzo di controllo della popolazione, l’ex giornalista Charles York convoca i suoi quattro figli adulti a cena a casa sua con la sua seconda moglie, la famosa chef Dawn Kim. I figli includono il controverso antropologo Jared, l’amministratore delegato farmaceutico Rachel, l’attrice in difficoltà Ashley, il tossicodipendente in via di recupero Noah e la giovane figlia di Rachel, Mia. In altre parole, obbligati dalla situazione di evidente collasso ecologico, i vari governi di questo futuro distopico (siamo così sicuri che sia davvero lontano?) sono costretti a fare i conti con la mancata corrispondenza fra disponibilità di risorse del pianeta e tasso della popolazione mondiale sempre in crescita. A questo scopo hanno organizzato il DOCS, un dipartimento per lo sviluppo di un programma di eutanasia volontaria per cui ogni paese è invitato a decurtare il 20% dei suoi cittadini prevedendo un buon compenso per attutire la perdita: per la famiglia di chi si iscrive al progetto è infatti previsto un consistente bonus in denaro. A beneficiare del provvedimento sono soprattutto gli immigrati senza documenti e la classe operaia, nell’ordine di un sacrificio poi elogiato propagandisticamente in TV.


Ebbene sì, ancora una volta la classe agiata, ricca e politicamente dominante non si sacrifica e chiama a salvare la patria i meno abbienti. La Storia di sempre. Difatti, chi non dovrebbe avere bisogno della ricompensa sono gli York, la famiglia di Charles (un ottimo Peter Gallagher), un anchorman di grande notorietà in pensione che però ora si sente in colpa e per la cena importante invita i suoi figli per discutere della decisione che ha preso assieme alla moglie Dawn (Uni Park): hanno sottoscritto l’adesione volontaria al programma governativo ed ora vogliono comunicare la decisione. In cambio, lascerà alla famiglia l’eredità generosa e la coscienza pulita. Siamo alle solite: per pulire la coscienza in crisi si fa un gesto clamoroso e si diventa anche generosi. Ma i figli si vedono rarissimamente e i rapporti sono tesi da sempre, basati su un odio reciproco che li ha portati ad ignorarsi e questa riunione li rende molto nervosi.


Il film si svolge nell’arco di una sola giornata ma il piano va quasi immediatamente a pezzi, anche per il pessimo legame che li (dis)unisce e per i caratteri e le professioni che più diversi non possono essere. Jared (Jay Baruchel, quante smorfie!) è un opinionista suprematista da talk show arrogante e manipolatore, emblema della propaganda mediatica che ha alimentato il collasso. Rachel (Emily Hampshire) è una dirigente farmaceutica tostissima, priva di scrupoli, legata a un’industria che (poteva essere diversamente?) lucra sulla sofferenza. Noah (ottimo Sebastian Chacon) è un figlio adottivo, ex tossicodipendente con un passato macchiato da un incidente mortale; è quello che gli altri, figli naturali, additano a capro espiatorio, ma è l’unico realmente pentito del suo passato, lo aspetta una ragazza che ha sofferto come lui ed entrambi sono in cerca di redenzione. I due paiono i più positivi, almeno guardando al futuro. Infine, c’è Ashley (un effervescente Alanna Bale), che è un’aspirante attrice che non riesce a sfondare, empatica ma facilmente manipolabile. La più umana del gruppo, e proprio per questo quella che finirà per pagare il prezzo più alto. Il suo difetto è che è appunto influenzabile e nella discussione e nel massacro che ne segue è quella che cambia frequentemente alleanza.


Oltre alla figlia adolescente di Rachel, la giovane Mia (Sirena Gulamgaus) compare il dottore incaricato dalla DOCS, Bob (formidabile Enrico Colantoni), il più strampalato personaggio del panorama, il più assurdo, il più sadico, perché quello, in fondo, è il suo compito: ritirare due corpi da consegnare alla compagnia, come previsto dalla sottoscrizione firmata dal capostipite e dalla moglie, la quale, però, senza dir nulla scappa via e mette nei guai i quattro rimasti dopo l’eutanasia del padre. In buona sostanza, manca il secondo corpo e quindi uno dei quattro deve decidersi e salvare i congiunti. Può mai uno di loro, che odia gli altri, rinunciare alla vita per favorire il fratello o la sorella? Inizia così il gioco al massacro, prima verbale e poi fisico, con una crudele guerra fraterna sanguinolenta e senza colpi vietati. Si affermano anche gli antichi rancori e i favori avuti dal padre, chi più, chi meno, facendo pure lievitare l’antipatia mai del tutto celata verso il figlio adottivo, che, secondo gli altri, è quello che merita di meno anche perché negli anni maggiormente aiutato da Charles per la sua condizione di tossico. Succederà di tutto, con lo spirito cronenberghiano al cento per cento, non ovviamente all’altezza del David celebrato da tutti i cinefili, ma con la conferma che il buon sangue non mente mai.


Il finale riserva diversi colpi di scena, prevedibili e imprevedibili, dove nulla è più sicuro, come i quattro in guerra, ora alleati ora nemici, pur di salvare la pelle: imboscate, armi bianche d’occasione, assalti. Ma il secondo corpo, per vendetta, ci sarà. Diciamo che la cena, che doveva essere una pacifica reunion, ha un menù letale, in tanti versi, e la famiglia York diventa l’emblema della dissoluzione della società moderna, motivo per cui il film non è un semplice divertissement ma una seriosa disamina della società moderna, egoista e spietata, specialmente se vista negli interni di un nucleo privilegiato, in cui ogni componente vede nemici tra i consanguinei. Come succede nell’associazione sociale nei tempi cupi.


Caitlin Cronenberg prende l’idea dell’eutanasia di Stato (già di per sé agghiacciante) e la mette al centro di una faida ereditaria dove i rapporti di sangue contano meno dei conti in banca, dove l’omicidio non viene più visto come un crimine ma come una strategia per la sopravvivenza e la sopraffazione. La critica non è stata tenera ma io vedo un buonissimo esordio, interessante pur se su argomenti ampiamente sfruttati: tutto sta nel come presentarli e il tono mai drammatico ma provocatoriamente e spietatamente deridente si rivela utile per servire una cena autodistruggente che dimostra come l’uomo, a seconda delle convenienze, fa diventare normale l’orrore. Merito di una nuova regista che, con l’esperienza di fotografa, inquadra con sicurezza visiva un eccellente thriller che diverte - perfino - proprio per il senso grottesco che distrugge quello umano. Con un titolo che è l’antitesi di ciò che vi succede.

Un buon inizio per la Cronenberg, aiutata da un cast di attori poco noti da noi ma che si rivelano molto bravi, uno più bravo degli altri, come anche la giovanissima che tiene compagnia a Bob nell’attesa del risultato del gioco domestico spietato. Il colpo di scena finale rivela la doppia morale dei fratelli, che inscenano la morte di Ashley per salvarsi, mentre nel concerto conclusivo, Noah suona il piano davanti a un pubblico soddisfatto. Soddisfatto, a cominciare dalla ricomparsa Dawn. Redenzione? Macché è solo gestione dell’orrido. Distopico? Sì, ma prossimo se siamo pessimisti. Umano, come dice il titolo? Ebbene sì, perché questo è un manifesto crudele, satirico e quindi per forza profondamente umano.
Brava Caitlin, spaventaci ancora!
Alcune incoraggianti candidature in patria.






Commenti