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Hurricane - Il grido dell'innocenza (1999)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 19 feb 2024
  • Tempo di lettura: 4 min
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Hurricane - Il grido dell'innocenza

(The Hurricane) USA 1999 dramma biografico 2h26’

 

Regia: Norman Jewison

Soggetto: Rubin 'Hurricane' Carter (autobiografia), Sam Chaiton e Terry Swinton (biografia)

Sceneggiatura: Armyan Bernstein, Dan Gordon

Fotografia: Roger Deakins

Montaggio: Stephen E. Rivkin

Musiche: Christopher Young, Jeremy Sweet

Scenografia: Philip Rosenberg

Costumi: Aggie Guerard Rodgers

 

Denzel Washington: Rubin Carter

Vicellous Reon Shannon: Lesra Martin

Deborah Kara Unger: Lisa Peters

Liev Schreiber: Sam Chaiton

John Hannah: Terry Swinton

Dan Hedaya: det. Della Pesca

Debbi Morgan: Mae Thelma

Clancy Brown: ten. Jimmy Williams

David Paymer: Myron Bedlock

Harris Yulin: Leon Friedman

Rod Steiger: giudice Sarokin

Badja Djola: Mobutu

Vincent Pastore: Alfred Bello

Al Waxman: direttore del carcere

 

TRAMA: La storia di Rubin “Hurricane” Carter, un pugile ingiustamente imprigionato per omicidio, e delle persone che lo hanno aiutato per dimostrare la sua innocenza.

 

Voto 7


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“L’odio mi ha messo in prigione. L’amore mi farà uscire”. “Decisi di trasformare il mio corpo in un’arma capace un giorno di restituirmi la libertà”. Queste frasi, pronunciate da Rubin “Hurricane” Carter (Denzel Washington), costituiscono la base tematica del bellissimo film di Norman Jewison. Alternativamente tragico e trionfalistico, è un viaggio emozionante attraverso la vita e i tempi del personaggio, un pugile campione di Paterson, New Jersey, che ha trascorso 19 anni dietro le sbarre per omicidi che non aveva mai commesso. Il film non solo descrive in dettaglio il crimine e l’errore giudiziario che ne è seguito, ma mostra come Carter sia sopravvissuto ai lunghi anni di solitudine in prigione e come la devozione di un piccolo gruppo di canadesi abbia portato alla sua liberazione.


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Chiuso nella sua cella, Carter volle trasformare il suo corpo in un’arma, come diceva egli stesso, cosicché uno studente, diventato guerriero che prese a pugni i suoi avversari, li travolse sul ring, arrivando a un passo dalla corona mondiale dei pesi medi. Ma il “sedicesimo round”, quello che dà il titolo alla sua autobiografia (The Sixteenth Round: From Number 1 Contender To 45472), è il più drammatico della sua carriera, perché si combatté in carcere dove venne rinchiuso per due decenni, condannato a tre ergastoli per l’omicidio di tre persone in un bar di Paterson. Per sua fortuna ci fu uno studente che, dopo aver letto la sua autobiografia, decise di aiutarlo.



È difficile dire esattamente dove e quando inizia il film, poiché, soprattutto durante la prima metà, salta liberamente e frequentemente nel tempo. Ci sono numerosi flashback, ma il montaggio è pulito e nitido, il che riduce al minimo il potenziale di confusione, tanto che è facile determinare in un paio di secondi esattamente in quale parte della vita di Carter la scena offre la visuale. Due sono i periodi principali della narrazione. Il primo inizia nel 1963, quando il protagonista sconfigge Emile Griffith per il titolo mondiale dei pesi welter, e continua fino al 1966, quando viene arrestato e processato per omicidio, mentre poi negli anni '70, quando viene incarcerato nella prigione statale di Trenton nel New Jersey con una condanna all’ergastolo. Il secondo periodo riguarda gli anni '80 quando Lesra Martin (Vicellous Shannon), un’adolescente di Brooklyn che vive in Canada, compra una copia dell’autobiografia di Carter e sviluppa la passione di conoscerlo. Incoraggiato dalle tre persone più grandi con cui vive - Sam (Liev Schreiber), Terry (John Hannah) e Lisa (Deborah Kara Unger) - apre una corrispondenza con il pugile e si reca nel carcere per fargli visita. Dopo l’incontro faccia a faccia, Lesra determina in sé l’impegno a liberarlo, chiedendo l’aiuto dei suoi amici per portare al successo la sua battaglia. Nel frattempo, ci sono anche marce di protesta con alcune celebrità ma senza risultati positivi. A fare la differenza è stato proprio l’impegno del gruppo di Toronto, che lasciato il lavoro, si è trasferito nel New Jersey e ha letteralmente rischiato la vita per trovare le prove che dimostrino l’innocenza dell’uomo e per portare alla luce la corruzione del tenente di polizia di Paterson, il detective Della Pesca (Dan Hedaya) che aveva dato la caccia spietata.



Denzel Washington è fantastico nel ruolo principale, offrendo la performance più potente ed efficace dai tempi di Malcolm X di sette anni prima. Interpretare Carter richiese una grande quantità di fisicità e gamma emotiva e non c’è un momento in cui egli non sia convincente. Anche il quartetto in suo sostegno, Vicellous Shannon, Liev Schreiber, John Hannah e Deborah Unger, si dimostra solido nei bei ruoli. Norman Jewison, che anni prima aveva realizzato altri grandi successi come, tra i tanti, La calda notte dell’ispettore Tibbs e Stregata dalla luna, ha fatto ricerche rigorose sul film prima di iniziare a lavorarci, e lo dimostra la cura con cui viene presentata la scena di apertura, la ricostruzione in bianco e nero dell’incontro di boxe del 20 dicembre 1963 tra Griffith e Carter. L’ultimo contributo da evidenziare è quello di Bob Dylan (che compare anche in un paio di scene) che scrisse appositamente la sua celebre canzone omonima.

Gran bel film.


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Riconoscimenti

2000 - Premio Oscar

Candidatura al miglior attore protagonista a Denzel Washington

2000 - Golden Globe

Miglior attore in un film drammatico a Denzel Washington

Candidatura al miglior film drammatico

Candidatura alla migliore regia

2000 - Festival di Berlino

Orso d'Argento a Denzel Washington

Premio Speciale a Norman Jewison



 
 
 

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